Se non sbaglio fu Marziale a scrivere: "In mancanza di tordi si mangiano merli." E' vero, ai tempi miei della caccia ai tordi i merli erano considerati di "Serie B," i cugini "poveri" del bottaccio e del sassello. Ma non mi sovviene di alcun tordaiolo accanito che non tirasse una schioppettata (o due, o tre se necessario) al turdus merula, nonostante questo presunto disprezzo per il "fascista," come un mio amico chiamava i merli a causa della loro "camicia nera." A dire la verita', come sapore non ho mai trovato alcuna differenza fra merli e tordi, se cucinati allo stesso modo. Ma poi, del resto, a me piacevano tanto anche gli storni e le folaghe, ed ho mangiato di tutto. Gli unici uccelli che ho dovuto buttar via dopo il primo boccone sono stati un torcicollo ucciso in Italia, ed un orco marino ucciso a Kodiak. Il primo sapeva di acido formico; il secondo di pesce marcio, nonostante la spellatura e la rimozione dell'ultima molecola di grasso sottocutaneo. Ed era duro come un sasso!
C'era un barcaiolo "primitivo" alla rierva di Fogliano, al quale i soci donavano tutti gli uccelli immangiabili: gabbiani, tuffetti, cormorani, persino un'aquila di mare, una volta--uccisi nei giorni di magra quando gli uccelli "buoni" erano scarsi, tanto per tirare a qualcosa. A quei tempi di uccelli protetti ce ne erano pochi, e non c'erano LIPUotti e WWFfiani in giro mascherati da guardiacaccia a rompere le palle ai cacciatori.
Quando il mio amico gli chiese un giorno come facesse a mangiare quegli uccellacci, lui gli rispose in quel dialetto imbaxtardito caratteristico della zona, "Signuri', quanno io ce so' messo bastanza de pummaroli e pepiruncini e de aju, lu sarmi' puro de soriche sarebbe bonu!" Dicevano i soci della riserva che quando quell'aquila gli fu donata, si sentirono dalle botti i colpi d'accetta sul ciocco, colpi necessari per fare a pezzi quell'uccello tutto muscolo e ossa...