Divieto di utilizzo dei richiami vivi
Cari amici, in qs giorni a causa di non chiare contrapposizioni politiche (tra cui un, meglio una, sottosegretaria preposta alla sanità che da informazioni locali - è una mia conterranea - risulta "animalista convinta") la deroga sui richiami vivi si è arenata. L'Acma, stanca di questo non spiegabile e non giustificato stallo ma soprattutto del troppo tempo perso, sta intervenendo presso tutte le sedi istituzionali e politiche per smuovere e promuovere una risoluzione sui richiami vivi. Alle agenzie di stampa e mediatiche si cerca di inviare l'allegato comunicato ma ogni appassionato deve attivarsi e far sentire peso e voce per poter, nel volgere di qualche giorno, superare l'immotivato stop altrimenti sarà troppo tardi per un riutilizzo già dalla prossima stagione venatoria. Vi assicuro che siamo ad una stretta determinante e un risultato positivo possibile ma occorre un ulteriore, concreto, sforzo.
Gabriele - VR
allego comunicato Acma (visibile anche sul sito dell'associazione)
Richiami vivi: la pazienza ha un limite
Quasi sessanta giorni: tanti sono quelli trascorsi tra la data del 20 maggio, in cui si è riunita la Task Force convocata dal Ministero della Salute ove si presentò la bozza di deroga per l’uso dei richiami vivi, ad oggi, 18 luglio 2008, e nulla di concreto è stato fatto.
Il Ministero, dal punto di vista tecnico e burocratico, ha predisposto tutti i documenti necessari e doverosi per supportare l’Ordinanza che dovrebbe, finalmente aggiungiamo noi, superare quella del divieto firmata dall’allora Ministro Turco il 27 dicembre 2007 e pubblicata il 26 febbraio 2008, mantenendo, con serietà ed equilibrio, quanto assicurato alle parti interessate.
I pareri sia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, che rappresenta addirittura il referente europeo per l’influenza aviaria, sia dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, non sono in contrasto con una fattibile e monitorata riammissione.
Pertanto gli aspetti tecnici, scientifici, formali, operativi sono perfettamente ottemperati e adempiuti e di questo desideriamo ringraziare e darne atto a chi, con competente disponibilità ed obiettività sull’argomento, se ne è fatto carico in particolare in questi ultimi due anni in cui l’emergenza, più temuta ed ipotizzata che reale, non era più impellente, ovvero i tecnici del Ministero della Salute (ora del Welfare) e dei vari Istituti componenti della Task Force.
Ma, a questo punto della situazione, qual è il punto dolente che, ancora, impedisce la formulazione della deroga? Quale mai sarà il motivo così determinante da causare questo inaspettato ed ingiustificato stallo alla procedura di applicazione? Proprio ora che, in assenza di contrapposizioni scientifiche, ideologiche e sociali, possono esserci i numeri e le volontà per superare il ristagno del divieto. Non sarà, peculiarità italica, una non tanto velata motivazione squisitamente politica?
Volontà di primeggiare l’uno sull’altro e aspettare il momento buono per rivendicare meriti e magari tessere, a discapito dell’interesse dei cacciatori? O cos’altro?
Il precedente Governo aveva trovato i numeri e l’opportunità per avviare un iter tecnico/scientifico che permettesse anche all’Italia, non raramente Cenerentola d’Europa, quanto accaduto alla Francia nel 2006 e valutare la riammissione dei richiami vivi nella caccia agli acquatici. Nel contempo anche dall’opposizione giungevano sollecitazioni in tal senso.
Ora, a parti invertite, con la riunione della Task Force del 20 maggio che ha superato le lungaggini e i timori di una fobia pandemica globale rivelatasi mera cornucopia delle case farmaceutiche e con la chiara e quasi totalitaria volontà di attenersi all’evidenza sanitaria e alla realtà dei fatti, come mai si tarda ad apporre l’auspicata e ventilata firma sull’Ordinanza e come mai chi è ora all’opposizione si è spinto a presentare un’interpellanza parlamentare sulla questione?
Sappiamo che gli amici o i nemici della caccia sono trasversali e albergano in entrambi gli schieramenti ma non vorremmo che fosse questa, ancora una volta, un’occasione per trasformare un doveroso rispetto della salute pubblica in un mero e mercimonioso scambio di favori e infrangere promesse elettorali, serio e costante impegno degli addetti ai lavori, aspettative sociali e associative e la pazienza di una categoria sociale, quella dei cacciatori, che chiede rispetto e correttezza su una tematica che li ha visti a lungo privarsi, coscientemente e coerentemente, di propri diritti per un comune e sentito valore come la salute pubblica ma non disponibili a mutilazioni e soverchierie inutili e ingiustificate.
A maggior ragione quando le cariche più importanti e determinanti su questa tematica provengono da una regione, il Veneto, che più di tutte, sia a livello istituzionale sia per livello di conoscenza e interessi sia per le tradizioni venatorie, ha chiesto e chiede a gran voce la risoluzione di quella che ritiene, come ormai gran parte del mondo venatorio italiano, sia una cambiale scaduta.
L’ACMA teme il congelamento del lungo lavoro iniziato oltre due anni fa e che aveva fatto intravedere la fine di una sofferta imposizione, denuncia il differimento dell’atto finale e si fa promotrice e parte attiva nel segnalare la singolare staticità politica perorando, contemporaneamente, presso tutte le sedi istituzionali, politiche, sociali e associative un risolutivo e coerente intervento.
Il censimento dei richiami vivi già da tempo avviato, l’organizzazione sanitaria e territoriale predisposta non ostano una rapida, efficiente ed efficace applicazione dunque chi ha il potere e il dovere di chiudere il cerchio di una vicenda protrattasi ben oltre il necessario e il sopportabile si assuma la responsabilità di dare una risposta o una giustificazione all’attuale inerzia.
Sig. Ministro le migliaia di cittadini cacciatori che sperano di poter utilizzare i richiami vivi in occasione dell’apertura della prossima stagione venatoria meritano una risposta. Noi siamo ancora fiduciosi che questo avverrà in tempi compatibili.