Colombacci da Palco, Caccia aerea ricca di tradizioni non scritte..

Domanda xche 4 maschi oppure 4 femmine,non ho capito, STATUS se vuoi vieni da me ti inseano io ad addestrarli i giovani.

Ciao, scusate il ritardo nella risposta ma ero fuori per lavoro. Amici che hanno il capanno nelle mie zone, mi hanno detto di scegliere volantini solo maschi o solo femmine in base a come ti piace più il tipo di volo ma separatamente nelle giornate di caccia per evitare di tenere la femmina legata sul posatoio ed evitare anche gelosie tra gli altri.

Come ho anticipato, sono completamente a digiuno e pertanto sto cercando di cogliere consigli e sfumature per preparare una prima apertura in un modo decente.

Per quanto riguarda i giovani, sto al momento addestrando gli zimbelli sui rulli e sulle racchette e mi sembra che ce la stiamo cavicchiando, appena posso posterò qualche piccolo video che abbiamo fatto col cellulare.

Saluti e grazie per le spiegazioni che mi state dando.
 
Ciao nasso e benvenuto nel mondo dei malati di colombaccite!
Per i volantini di solito si tiene legata la femmina e si fà volare il maschio, ma trattandosi di appostamento fisso il problema non si pone.
Io di solito tengo i piccoli una settimana nel gabbione sotto il posatoio,poi li metto sul posatoio e li lascio abituare alla nuova posizione.
Poi con calma,dopo circa 2 3 volte che sono stati sul posatoio per più tempo, li spingo a staccarsi dal posatoio senza forzare troppo.
Vedrai che ci sarà sempre quello più arzillo che si staccherà e piano piano coinvolgerà gli altri.
Se poi hai un volantino adulto la cosa è più semplice, il maestro spiegherà ai giovani quale è il loro compito.
Non esitare ad allontanare i soggetti che non dimostrino una certa predisposizione al lavoro,puoi continuare a provare ma avrai sempre dei problemi.
Ciao
Quale appostamento hai preso? Io lo avevi in pian D'albero
 
Ciao Gianca63, grazie del consiglio, il capanno si trova sotto al passo del fusco e rubbiale, davanti al puntone di mezzo che sale da Ortignano Raggiolo ai Prati del Pratomagno.
Comunque per quest'anno è già impegnativo preparare i giovani a stare su rulli e ribaltine, costruire rulli elettrici , potature ecc. pertanto prenderò ( e quì sono ancora indeciso ) o 2 coppie o 4 maschi già addestrati o 4 femmine per iniziare. Con loro proverò ad addestrare qualche giovane .... se mi riesce.
 
Inserisco per conto di Massimo Bellandi alias Colombacciaio1 il testo del suo articolo scritto per una rivista l'anno scorso. Foto ed altro potete ammirarle qui :arrow: http://www.migratoria.it/zip/opinioni.pdf

Se qualcuno si chiede quale sia uno dei luoghi più ambìti della Toscana per la caccia al Colombaccio, di sicuro la risposta è il Tombolo pisano. Una pineta che da un lato confina con il Parco Naturale di San Rossore(Migliarino) e dall’altro si estende fino alle spiagge del litorale pisano. Questa immensa distesa di pini, che possono arrivare fino ad un’altezza di ben 25 metri, è un vero paradiso per quei cacciatori che amano questa caccia così emozionante e al tempo stesso così complessa e che hanno i loro capanni posti proprio tra le cime di questi altissimi alberi. Proprio di recente, le tese del Tombolo sono state al centro di una vera e propria battaglia, tra i cacciatori e il comune di Pisa, per mantenere la tradizione di cacciare su questi”Capanni storici”, (così vengono definiti ormai dall’intero mondo della caccia), frutto di una tradizione che si tramanda da più di 60 anni. A raccontarci la storia di questo luogo, di come tutto ha avuto inizio fino ad arrivare ad oggi, sono Gino Saltarelli e Massimo Bellandi, due generazioni diverse, due distinte realtà ma un’unica intensa passione per la caccia al colombaccio.


In bicicletta
Gino, livornese Doc,proprietario di un’armeria storica della città labronica, è statotra i primi a cacciare nel Tombolo. Anche se, spiega Gino, «Sonoscappato da Tombolo per due ragioni, la prima è che il vento ditramontana, indispensabile per il passo dei colombacci, non soffiapiù come una volta durante il mese di ottobre, la seconda è cheadesso ci sono troppi cacciatori, sia sui capanni sia a terra, chesparano a tutte le altezze pur di abbattere un colombaccio,vanificando tutto il lavoro per la curata dell’intero branco». Lastoria di Tombolo comincia da molto lontano, quando era il prosieguodi San Rossore, allora tenuta reale. Vittorio Emanuele II, infatti,donò una parte di questo territorio, che si estendeva dall’Arno alCalambrone, ai cacciatori pisani e livornesi. Questi, con un tacitoaccordo, si spartirono la zona. Dal “fossaccio”(adesso chiamatoPisorno) al Calambrone toccò ai livornesi, mentre i pisani, o meglioi marinesi (di Marina di Pisa), presero dal “fossaccio” a boccad’Arno. Il territorio, però, non si presentava come lo vediamooggi, ma suddiviso in tre zone. La parte che si affacciava sul mare,dove sorgono i capanni odierni, la macchia alta, dove sorsero i primicapanni, e che, subito dopo la guerra fu tolta ai cacciatori quandogli americani installarono in
quella zona la base militare di Camp Derby, a tutt’oggi operante. Nel mezzo c’erano le padule, oggi chiamate “i campi”. Ma i cacciatori, all’epoca,erano davvero pochi. Anche quando, racconta Gino, nell’immediato dopo guerra (allora non aveva l’armeria ma una fiaschetteria per lopiù frequentata da cacciatori, ndr), se qualcuno diceva «Ma lo sai chi ho incontrato in Tombolo?» era un avvenimento, poiché gli unici a frequentare questi luoghi erano i così detti “stagnini”,cacciatori di
mestiere, così chiamati perché originari di Stagno, una località della zona. Anche i mezzi per spostarsi non erano certo quelli di oggi. Alla domanda: «come andavi a caccia fino in Tombolo?», con due occhi ancora accesi evividi, pur se incorniciati da un volto che tradisce l’età, Gino risponde: «In bicicletta! Con il cane dietro e tutti i piccioni,ognuno dentro il proprio astuccio, ma quelli di una volta, fatti con la carta dei vecchi sacchi di cemento, farina e acqua», una sorta di cartapesta modellata su di uno stampo.


Un portuale geniale


Ma il Tombolo pisano è anche il luogo dove è nata la caccia al colombaccio alla livornese,quella detta “dal pulpito”. Fu un portuale, chiamato “il Morino”, ad avere l’idea di cacciare all’interno di un corbello, o cestone, come veniva chiamato all’epoca, con cui veniva scaricato il carbone dalle navi. Queste enormi ceste potevano contenere fino a 2 quintali di carbone, quindi abbastanza grandi e robuste da sorreggere il peso di una persona. Una volta legate le estremità a dei rami al centro della cima di un pino, la visuale,che fino ad allora era stata limitata da terra, permise di cacciare quegli animali che altrimenti non si sarebbero visti dal basso. Ma all’inizio, “il Morino” fu vittima delle beffe da parte degli altri cacciatori che, passando da sotto, gli gridavano: «Morino o!Cosa fai, dici la messa dal pulpito?». Da qui il nome “caccia dal pulpito”. Il Morino però aveva avuto un’ intuizione geniale etutti se ne resero conto quando cominciò a fare carniere di colombacci, prima di allora solo sognati. Fu così che, piano piano,con il tempo, anche gli altri cacciatori cominciarono ad innalzare propri capanni. Quest’ultimi erano fatti di legno, preso per lo piùin loco, e tutt’altro che sicuri. «Oggi, a confronto, sono opere d’arte» dice Gino. Per salire sulla cima di questi altissimi pini,venivano usati dei chiodi conficcati lungo tutto il tronco o in alternativa, chi non poteva permettersi questo sistema, sostituiva i chiodi con i mozzi dei pedali delle biciclette. E si cacciava con due racchette a braccio di quelle verticali. Ma anche se questo sistema aveva rivoluzionato la caccia alla migratoria, va ricordato che il passo dei colombacci, in quegli anni, non era quello di oggi. Di selvatici ne transitavano assai meno, e in un periodo compreso tra il7-8 ed il 30 di ottobre. Gino ricorda che i vecchi colombacciai, che si riunivano al bar per fare due chiacchiere, vedendolo partire perla caccia, solevano dirgli: «Ma ’n dove vai bimbo dè! Fin quando’un c’è la neve su’ monti i colombacci ’un passano».


Quando cambiò larotta
Di giornate memorabili in Tombolo, Gino ne ricorda in particolare una e la racconta così: «Era il 3 Ottobre 1947, stavo in cima al mio capanno svolgendo qualche lavoretto di manutenzione e di colombacci non si vedeva neanche l’ombra. Verso le 10 del mattino si levò vento di tramontana; a breve cominciò a soffiare forte, tanto che avevo deciso di scendere e tornare a casa. Ma un branchetto di colombacci si stagliò nel cielo davanti a me, poi un altro e un altro ancora... non volevo crederci ma, in men che non si dica, finii un’intera cartucciera.Scesi allora dal capanno, e con la bicicletta raggiunsi la casa di un certo Goffredo, anche lui cacciatore, per farmi dare altre cartucce.Quando gli raccontai di aver finito tutte quelle della mia cartucciera, ancora incredulo me ne dette altre 50. Veloce come il vento tornai al capanno. Ricordo che era una domenica: all’epoca ero fidanzato con quella che ancora oggi è mia moglie, e avevo due biglietti per andare a vedere lo spettacolo della “Rivista Dapporto”, (Carlo Dapporto, noto attore di teatro dell’epoca), ma come si dice a Livorno... ’m’importò assai di tutto!!!” Nella testa avevo solo i colombacci. Quel giorno ne abbattei ben 32, un numero che oggi non fa impressione a nessuno, ma a quei tempi era assai raro, poiché quando avevi abbattuto 3 o 4 colombacci era una caccia di tutto rispetto e se arrivavi a 5-6 era già un caccione! Ad ogni modo presi i 32 colombacci, li misi dentro la mia cacciatora che legai sul fondo, non avendo altro modo per trasportarli, caricaitutto sulla bicicletta e tornai a casa della mia fidanzata che, come immaginavo, era sulla soglia ad aspettarmi, tutt’altro che felice di vedermi. Ma quando in cucina rovesciai tutti quei colombacci sul tavolo, l’incredibile spettacolo la placò. A breve la casa si riempì di cacciatori che stavano al bar vicino: nessuno poteva credere a quello che vedeva». Fu una cacciata memorabile proprio per il fatto che, all’epoca, colombacci non ne passavano. Il passo era concentrato sull’Adriatico, ma da quel giorno tutto cambiò. La migrazione si spostò sul Tirreno e il Tombolo divenne un punto cruciale del transito migratorio.


E oggi?
Certo, con i suoi racconti, Gino potrebbe scrivere un libro, ci dice. Ma per capire come sono cambiate le cose in Tombolo, nel corso del tempo, dobbiamo conoscere quella che è la realtà attuale di questo luogo. E chi,meglio di Massimo Bellandi, che attualmente caccia su uno dei migliori capanni di Tombolo per posizione e strategia, ci può spiegare questa realtà? Massimo, anch’egli livornese, e il caso vuole, portuale proprio come colui che ha dato inizio a tutto,comincia a descriverci come è cambiato questo territorio e il suo panorama. Dai 40 capanni che erano in origine, spiega Massimo, adesso ne possiamo contare non più di 20. Ciò è dovuto a diverse problematiche, che nel tempo, si sono poste a sfavore. Una di queste,è stato il parassita del pino marino (Matsucoccus Feyfaudi) che,circa 4 anni fa, costrinse le autorità a prendere la decisione di tagliare parte della macchia di Tombolo, ormai irreversibilmente compromessa. Le recenti ristrutturazioni e costruzioni destinate al turismo della zona nelle immediate vicinanze non hanno certo aiutato.Ma nonostante tutto, il Tombolo continua a regalarci momenti di caccia emozionanti e spettacolari, davvero unici. Questo anche grazie alle tecniche affinate, rispetto a quelle usate ai tempi di Gino, e all’uso di attrezzature sempre più tecnicamente avanzate, nonché di richiami vivi come volantini e zimbelli (piccioni addestrati convera maestria). A Massimo domando com’è una giornata di caccia in Tombolo, e lui, due baffoni che arrivano a coprirgli le labbra e glio cchi accesi dalla passione smisurata, per questa caccia, la raccontacosì: «Una giornata di Tombolo comincia ancora a buio, con il vento di tramontana che soffia da nord e talmente freddo da tagliarti la faccia come mille lame. Un cielo terso e l’aria limpida, così limpida e chiara da avere l’impressione di allungare una mano versole Alpi Apuane, che si stagliano fiere all’orizzonte, e poterle toccare. Certe volte riesci a vedere persino i fari delle auto chescendono a valle. Ancora allo “sbirlume” (l’alba), comincia lo sblocco, o spollo, come viene chiamato. I colombacci, fermatisi a dormire all’interno del Parco di San Rossore, cominciano a muoversi e le prime sparatorie si fanno sentire. Ma appena si fa giorno, ecco arrivare decine di branchi che piano piano si uniscono formando un immenso fiume che, passando sopra le nostre teste, sembra non finire mai, e lì ha inizio la vera caccia, tutta Tombolo inizia a sparare!Ecco! Questa è una giornata di Tombolo».


Sulla linea dellamigrazione
Di queste mattinate possono essercene 2 o 3 in tutto l’anno, ma sono proprio queste giornate così spettacolari ed emozionanti a fare di Tombolo un luogo unico. Per il resto, come ovunque, può capitare la giornata in cui ne vedi passare a centinaia senza venirne alla curata neanche uno;altre che ti cura anche tutto il branco, mattinate in cui gli abbattimenti sono pochi e in altre in cui sono tanti, ma tutto ciò fa parte della caccia. Ma come detto in precedenza, quello che fa di Tombolo un punto cruciale per la caccia al colombaccio, è il fatto di trovarsi sulla linea migratoria: venendo dal nord e sorvolando le Apuane, i branchi passano sopra Tombolo prendendo il mare dalla punta del Calambrone verso le isole dell’Arcipelago Toscano, rientrando poi dalla scogliera del litorale livornese e passando sopra al Telegrafo, un altro mitico luogo della caccia al colombaccio, con i suoi appostamenti temporanei come “il fortino” e “il pinetto”,ubicati nel mezzo di una macchia mediterranea bassa e fittissima fatta di stipa e corbezzolo, tra le più belle della Toscana, secondo Massimo, che vi ha cacciato per anni. Da qui scendono lungo la costa fino a Rimigliano, altro posto assai rinomato per la sua riserva, e arrivano giù fino alla punta di Populonia e Piombino.
 
Ciao, scusate il ritardo nella risposta ma ero fuori per lavoro. Amici che hanno il capanno nelle mie zone, mi hanno detto di scegliere volantini solo maschi o solo femmine in base a come ti piace più il tipo di volo ma separatamente nelle giornate di caccia per evitare di tenere la femmina legata sul posatoio ed evitare anche gelosie tra gli altri.

Come ho anticipato, sono completamente a digiuno e pertanto sto cercando di cogliere consigli e sfumature per preparare una prima apertura in un modo decente.

Per quanto riguarda i giovani, sto al momento addestrando gli zimbelli sui rulli e sulle racchette e mi sembra che ce la stiamo cavicchiando, appena posso posterò qualche piccolo video che abbiamo fatto col cellulare.

Saluti e grazie per le spiegazioni che mi state dando.
Non dare retta alle chiacchere x i volantini puoi usare sia maschi che femmine ,e non tenere niente legato,falli mangiare e bere sul posatoio e lasciali stare li dopo qualche giorno si danno su da se!!
 

Alberto 69

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Caccia da Palco ai Colombacci: Per catturarli, si accetta persino di dormire in macchina per un mese intero. Ma non solo, per averli dentro la propria cerniera si è disposti anche ad allestire rischiose impalcature.


Quando si parla di caccia ai colombacci da palco, sono proprio queste le esperienze a cui i cacciatori vanno incontro. Si tratta di esperienze rischiose, certo, ma anche ricche di emozioni impossibili da dimenticare. La caccia ai colombacci da palco vanta una lunga tradizione, specie in alcune regioni italiane come la Toscana. In altre, come la Sicilia, questa pratica è, invece, caduta in disuso. Il palco, infatti, è una delle tante tecniche di caccia con cui è possibile catturare e abbattere i colombacci.
Questi migratori possono essere cacciati sia con la caccia di appostamento che con quella vagante. Le vere emozioni si provano, però, durante la caccia da palco, l’unica in grado di mettere a dura prova le abilità venatorie del cacciatore.
Chi caccia i colombacci in maniera vagante, lo fa spesso per motivi di tempo o per la scarsa voglia di impegnarsi in un’attività che richiede impegno, sacrificio e addestramento. Non tutti gli appassionati di caccia la pensano, però, allo stesso modo, e quelli che hanno già praticato questo tipo di caccia, parlano di emozioni mai provate prima, di divertimento e di forti scariche di adrenalina che rendono la caccia da palco una delle migliori in assoluto.
Ma perché la caccia da palco ai colombacci è così amata? L’interesse per questa pratica venatoria nasce dal fatto che si tratta di una tipica caccia aerea, in cui bisogna allestire un’impalcatura ( il palco) sopra i rami di un albero, dove saranno montate delle gabbie e delle postazioni con degli uccelli che faranno da richiamo per i colombacci.

Per avvistare e colpire la selvaggina, il cacciatore, a sua volta, dovrà raggiungere l’impalcatura tramite degli scalini ben fissati sul terreno e vicini al tronco. Spesso, la postazione del cacciatore si trova a diverse decine di metri da terra. Sparare dall’alto è molto rischioso, ma, se l’impalcatura è ben fissata, si può avere anche la sensazione di toccare il cielo con un dito. Se poi, oltre a “toccare” il cielo, si riesce ad abbattere un buon numero di colombacci, allora successo e divertimento sono assicurati.
I colombacci non sono dei volatili sprovveduti, ma il palco, se allestito con cura e maestria, può diventare un’esca molto appetibile per questi migratori. Appartenenti alla stessa famiglia dei piccioni e delle colombe (ordine Columbiformes, famiglia Columbidae), i colombacci hanno un corpo più allungato rispetto alle altre specie simili, con un piumaggio color grigio blu e parti inferiori color vinaccio. Non esistono differenze morfologiche tra i due sessi. Il corpo di questi uccelli è lungo circa quarantatrè centimetri, che diventano circa settanta in fase di apertura alare, per un peso complessivo compreso tra quattrocento e seicento grammi. I colombacci, negli anni, hanno quasi perso del tutto le loro abitudini migratorie, diventando una specie stanziale.
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In genere, la loro nidificazione avviene in tutta Europa, ad esclusione delle zone più fredde. I colombacci svernano nei mesi invernali, mentre, in Italia, migrano e nidificano in maniera irregolare. L’habitat ideale di questa specie sono i boschi, ma anche i centri urbani. Il nido dei colombacci può essere posizionato proprio sugli alberi o sugli edifici. Di solito viene allestito in maniera frugale, con semplici rami intrecciati. Altrettanto frugale è l’alimentazione di questi migratori: resti vegetali e, occasionalmente, qualche invertebrato.
Niente, invece, è più lontano dall’essere frugale, quanto l’allestimento del palco, considerato, forse, la parte più impegnativa e importante della caccia ai colombacci.

Il palco, come già detto, viene montato tra le fronde degli alberi, mimetizzandolo con resti di piante e foglie. Questa impalcatura comprende anche degli stantuffi e delle rastrelliere entro i quali saranno piazzati degli uccelli da richiamo. Solitamente, per cacciare i colombacci si usano piccioni da palpa e volantini, detti anche “zimbelli da avvistamento”. Si tratta di uccelli che vengono addestrati ad avvistare i colombacci. I primi, posti sugli stantuffi, sbatteranno le ali appena avvisteranno la selvaggina, i secondi, messi sulla rastrelliera, dopo l’avvistamento cominceranno a girare per far avvicinare le prede e consentire al cacciatore di sparare qualche colpo. Il palco dovrà contenere, tra i rami dell’albero, un piano rettangolare, da dove il cacciatore dovrà posizionarsi e sparare. Il piano sarà raggiunto tramite degli scalini. Poco al di sotto del piano, si fissa una gabbia contenente gli zimbelli da richiamo opportunamente addestrati. Questi volatili, appena avrà inizio l’impresa venatoria, dovranno essere liberati per attirare la selvaggina.
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Il palco, nella parte aerea, termina con un piano composto da una serie di tubi in acciaio collegati tra loro in modo da formare un quadrato o un rettangolo. Questi tubi dovranno essere legati ai rami dell’albero con dei lacci. Si sconsiglia di usare legacci in ferro o spago che possono strozzare e uccidere la pianta. La legatura deve essere ben salda, in modo da tenere ferma l’impalcatura, costituita sempre da una serie di scalini con tubi in acciaio che partono da terra e che circondano tutta l’altezza dell’albero. I tubi in acciaio non vanno conficcati nel terreno, ma vanno fissati aggiungendo i piedini. I tubi da usare sono quelli innocenti( i più robusti), a cui fissare dei cavi in acciaio che costituiranno i vari scalini del palco. I cavi vanno stretti e allentanti ogni anno, in base alle dimensioni della pianta che dovrà ospitare la postazione. Nel caso si usino tubi da un metro ( i tubi lunghi sono meno stabili) si possono fare dei fori a terra di almeno 90 centimetri, dove aggiungere una gittata di cemento. Questa impalcatura costituirà un sorta di capanno. Nel piano superiore, per mimetizzarla, si aggiungeranno parti dell’albero e resti di altra vegetazione, come rami e foglie di cedro e alloro. Al di sotto del piano di appostamento, cioè negli scalini immediatamente inferiori, si posizionerà e fisserà la gabbia con gli zimbelli da avvistamento. I piccioni vanno liberati e collocati su degli stantuffi (aste con piani circolari) nella parte anteriore del piano, mentre in quella posteriore si metterà una rastrelliera in legno dove far girare i volantini.
caccia_colombaccio_palco.jpg

Caccia da Palco ai Colombacci: Per implementare questa struttura bisogna anzitutto individuare il posto adatto, chiedere l’autorizzazione all’eventuale proprietario del terreno e all’ufficio provinciale Caccia e Pesca. Quest’ultimo rilascerà una licenza annuale rinnovabile per la caccia da appostamento.
 
Bravo Alberto 69
Ottima spiegazione della caccia da palco
Come tu sai non è facile spiegare queste cose se non vissute.
Io, con i miei soci pratico questa forma di caccia da 30 anni e non la cambierei con nessuna altra forma di caccia
La Fatica a caccia chiusa è tanta,ma ripagata al primo branco che chiude le ali e "cura i piccioni"
Ciao
 
Salve, premettendo che da quest'anno con mio figlio e 2 amici abbiamo rilevato un capanno in Toscana e precisamente in Pratomagno. Stiamo preparando tutto, speriamo, addestrando gli zimbelli e ascoltando i consigli degli amici che gia la praticano da anni. A questo punto considerato che con ognuno che parliamo ha la sua formula vorrei chiedere agli amici del forum qualche altro parere in merito ai volantini :
a) Qualcuno dice che utilizza solo maschi, b) altri solo femmine per il tipo di volo, c) altri che i volantini devono essere in coppia, la femmina resta legata sulla rastrelliera ed i masch in volo, ecc.
Aiuto ditemi qualcosa

Grazie
Mauro
 
In umbria si spara alla "palomba" prevalentemente a fermo...Io "quasi" d'accordo con i miei cugini li insidio così....loro cacciano con il volantini (cosiddetti ternani) e con racchette (cosiddetti francesi) al palco...distanti uno dall'altro 700/1000 mt....io solo con francesi a circa 200/300 metri da loro in mezzo a delle vigne abbandonate o sotto alberi molto alti...alle prime loro scariche il selvatico cerca riparo e se i miei zimbelli li attraggono il gioco è fatto....Vi posso assicurare che quando entrano è uno spettacolo...e la sera a casa del mio pà tiriamo fuori il carniere e inizia lo sfottò...davanti a un bel piatto di fettuccine, cacciagione e un buon bicchiere di rosso del "contadino"....a fermo si spara ma al volo à tutta un'altra cosa...mio gemello generalmente con le palombe a volo padella l'impossibile...figuratevi la sera come lo conciamo...
 
Che bella sta caccia .... provata quando giocavo a Siena nella bocca nei pressi di radda in chianti....spettacolare.....mi piacciono da matti le caccie da appostamento ma quanto c'è da lavorare per riuscire ad essere attrattivi al massimo.
 
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