bella dissertazione, ben argomentata
unica considerazione: 20 anni non sono poi così tanti per acquisire esperienza gestionale; non voglio certo dire che sian pochi, ma ci sono stati esempi che dimostrerebbero buone possibilità di sviste anche dopo periodi più lunghi. comunque complimenti. i dati sono a vostro favore. preoccupante la flessione nel numero di uscite coronate da successo.
 
non ho mica capito che significa la parte sui controlli dei capi abbattuti.
tenere qualche mese il capo in congelatore ??!!

ps: secondo me i censimenti in battuta non funzionano.
 

Alberto 69

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Venerdì 14 Agosto 2015

Gli ultimi provvedimenti adottati in merito alla caccia di selezione agli ungulati dimostrano quanto sia ormai necessaria una profonda revisione della stessa. Senza la pretesa che quanto segue sia esaustivo sulla materia si esprimono alcune considerazioni.


Caccia di selezione al cinghiale:
nel 2014, su iniziativa dell’Amministrazione Provinciale è stato reso possibile accedere a corsi abilitativi per tale forma di caccia. Detta possibilità è stata sfruttata da numerosi cacciatori (oltre 1000), salvo poi nella normativa del 2015 chiudere sostanzialmente tale forma di caccia (con interventi previsti solo su richiesta danni da parte degli agricoltori e sostanzialmente a cura dei soli iscritti alle squadre al cinghiale).
La caccia di selezione al cinghiale, così come quella praticata alle altre specie oggetto di selezione (capriolo, daino, muflone, cervo) , si basa sul rispetto di un piano preordinato di prelievo, suddiviso per classi di sesso e di età, redatto in base a dei censimenti e a delle stime ridotte secondo un criterio scientifico e perfettamente in linea con i principi dell’eco compatibilità e dell’ecosostenibilità.
Oltretutto tale specie è pacificamente dichiarata problematica per le coltivazioni, per gli incidenti stradali che causa e, fatto poco rilevato, per la predazione che ha sulla piccola selvaggina.
Non si comprende il motivo per cui anche la specie cinghiale non sia stata inserita quale specie cacciabile all’interno dei distretti già individuati per i cervidi e bovidi, ovviamente limitatamente alle aree non vocate. Tale forma di caccia, per la funzione che assolve, non interferirebbe con altri criteri di svolgimento metodologico rivolti verso la specie come la braccata o altre forme di contenimento (art. 37), ma sarebbe solo una ulteriore possibilità di contenere la specie in aree dove non dovrebbe essere.

Caccia di selezione ai cervidi:
la caccia per la stagione 2014/2015 si aprì con 21 giorni di ritardo rispetto a quanto previsto dal calendario Regionale. La stagione 2015/2016 si è aperta con oltre un mese di ritardo; il parere Ispra sui piani predisposti ha praticamente decretato l’inutilità dei censimenti in battuta effettuati anche quest’anno dai selecontrollori. Infatti si è assistito a tagli consistenti dei pianti di abbattimento elaborati dai tecnici, che hanno raggiunto anche il 50% di quanto proposto.
Su questo tema sono varie le considerazioni da fare, la prima riguarda i censimenti, può essere vero che dopo 25 anni che vengono svolti alla stessa maniera possono mostrare qualche lacuna nel rappresentare correttamente la consistenza delle popolazioni di cervidi presenti sul territorio. Due sono secondo noi i motivi che mettono in crisi le modalità di censimento adottate fino ad oggi. La prima riguarda il capriolo ed il fatto che questo animale ha mutato profondamente abitudini, anche a causa della predazione che subisce dal lupo. Non è più l’animale che staziona nell’ecotono di margine affacciandosi negli spazi aperti solo per brucare. Oggi si assiste a gruppi numerosi che vivono costantemente negli spazi aperti, vigneti, campi coltivati a mais o girasole, frutteti, etc. Questi animali sfuggono totalmente ai metodi di censimento portati avanti fino ad oggi.
L’altra motivazione su cui vogliamo portare l’attenzione è che nei censimenti in battuta la ricerca forzosa di tendere al 10% di bosco battuto in aree fortemente boscate (la sola atc 17 ha 51000 ha di bosco) ha portato all’effettuazione di battute enormi, anche superiori ai 100 ha, con il risultato che i battitori sono molto lontani fra loro e l’azione è poco efficace e può portare a sottostime notevoli.

Riteniamo pertanto opportuno avviare colloqui con l’Ispra al fine di individuare forme più efficaci di censimento che potrebbero essere, solo a titolo di esempio, censimenti in battuta su battute piccole, max 50 ha, in modo da avere la certezza del conteggio anche se su aree più ridotte; censimenti da punti fissi di osservazione; transetti notturni con il faro, etc.

Certo è che se le forme di censimento rimanessero quelle attuali i selecontrollori avrebbero tutte le ragioni per astenersi dal farli in quanto, come già detto, l’Ispra stesso non li tiene in considerazione per i pareri che rilascia.

Riguardo ai piani di abbattimento rileviamo che dopo oltre venti anni di esperienza che ha visto le popolazioni di capriolo espandersi su tutto il territorio provinciale trovando, negli ultimi anni, una stabilità nella consistenza pur in presenza di abbattimenti che oscillavano fra il 75 e l’85% dei piani di abbattimento assegnati, l’Ispra non ha minimamente preso in considerazione l’esperienza sviluppatasi in Toscana imponendo un calendario venatorio basato su un calendario biologico peraltro non allineato alla nostra realtà territoriale.

Il nuovo calendario ha portato immediatamente gli abbattimenti ad un forte crollo numerico con percentuali di attuazione dei piani di abbattimento di poco inferiori al 50% come risulta chiaramente dalla tabella seguente che riassume i dati dei tutti i distretti dell’ATC 17 e dell’ATC 18.

tab1.png

In qualche sede si tende ad ipotizzare che questa situazione sia dovuta al mancato sforzo venatorio dei selecontrollori. Non sappiamo su quali dati si basino queste teorie, ma dai dati in nostro possesso, di non facile reperimento, che riguardando i distretti Montagnola e Val di Feccia dell’ATC 17 (vedi tabella seguente) si rileva immediatamente che lo sforzo venatorio si è ridotto di pochissimo con le uscite per cacciatore che dopo una lieve diminuzione iniziale sono tornate quasi allo stesso livello di prima dell’adozione del calendario biologico. Mentre è chiarissimo che è aumentato sostanzialmente il numero di uscite necessarie per abbattere un animale passate da circa 6,5 a circa 10. Fatto che comporta costi per viaggi all’appostamento non più da tutti sostenibili.

DISTRETTO MONTAGNOLA, ATC SI 17

tab2.png

C’è anche da rilevare che l’allungamento del calendario ha ben poco effetto. Infatti (a parte i ritardi nell’apertura della caccia imputabili all’Amministrazione Provinciale) in concomitanza con altre forme di caccia gli animali divengono più guardinghi ed è noto da sempre che già con l’inizio delle prove dei cani (terza domenica di agosto) gli abbattimenti divengono drasticamente più rarefatti. Si può immaginare cosa succede quando è aperta la caccia alla migratoria, alla stanziale e al cinghiale in battuta, praticamente uscire per vedere un cervide è sostanzialmente inutile.

Detto quanto sopra riteniamo che il sistema migliore per tornare a gestire correttamente i cervidi sarebbe quello di tornare ad adottare un calendario venatorio più uniforme che preveda dal 1 agosto alla terza domenica di settembre e dal 1 febbraio al 15 di marzo la possibilità di cacciare tutte le classi di età e di sesso.

Qualora questo non fosse possibile riterremmo opportuno apportare al calendario vigente le seguenti modifiche:
- dal primo giugno rendere cacciabili per il capriolo i maschi giovani e le femmine sottili, per il daino ed il cervo solo le sottili, evitando di aprire ai maschi adulti di capriolo subito prima del periodo riproduttivo;
- dal 1 agosto aprire a maschi fusoni di cervo e di daino;
- dal 15 agosto aprire anche ai maschi di capriolo, anziché dal 1 giugno come ora previsto;
- dal 1 settembre femmine adulte di capriolo
- dal 1 febbraio rendere cacciabili anche i maschi di capriolo, in particolare per la stagione in corso 2015/16, quando per effetto dei ritardi dell’Amministrazione Provinciale si è ridotta a circa 50 gg, ma a causa della concomitanza delle prove dei cani e dell’apertura della caccia alla stanziale il periodo di caccia reale si è ridotto a 15 giorni, silenzio venatorio compreso.

Riteniamo infine che con un’esperienza ultra ventennale i distretti siano abbondantemente in grado di valutare autonomamente i capi abbattuti. Si richiede quindi che alle CSO dei distretti (o a persone ben individuate facenti parte dei selecontrollori del distretto) sia delegato il controllo dei capi abbattuti.
Questo anche perché si richiede ai selecontrollori di tenere i capi nel congelatore per diversi mesi con innegabili disagi.

Terminiamo augurandoci che si proceda ad una profonda revisione del disciplinare sulla caccia di selezione che preveda norme semplici e certe e che consenta ai selecontrollori di poter contare su norme certe e stabili.

Non è più ammissibile che tutti gli anni ci siano delle revisioni delle regole e che il calendario vari di anno in anno solo causa l’inefficienza delle strutture pubbliche.

IL COORDINAMENTO PROVINCIALE PER LA CACCIA DI SELEZIONE

Alessandro Semplici
Lanfranco Saveri
Claudio Calusi
 
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