Da adesso ad ottobre....non avendo capanno fisso, cani da tenere in allenamento, richiami vivi di alcun genere e non amando le pedane per il tiro a volo... si viaggia.
Non nel senso inteso dai vecchi radicali che fuori dalle buone maniere citate dai religiosi e perbenisti si protraevano ai confini della liceità inneggiando al consumo di sostanze chimiche e naturali mirate ad impetuose o, al contrario, evanescenti alterazioni di stati psico-fisici.
Neppure troppo nel senso stretto del termine, per noi europei si badi bene, che oggi, più spesso di altre epoche, concilia l'esigenza del viandante di incontrare nuove cose, luoghi, genti e distensione rispetto ad una migrazione tesa alla ricerca ... del pane.
Si viaggia dunque! Dove esattamente ? Anche nella propria stanza, nel letto o in poltrona, su una sdraio in un piazzale di campagna con lo sfondo, lontano, dei fossi e boschetti che accolgono le tue giostre venatiche autunno invernali e la nenia, solita, del cuculo che persa tra foglie e rami afferra nella sua morsa primaverile la tua mente distratta dall'incedere delle righe di un testo.
Scorrono così, tra i tuoi occhi, i racconti estatici di Tolstoj su beccaccini e sul quel mondo perduto o disperatamente immaginato possibile a iperboliche distanze; Una poetica e introspettiva cacciata di Paolieri, o un romanzato personaggio di Cassola: il Cacciatore.
La caccia, dovremmo saperlo, appartiene a tutti, anche a chi la odia. Per il semplice fatto che è vissuta e vive nei gesti di autori o personaggi raccontati o inventati da questi nei più grandi e conosciuti testi che resteranno letti e leggibili, solidi e ricercati in tutte le epoche.
Calvino, Faulkner, De Maupassant, Checov, Turghenjev, Hemingway, Rigoni Stern, Fucini, Bassani oltre ai già citati e uniti ai non meno meravigliosi Pieroni, Ugolini, Chianini, Niccolini, fino a Ponce de Leon e molti altri che non cito per evidenti questioni di spazio ma che hanno solidamente costruito insieme a molte altre forme letterarie e tanti scrittori, poeti e romanzieri il perno della cultura umanistica e sociale e indirizzando verso una cognizione più compiuta lo sviluppo e la ricerca dell'Uomo.
In una magnifica "apertura" ben più che tratteggiata da Eugenio Barisoni trovo (a tutti i costi) qualche riferimento su scampoli della mia caccia cacciata.
Oh quella volta ! Cinque lustri or sono un doppietto all'albetta della terza di settembre per aver messo i piedi su una covata di fagiani già ben sviluppati. Quel giorno, vagando tra stoppie e arati e polle d'acqua rientrai con altre tre tortore, una quaglia, un beccaccino e... qualche padella.
Non volermene Eugenio, a confronto è solo la sfrontatezza, l'audacia e le gambe d'un altro Tartarino anni novanta (leggi millenovecento) non certo la consistenza del contenuto della ladra.
La foto di circostanza è ben conservata, ne sono sicuro, in un libro nascosto in un cassetto di una casa di Buenos Aires dove vive, oggi, la mia fidanzata di quel tempo.
Il marito non saprà mai del bacio di quella sera tra un ragazzo trasognato e una giovane bruna con una cascata di capelli neri che desiderava portare con se, nella sua terra, quell'impetuoso quanto genuino Maramaldo.
Il segnalibro dei ricordi si posa lievemente tra quelle pagine...vieni Fede, zio ti fa il richiamo del bottaccio.
Si zio...però voglio provare anch'io...