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AVIARIA/ FAO: VIRUS DIFFUSO DA COMMERCIO POLLAME DOMESTICO INFETTO
Risultati di due anni di test su 350mila volatili selvatici

Bangkok, 3 sett. (Ap) - La diffusione del virus dell'aviaria è dovuta principalmente
al commercio di volatili vivi infetti, soprattutto pollame domestico. Questo
il risultato di due anni di studi annunciato oggi dagli esperti della Fao,
l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura.
I campioni prelevati da 350mila volatili selvatici in Europa, Asia, Africa e America
sono risultati negativi ai test del virus dell'aviaria effettuati dagli scienziati
della Food and Agricolture organization, secondo i quali si tratterebbe di un'ulteriore
prova che la diffusione del virus è da ricercare principalmente nel commercio di pollame
vivo e infetto, proveniente da allevamenti domestici.

Al termine di tre giorni di lavori conclusivi sul tema, gli esperti della Fao hanno
annunciato che l'aumento dei controlli ed una sorveglianza coordinata delle popolazioni
di uccelli selvatici si erano resi necessari, dato che in singoli esemplari di volatili
appartenenti a novanta specie diverse erano stati trovati anticorpi del virus H5N1.
Hanno dato risultati negativi i test effettuati su circa 350mila uccelli selvatici.

Lo ha confermato Scott Newman, coordinatore internazionale per la Fauna selvatica e
l'influenza aviaria della Fao. La serie di esperimenti è stata effettuata tra il 2005
e il 2007. "Non abbiamo trovato una particolare specie portatrice del virus", ha
affermato Newman, spiegando che questo significa che non ci sono i cosiddetti 'reservoir'
o serbatoi naturali del virus.

Gli scienziati hanno temuto per lungo tempo che il virus dell'aviaria potesse diffondersi
più rapidamente attraverso le migrazioni invernali degli uccelli selvatici verso l'Africa
e il Medio Oriente, e con il ritorno verso l'Europa. Ma questo non è avvenuto.
 
....I campioni prelevati da 350mila volatili selvatici in Europa, Asia, Africa e America sono risultati negativi ai test del virus dell'aviaria effettuati dagli scienziati della Food and Agricolture organization, secondo i quali si tratterebbe di un'ulteriore prova che la diffusione del virus è da ricercare principalmente nel commercio di pollame vivo e infetto, proveniente da allevamenti domestici. (da lando)
Inviamo tramite e-mail questo paragrafo al Ministro!
Questa è la dimostrazione, di quanta demagogia siamo circondati.
 
L'aviaria? Un virus di disinformazione
Paolo Fallai, Corriere della Sera, su "Aviaria. Influenza dei polli?"

Come ci si infetta con l'influenza aviaria? "È facile, basta allevare polli e galline sotto il letto, esporli al bombardamento di deiezioni da parte degli uccelli migratori, prendere le uova sporcandosi con gli escrementi e, mi raccomando, mai lavarsi le mani. Certo, anche così, però non si può essere proprio sicuri sicuri di ammalarsi". Tom Jefferson sceglie la strada del paradosso, ma lui è serissimo: e attacca duramente quella che definisce "una campagna di terrore per spaventare la gente e combinare affari lucrosissimi". "In Italia l'influenza aviaria è conosciuta da più di un secolo. Nel 1880 - spiega - due medici la chiamavano 'tifo essudativo'. Nel 1912 un manuale Hoepli del dottor G.A. Pesce sulle malattie dei polli ne descrive esattamente la patologia, distinguendo in forma acuta e sub acuta. Non male, considerando che all'epoca i medici non sapevano nulla dei virus". Quindi? "Più che un pericolo di pandemia vedo un'epidemia di disinformazione che ci fa scivolare tutti nel ridicolo o negli affari.
La medicina però non c'entra molto".

Tom Jefferson è un epidemiologo stimato, figura tra i fondatori della sezione vaccini e antivirali della Cochrane Collaboration e ha appena pubblicato su The Lancet una revisione sistematica sull'efficacia degli antivirali e dei vaccini per la comune influenza stagionale. Il suo giudizio su antivirali e presunti vaccini per l'aviaria ("che non esistono") è molto netto: "Non servono quasi a niente. Anzi, servirebbero, gli antivirali se fossero mirati e assunti entro 48 ore dal contatto col virus. Le sembra plausibile?" L'esempio fornito non arriva a scomodare l'incubo aviaria: "Qualcuno ogni anno ci dice che 5 milioni di italiani cadranno a letto per la normale influenza. Ma nessuno ha detto che quest'anno è stata più leggera del solito. E ancora: avete visto studi sull'efficacia del vaccino anti influenzale? Quante persone conoscete che l'hanno assunto e poi si sono ammalate lo stesso?" Jefferson ha idee molto precise su questa "caccia alle scorte di medicinali". "Un gigantesco affare, fondato sul panico. Una montatura che alimenta un mercato farmaceutico vorace. Non solo non sappiamo se ci sarà una pandemia - dice Jefferson - ma non sappiamo neppure da quale agente possa eventualmente essere provocata".

Lo scetticismo di Jefferson è stato raccolto in un libro "Aviaria. Influenza dei polli?" edito da Il Pensiero Scientifico Editore. Insieme all'epidemiologo hanno lavorato due ricercatori, David Frati ed Emanuela Grasso, preoccupandosi soprattutto di offrire un testo semplice, chiaro, che contiene anche un capitolo organizzato in domande e risposte per venire incontro ai dubbi del pubblico. "I governi continuano a ordinare antivirali per milioni di euro senza avere alcuna certezza sulla loro efficacia. Ma anche se fosse individuato il virus 'nemico', per ottenere un vaccino efficace e disponibile, occorrerebbe un anno".

Jefferson e i suoi combattivi ricercatori non prendono affatto sotto gamba il pericolo di una pandemia devastante, si limitano a fare domande: "Perché nessuno parla più della Sars, quello è un virus di cui non conosciamo l'origine, che è arrivato ed è stato dimenticato, come se il problema fosse stato risolto. Non è così".

In sostanza: il rischio di una pandemia non solo esiste, ma è sempre esistito. "Solo che nessuno ci dice verità ben più sgradevoli del panico diffuso sull'aviaria". Per esempio: "Che per contrastare un virus pandemico i governi dovrebbero invitare la gente a stare a casa, chiudere le scuole, fermare il trasporto pubblico, chiudere gli aeroporti. Quale autorità sta lavorando per preparare queste eventualità? Se dovesse esserci un focolaio - chiede Jefferson - chi decide la chiusura della città interessata? Chi si occupa dei rifornimenti? Chi decide chi entra e esce dall'area infetta? E chi di gestire l'inevitabile panico? Ci sono abbastanza bare? Perché negli Stati Uniti con l'epidemia di Spagnola nel 1918 questo fu uno dei problemi più gravi. Non c'è nessun bisogno di costruire il terrore a tavolino, come hanno fatto con l'aviaria. Basta guardare con freddezza la realtà: se c'è una cosa imprevedibile a questo mondo è la composizione dei virus influenzali".

9 aprile 2006
 
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