Serrande serrate e odore di caffè appena sgorgato nella caffettiera; nella stanza la quiete è molle e le mosse nella penombra si distinguono appena. La posa, quasi ieratica, della zia che porge la tazzina al suo sposo con la stessa devozione in cui i movimenti, lenti, del cucchiaino donano il gusto edulcorato al caffè compiono un rito, gentile, da tanti anni.
Giuseppe ! Sorride. Zio Gianni s'è svegliato, vai a salutarlo..
Le braccia distese fuori dalle coperte e il capo sollevato sul cuscino in un pomeriggio di metà aprile..
zio Già, la Pasqua è alta st'anno, si va a Capo Colonna a vedere le tortore una mattina ?
Iamu, iamu (andiamo, andiamo).
Ma là gli adorni non passano vero?
Aah ! Sospira nel suo volto più che maturo. Le braccia inerti inarcano e sovrastano il corpo, la voce si fa decisa nella laringe e il caffè a sorsate offre un tono che modula le sue storie.
"Atteeentu ! Atteeentuu ! Il grido deciso e modulato si avvolgeva tra dirupi e scogliere, dai monti Peloritani a Messina alla costa sud del mare calabro. Nei circa quaranta chilometri tra la punta di Pellaro al Sant'Elia di Palmi, passando per Reggio, Scilla, Melia, San roberto, Bagnara. Un grido percepito nei centri abitati del tratto di costa sicula e calabra, ascoltato dalle spadare e dalle feluche intente nella pesca.
Nelle terre di Leonida Repaci quella all'Adorno non è una caccia. E' la Caccia.
"Ha un'apertura alare di nu metru e menzu e pesa cchiù di nu chilu", l'enfasi del racconto sottolinea in dialetto l'aspetto maestoso e possente del rapace. "Ci voleva un poco di scirocco o assenza di vento, l'adorno prendeva la corrente ascensionale e si levava fino a centinaia di metri sopra al mare, in cerchi larghi e concentrici che permettevano all'aceddu una condizione di volo di quasi riposo e che, poi, avrebbe consentito una lunghissima planata, sempre lungo la costa, per guadagnare terreno verso i luoghi di nidificazione.
I cacciatori dello "Stretto" in quel periodo entrano in visibilio, la tarantola venatica per l'uccello veleggiatore sfocia nell'eccitazione e nel panico. Non abbattere almeno un Adorno diventa segnale di sventura coniugale per i cacciatori malcapitati che per mesi sono costretti a subire scherno, lazzi, ironie pesanti con tanto d'obbligo d'indossare il berretto con "i ciancianeddi". La nomina dello sventurato "Sindaco" avviene con ballate e serenate sotto la finestra del meschino e il suo passare per le vie istiga a sorrisetti irriverenti e, neanche troppo di sottecchi, il lieve inarcamento dell'indice e del mignolo delle mani di tanti presenti.
Per evitare l'ingiuria solenne, la sventura intera d'un anno ma anche per godere d'un paesaggio d'incomparabile bellezza nel periodo di primavera inoltrata, della migrazione di migliaia d'uccelli d'ogni specie e fattezza (falchi, aquile, cicogne, acquatici, trampolieri piccoli e grandi) compresi altri rari e occasionali alati, i cacciatori di quei territori arrivavano a compiere paradossi e sacrifici impensabili; le famiglie venivano spesso trascurate per intere settimane, si spendevano denari, tanti, in periodi di ristrettezze per accaparrarsi una posta buona, tra famiglie si è arrivati a stringere persino comparaggi e matrimoni per avere in uso terreni adatti agli appostamenti in un ottima zona. Tutto nel nome d'una frenetica quanto gioiosa usanza di centinaia d'anni.
"Mastru Micu", per vendicarsi d'un torto, fece disseminare di pezzi di specchi le spalle d'una posta del rivale su di un "passo"...il riflesso di questi allontanava le alate degli adorni dalla zona.
Don Giovannino, per essere stato nominato sindaco, vissuta l'ironia feroce di suoi stessi familiari, cambiò il testamento a loro sfavore. Un cacciatore su uno sperone di altura, dopo aver padellato diversi "Orra" non rispose più ai richiami concitati degli amici che gli segnalavano il passaggio di ulteriori possibili prede. Fu trovato in stato di estrema confusione, febbricitante con la bava alla bocca che tentava di ricaricare la sua doppietta tentando di "avvitare" la chiavetta verso sinistra...imbestialito col "ferro" arrivò a storcerne i grilletti.
Il tiro ? Oh quello ! Non per la rapidità delle falcate dell'adorno si faceva pregio la fucilata il cacciatore, piuttosto per saper cogliere il momento giusto nello stabilire, affatto facilmente, su quale "giro" d'ali , nelle roteanti planate che allargavano e poi restringevano sul punto di posta, dirigere i colpi di fucile. L'eventuale abbattimento non rendeva per niente scontato il ritrovamento del selvatico che spesso rovinava sugli strapiombi inaccessibili delle scogliere, nelle asperità rovinose delle vegetazione abbarbicate sulle rocce e... se l'avvistatore d'una feluca intenta nella pesca del pesce spada, nel mare sottostante, indicava la "battuta" della preda in un certo posto o sull'acqua, i cacciatori si calavano, rischiando, con lunghe funi tra guglie e speroni di scogli. C'era, poi, da riverire con regalie la gentilezza dell'uomo sulla barca da pesca.
La carne del rapace veniva consumata e le piume del petto conservate e utilizzate in qualità di cotone emostatico per sedare tagli e ferite.
In casa d'un cacciatore, nei luoghi descritti, non poteva mancare l'Adorno imbalsamato.
Anni addietro, tanti, una sorella di mio zio trasse, tra le foto che portò, una con lo stesso zio, a braccia larghe che sosteneva gli apici alari d'un Adorno. Ad aver avuto un cellulare con fotocamera...allora.
Ciascuno pensi e ritenga ciò che desidera in merito a questa caccia tradizionale che ha coinvolto generazioni di genti per centinaia d'anni, io, un pò, me la sono sentita sulla pelle poiché raccontata così da vicino e perché io stesso di chiara origine meridionale. Una tradizione il "balz" sul Cedrone, una tradizione la posta all'Adorno..un giorno qualcuno potrebbe dire di un'orrenda tradizione dello sparare a un tordo posato su un ramo.
Io sento di rispettare tutti; nelle regole ovviamente.
Postfazione dal fanciullo di allora:
"Zio Già, ma vi è successo di essere stati nominati a "sindaco" in famiglia ?" "Nè io, Papà, zio Alfredo e gli altri quattro miei fratelli. Nessuno. Ci trasferivamo per tre settimane nel podere di famiglia, avevamo anche il casolare dove venivano le donne e la balia" ; la parola "nessuno" era accompagnata dal gesto perentorio della mano, a palmo aperto, verso l'esterno. (E più non dimandar).