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Capita che un animale diventi un mito per una squadra di cacciatori.
Per noi la lepre che trovavamo sempre nella stessa zona e che ci beffava tutte le volte era diventata quasi un essere soprannaturale.
La trovavamo tutte che le volte che andavamo in quella zona. Arrivavamo e andavamo subito a fare quell’angolo di macchia e con una costanza impressionante la trovavamo. Ci eravamo convinti che fosse sempre lo stesso animale, perché l’angolo di bosco dove lo trovavamo era piuttosto ristretto, solo che dopo trovata passava sempre in punti diversi per andare a rifugiarsi in riserva, riuscendo ad eludere le nostre poste, solo in due occasioni quest’anno si era beccata dietro due fucilate disperate, una volta da mio fratello e l’altra da mio cugino, sempre senza esito.
C’è anche da dire che in quella zona ci siamo andati molte volte perché ci siamo sempre divertiti, quindi le volte che avevamo trovato la lepre in quell’angolo di macchia erano molte.
Quest’anno poi il carniere fatto nella zona ci sembrava molto soddisfacente e, mancando meno di un mese alla chiusura della caccia alla lepre, cominciavamo a pensare di non andarci più per preservare le poche lepri rimaste.

E’ capitato però che questo mercoledì avevamo due ospiti, cosa per noi molto inusuale, così per avere qualche probabilità in più di far sentire una canizza ai nostri amici ci siamo decisi a tornare nel posto di cui sto parlando.

Arriviamo e dopo esserci salutati decidiamo come posizionarci, ovviamente iniziando a battere il punto dove sempre troviamo il nostro mito.
Io sono senza cane, così piazzerò l’amico Matteo nella posta a ridosso di dove il confine si addentra nel bosco mentre io scenderò nell’ultima posta nel bosco in un punto dove la lepre non è mai passata ma dove è l’unico strappo che consente un minimo di visuale. Gli altri si schiereranno lungo il confine della riserva per cercare di impedire alla lepre di conquistare la salvezza.
Sono da poco arrivato nella mia posta che comincio a sentire i bubboli dei cani in lontananza, dopo poco Renzo avverte per radio che Lulù ha dato qualche scagno nelle ginestre a bordo del bosco. Ottimo segnale. Il bosco si è fatto silenzioso vuoi per la mia intrusione vuoi per gli scagni dei cani che si inoltrano sempre più nel fitto, questo mi aiuta ad aumentare l’attenzione e la concentrazione.
Ora comincio a sentire anche io i cani sulla passata, dopo poco Zara parte a canizza. “Sarà un capriolo?” penso, ma subito la conferma di Lulù mi dice che è sicuramente la lepre. L’abbiamo trovata anche stamani.
La canizza sembra scendere nel fondo del bosco e prendere la mia direzione. Ho i sensi al massimo dell’allerta. Passa non so neanche io quanto, ma sicuramente poco tempo che nella luce rarefatta del sottobosco percepisco qualcosa muoversi. E’ lei, il mito, che ha deciso di passare dalla mia posta. La fucilata non ha storia.
Avverto per radio che questa volta la lepre ha sbagliato strada.
Poi mi avvicino all’animale, è una bella lepre.
Ma cos’è questa strana sensazione?
Non riesco a provare la solita gioia di quando prendo una lepre.
Mi dispiace, è strano ma è proprio così, l’idea di aver finalmente preso quella lepre che ci ha fatto divertire per anni, mi dispiace.
La accarezzo e la sollevo da terra, che bella.
Ecco Zara in canizza solitaria, rimetto la lepre a terra e lascio che la cagna se la lecchi, se lo è meritato. Comunque l’annusa un po’ e poi se ne va. Ecco anche Lulù e Rendi sempre a canizza sulla stessa traccia, anche loro lascio che si godano la preda. Nel frattempo la segno sul tesserino. Poi me la metto in carniera e risalgo la china che porta fuori dal bosco per raggiungere gli altri.
Questa sensazione di melanconia non c’è verso di farla passare e anche i miei compagni di avventura mi sembra che stamani siano meno contenti di aver avuto successo.

D’altra parte come non si può essere tristi alla fine di un mito.

Ovviamente spero tanto che ci siamo sbagliati e che la lepre che trovavamo in quel punto non fosse sempre la stessa.

Claudio - siena
 
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