Sentimeti di capannista....

Re: Sentimeti di capannista....

Quanti ricordi, la vigna delle Vallate, i primi uccellini che ho tenuto tra le mani, quegli alberi con quei semi lunghi e pendenti come i baccelli dei fagioli piantati apposta per i frosoni, il roccolo che non c'è più, non sono capannista ma ho iniziato così ad amare la caccia.
 
Re: Sentimeti di capannista....

Questo brano ha risvegliato in me ricordi di quando ero bambino (sei sette anni) e già andavo a capanno con mio padre. Soprattutto mi è piaciuto il passaggio di quando frettolosamente si stendono le gabbie e gli stampi e si entra nel capanno. Pochi minuti ed inizia il sassello, poi il merlo, quindi si sveglia la cesena ecc.
Ricordo ancora l'odore acre del fumo che usciva dalla stufetta a legna di fortuna piazzata in un angolo e il freddo ai piedi.
Ho continuto per tanti anni ad andare a capanno, non come forma di caccia esclusiva, ma prevalente da Dicembre a Febbraio.
Poi è arrivata la menata della scelta del tipo di caccia vagante o da appostamento e ho dovuto abbandonare.
Peccato perchè la caccia va vissuta a 360 gradi.
Ciao Romeo.
 
Re: Sentimeti di capannista....

Proprio oggi che la sceneggiata della comunitaria si è definitivamente compiuta, massacrando definitivamente la caccia tradizionale da capanno e ai piccoli migratori in genere, leggere questo brano fa enormemente piacere a chi come me ha sempre e solo praticato questa forma venatoria tradizionle e speciale come poche altre (aldilà di quelloche ci viene propinato da pseudo ambientalisti e perchè no anche da altri pseudo cacciatori).
 
Re: Sentimeti di capannista....

Brrrrrrrrrividi.......pura e semplice poesia......mamma mia che bella che è la nostra passione e che emozioni meravilgiose può farci provare......
 
Re: Sentimeti di capannista....

[eusa_clap.gif] [eusa_clap.gif] [eusa_clap.gif]
chi non ha mai provato queste emozioni sappia che e' tutto vero.............grande roberto, e grazie per aver provato a descrivere quei momenti [eusa_clap.gif]
 
Re: Sentimeti di capannista....

bravo roberto !! veramente toccante ...
a parte i bambini al casotto che rompono i maroni perche vogliono sempre sparare loro [eusa_naughty.gif]
 
G

Guest

"Quando ancora il cacciatore dorme sonni tranquilli: E molto prima che nell’Oriente cominci a rischiararsi il cielo oscuro
l’uccellatore, se non dormì nell’uccellanda, ben desto, sorge, si veste ed esce di casa. La notte autunnale è fredda, scura, benché a miriadi le stelle punteggino il cielo. Per stradicciole malagevoli conviene che raggiunga l’uccellanda.
Ovunque rugiada abbondante. I ramoscelli che si protendono sulle viottole bagnano il volto dell’uccellatore, dandogli un brivido; gli alberelli scossi, lasciano cadere una fitta doccia, gelida.
Lontano qualche latrato di vigile cane da pagliaio, qualche canto di gallo. È l’uccellanda tutta avvolta nel tenebrore.
Ma nel casello c’è un lume. L’aiutante dell’uccellatore, colui che per tre mesi, abbandonando i lavori campestri,
vi vive giorno e notte per una non lauta mercede, ma animato da una passione vivissima, è già desto e sta levando dallo stanzino le gabbie dei tordi.
Sbatter d’ali, zippii acuti e fitti. chioccolii, fincheggiar accellerato, di uccelli impauriti.
Poi il lavoro affrettato dall’attaccar le gabbie dei richiami, predisporre gli zimbelli, liberare le reti dalle foglie che l’autunno ha fatto scendere dagli alberi soprastanti e che vi sono rimaste impigliate, disporre la rete con bella regolarità perché facilmente faccia sacco.
Poche parole, qualche breve avvertimento, notizie rapide sulle prese del dì precedente, in altre uccellande. Tamburellar di gocce di rugiada sulle foglie, sul terreno, al termine della loro invisibile caduta.
Gli uccellatori rientrano nel casotto. Il lume vien spento. Brilla un istante la luce dello zolfanello che accende una pipa.
Ed ecco la sinfonia incomincia.
La sinfonia dei suoni, delle luci, delle voci, dell’aria, dell’attesa.
È la grande natura che canta, è il cuore dell’uccellatore che l’accompagna. Note gravi dell’oscurità, note di voce celeste lassù nel breve spiazzo di cielo stellato che la feritoia del casello permette di vedere.
Rullio rapido e secco delle gocciole di rugiada. Una nota pizzicata, acuta, netta, lo zirlio d’un tordo, poi due, poi dieci e su di essi, a scatti, la sghignazzata del merlo che si agita nella lunga corridora.
Il pizzicato or cresce or s’affievolisce.
Una voce ampia, sonora, squillante canta, canta a distesa un inno che si diffonde per le valli, per le campagne e sembra le ridesti.
È il tordo che crede giunta la primavera, dopo lunghi mesi di muda, e che invoca l’amore che gli fu negato.
E quasi che il suo canto, emulo di quello del gallo, abbia il potere di destare la luce, ecco laggiù dietro un fianco dell’uccellanda una linea biancastra; una luce perlacea si diffonde, le gocciole di rugiada che sino ad ora si erano sentite, cominciano a vivere anch’esse.
Laggiù, dietro il casello, nel boschetto d’acacie il più mattiniero degli uccelli in libertà, il pettirosso, lancia la fitta serie dei picchiettati:
“tic, tic, tiritic, tic, tic; titititit, titititit”.
E la sinfonia delle voci, col lento crescer della luce, si innalza trionfale.
i “harrrrerati cratierati; stiihàrrr, icièiciehirrr, toc toc toc; pigue pigue pigue; pi pi tacctacctacctacc”
attacca il merlo su d’uno sfondo velato-rosato del cielo.
Risponde il tordo:
“Fréderi, Fréderi, Fréderi, pipperere, pipperere, pipperere”
e l’orchestra della brezza mattutina fa scintillare le gocciole di rugiada che colle vive, lampeggianti, brevi luci pare rifrangano il picchettio del pettirosso.
E la voce tenorile del fringuello, ancor chiuso nello stanzino, quasi geloso del tordo musico, risponde:
“Cis cis cis ciò ciò ciò ci ciò ciò ciò cisbeo cich Trics tries tries troi troi troi ciol ciol ciol ciol cicibio”
mentre il rosato del cielo comincia a rendere il verde agli alberi.
Dalla siepe il libero e non insidiato scricciolo commenta:
“cerrrr, cerrrr”.
Una breve sosta poi un potente crescendo si inizia: I zip zip dei tordi sprizzano all’unisono soffocando la sarcastica risata del merlo.
Il contraccanto della speranza e dell’attesa che suonava nel cuore degli uccellatori si arresta.
E il cielo ed i canti degli uccelli, tutte le voci della natura più non percepiscono le orecchie degli uccellatori. Ora domina l’occhio, che pare voglia raccogliere tutte le luci dell’aurora nascente per irradiarle lassù nel verde, che digrada i suoi toni cupi, dove alcuni punti scuri si sono posati.
L’ansito trattenuto a lungo si scioglie in brevi parole sibilate:
— Son cinque.
— Sei.
— Uno è già sceso.
— Un altro
— Son giù tutti.
— Aspettiamo è troppo scuro.
E la sintonia riprende:
“Fréderi, Fréderi, Fréderi, pipperere, pipperere, pipperere zip, zip, zip. “
Ansia, parlottare, fruscii d’ali, crescendo di luci tenere, invasione di verde.
— Ci son tutti.
— Ce n’è ancor uno sull’albero.
— Si fa troppo chiaro.
— Allora forza!
“Tan! tan! tan! Brrrrrrr, Brrrrrrr, tan! tan! tan! “
Suono delle campanelle dello spauracchio, urlio degli uccellatori, calpestio furioso sull’assito del casello, frullar d’ali, gridio di paura, svolazzar di zimbelli, tentativi di fuga dei tordi agli archetti, starnazzar dei richiami nelle gabbie, chiocchiolio del merlo. E la corsa affannosa degli uccellatori giù per i corridoi verdi coprenti l’insidia, le soste per togliere dalle reti gli incappati, stridii lunghi, dolorosi, laceranti dei prigionieri, colpi di mano sapienti alle reti per rimetterle a posto, poi nuova corsa pei corridoi verso il casello.
Una cingallegra là in fondo, curiosa, occhieggia e colla sua voce acuta pare chieda « cosa c’è? cosa c’è?» in vari toni.
Ma il canto è ripreso sonoro, la luce ha reso il verde scuro alle fronde degli alberi, il verde tenero all’erba del praticello del giuoco dei tordi, il rosso vivo alle bacche dei biancospini, il sanguigno all’amaranto, sui cespugli invitanti. E la rete si profila, ragnatela tinta in scuro, sul cielo d’un azzurro purissimo, attraverso ai finestroni inghirlandati doppiamente di verde, della galleria traditrice.
Ed il cigolar lontano dei carri, l’abbaiar dei cani, qualche colpo di fucile, lo scampanio che viene dai paeselli, il canto di un villico, si alternano al festoso coro dei richiami.
Su tutto alta, calda, potente la nota del sole."


Tratto da " il libro dell'uccellatore" di Luigi Ghidini

Questi versi racchiudono in breve quelle che sono le emozioni che la caccia al capanno puo' dare a chi la pratica, le stesse che provai a 5 anni con mio padre, che ora provo al mio di capanno e che spero di poter provare un giorno con mio figlio....
 
Re: Sentimeti di capannista....

Che caccia affascinate,ho iniziato con la ricarica,adesso il cane,chissà se nel mio futoro ci sarà questa caccia(forse la mia regione nonè ideale),comunque giù il cappello ai capannisti.
Vi leggo sempre nel vostro interessante "angolino".
 
Re: Sentimeti di capannista....

Non sono capannista,ma l'emozione della caccia e' uguale per tutti [eusa_clap.gif] ciao padelloni
 
Re: Sentimeti di capannista....

questa è l'essenza del nostro vivere.........emozioni che difficilmente sono trasmissibili a chi non conosce il nostro mondo.......grande robi..che anche nei momenti di sconforto (vedi art 43) ci ricorda quanto è meraviglioso il ns mondo........e robi non ti preoccupare per il piccolo Davide perchè se l'è come el so papà el dorma....ah ah [lol.gif]
 
Re: Sentimeti di capannista....

roberto75 ha scritto:
"Quando ancora il cacciatore dorme sonni tranquilli: E molto prima che nell’Oriente cominci a rischiararsi il cielo oscuro
l’uccellatore, se non dormì nell’uccellanda, ben desto, sorge, si veste ed esce di casa. La notte autunnale è fredda, scura, benché a miriadi le stelle punteggino il cielo. Per stradicciole malagevoli conviene che raggiunga l’uccellanda.
Ovunque rugiada abbondante. I ramoscelli che si protendono sulle viottole bagnano il volto dell’uccellatore, dandogli un brivido; gli alberelli scossi, lasciano cadere una fitta doccia, gelida.
Lontano qualche latrato di vigile cane da pagliaio, qualche canto di gallo. È l’uccellanda tutta avvolta nel tenebrore.
Ma nel casello c’è un lume. L’aiutante dell’uccellatore, colui che per tre mesi, abbandonando i lavori campestri,
vi vive giorno e notte per una non lauta mercede, ma animato da una passione vivissima, è già desto e sta levando dallo stanzino le gabbie dei tordi.
Sbatter d’ali, zippii acuti e fitti. chioccolii, fincheggiar accellerato, di uccelli impauriti.
Poi il lavoro affrettato dall’attaccar le gabbie dei richiami, predisporre gli zimbelli, liberare le reti dalle foglie che l’autunno ha fatto scendere dagli alberi soprastanti e che vi sono rimaste impigliate, disporre la rete con bella regolarità perché facilmente faccia sacco.
Poche parole, qualche breve avvertimento, notizie rapide sulle prese del dì precedente, in altre uccellande. Tamburellar di gocce di rugiada sulle foglie, sul terreno, al termine della loro invisibile caduta.
Gli uccellatori rientrano nel casotto. Il lume vien spento. Brilla un istante la luce dello zolfanello che accende una pipa.
Ed ecco la sinfonia incomincia.
La sinfonia dei suoni, delle luci, delle voci, dell’aria, dell’attesa.
È la grande natura che canta, è il cuore dell’uccellatore che l’accompagna. Note gravi dell’oscurità, note di voce celeste lassù nel breve spiazzo di cielo stellato che la feritoia del casello permette di vedere.
Rullio rapido e secco delle gocciole di rugiada. Una nota pizzicata, acuta, netta, lo zirlio d’un tordo, poi due, poi dieci e su di essi, a scatti, la sghignazzata del merlo che si agita nella lunga corridora.
Il pizzicato or cresce or s’affievolisce.
Una voce ampia, sonora, squillante canta, canta a distesa un inno che si diffonde per le valli, per le campagne e sembra le ridesti.
È il tordo che crede giunta la primavera, dopo lunghi mesi di muda, e che invoca l’amore che gli fu negato.
E quasi che il suo canto, emulo di quello del gallo, abbia il potere di destare la luce, ecco laggiù dietro un fianco dell’uccellanda una linea biancastra; una luce perlacea si diffonde, le gocciole di rugiada che sino ad ora si erano sentite, cominciano a vivere anch’esse.
Laggiù, dietro il casello, nel boschetto d’acacie il più mattiniero degli uccelli in libertà, il pettirosso, lancia la fitta serie dei picchiettati:
“tic, tic, tiritic, tic, tic; titititit, titititit”.
E la sinfonia delle voci, col lento crescer della luce, si innalza trionfale.
i “harrrrerati cratierati; stiihàrrr, icièiciehirrr, toc toc toc; pigue pigue pigue; pi pi tacctacctacctacc”
attacca il merlo su d’uno sfondo velato-rosato del cielo.
Risponde il tordo:
“Fréderi, Fréderi, Fréderi, pipperere, pipperere, pipperere”
e l’orchestra della brezza mattutina fa scintillare le gocciole di rugiada che colle vive, lampeggianti, brevi luci pare rifrangano il picchettio del pettirosso.
E la voce tenorile del fringuello, ancor chiuso nello stanzino, quasi geloso del tordo musico, risponde:
“Cis cis cis ciò ciò ciò ci ciò ciò ciò cisbeo cich Trics tries tries troi troi troi ciol ciol ciol ciol cicibio”
mentre il rosato del cielo comincia a rendere il verde agli alberi.
Dalla siepe il libero e non insidiato scricciolo commenta:
“cerrrr, cerrrr”.
Una breve sosta poi un potente crescendo si inizia: I zip zip dei tordi sprizzano all’unisono soffocando la sarcastica risata del merlo.
Il contraccanto della speranza e dell’attesa che suonava nel cuore degli uccellatori si arresta.
E il cielo ed i canti degli uccelli, tutte le voci della natura più non percepiscono le orecchie degli uccellatori. Ora domina l’occhio, che pare voglia raccogliere tutte le luci dell’aurora nascente per irradiarle lassù nel verde, che digrada i suoi toni cupi, dove alcuni punti scuri si sono posati.
L’ansito trattenuto a lungo si scioglie in brevi parole sibilate:
— Son cinque.
— Sei.
— Uno è già sceso.
— Un altro
— Son giù tutti.
— Aspettiamo è troppo scuro.
E la sintonia riprende:
“Fréderi, Fréderi, Fréderi, pipperere, pipperere, pipperere zip, zip, zip. “
Ansia, parlottare, fruscii d’ali, crescendo di luci tenere, invasione di verde.
— Ci son tutti.
— Ce n’è ancor uno sull’albero.
— Si fa troppo chiaro.
— Allora forza!
“Tan! tan! tan! Brrrrrrr, Brrrrrrr, tan! tan! tan! “
Suono delle campanelle dello spauracchio, urlio degli uccellatori, calpestio furioso sull’assito del casello, frullar d’ali, gridio di paura, svolazzar di zimbelli, tentativi di fuga dei tordi agli archetti, starnazzar dei richiami nelle gabbie, chiocchiolio del merlo. E la corsa affannosa degli uccellatori giù per i corridoi verdi coprenti l’insidia, le soste per togliere dalle reti gli incappati, stridii lunghi, dolorosi, laceranti dei prigionieri, colpi di mano sapienti alle reti per rimetterle a posto, poi nuova corsa pei corridoi verso il casello.
Una cingallegra là in fondo, curiosa, occhieggia e colla sua voce acuta pare chieda « cosa c’è? cosa c’è?» in vari toni.
Ma il canto è ripreso sonoro, la luce ha reso il verde scuro alle fronde degli alberi, il verde tenero all’erba del praticello del giuoco dei tordi, il rosso vivo alle bacche dei biancospini, il sanguigno all’amaranto, sui cespugli invitanti. E la rete si profila, ragnatela tinta in scuro, sul cielo d’un azzurro purissimo, attraverso ai finestroni inghirlandati doppiamente di verde, della galleria traditrice.
Ed il cigolar lontano dei carri, l’abbaiar dei cani, qualche colpo di fucile, lo scampanio che viene dai paeselli, il canto di un villico, si alternano al festoso coro dei richiami.
Su tutto alta, calda, potente la nota del sole."


Tratto da " il libro dell'uccellatore" di Luigi Ghidini

Questi versi racchiudono in breve quelle che sono le emozioni che la caccia al capanno puo' dare a chi la pratica, le stesse che provai a 5 anni con mio padre, che ora provo al mio di capanno e che spero di poter provare un giorno con mio figlio....
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Rammarico

Rammarico

Accidenti a te socio, vuoi farmi commuovere? Cmq in attesa del tuo, tra non molto dovrai sopportare il mio tra i piedi.. :wink:
 
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