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Non è una questione di opinioni personali ma di dati oggettivi. Se un determinato territorio ospita tot animali se ne possono prelevare X.
Quelli che restano sono il numero ottimale che detto territorio può sopportare idealmente. Poi è chiaro che se questi arrecano danni i contadini ti chiedono di eliminarli, ma allora la gestione assume un altro aspetto. Tutto dipende da cosa si intende.
Fare battute su battute per ridurre ai minimi i cinghiali ad esempio non è gestione, o meglio è un aforma di gestione con finalità molto particolari.
Diciamo che la specie cinghiale lo "consente" perchè per quanto tu li cacci non riuscirai mai ad eliminarli completamente. Anche così però le popolazionoi che restano sono destrutturate e dal punto di vista gestionale di una popolazione "sana" sbagliate.
La stessa tecnica non si può applicare ad altri ungulati, come caprioli, daini o cervi, più sensibili al prelievo e al disturbo venatorio in genere.
Cioè, tralasciando l'aspetto etico, si può fare tutto ma bisogna avere ben chiaro cosa si vuole ottenere come risultato:
- popolazioni selvatiche "sane"? Il prelievo deve esser mirato e preciso, consentendo pochi margini di errore
- salvaguardare le coltivazioni? Si preleva come e quando capita fino ad arrivare volendo all'eradicazione del selvatico interessato
Personalmente ritengo la seconda una ipotesi insostenibile. La collaborazione con gli agricoltori si deve applicare studiando magari soluzioni che consentano di alleggerire comunque la pressione dei selvatici sulle coltivazoni senza ricorrere all'abbattimento. Ce ne sono diverse, dai recinti elettrificati alla creazione di campi a perdere lontani dalle coltivazioni principali. Il discorso è ovviamente complesso. Io non sono un tecnico faunistico. Dico solo, da cacciatore, che la soluzione non può e non deve essere solamente abbattiamone di più.
Quelli che restano sono il numero ottimale che detto territorio può sopportare idealmente. Poi è chiaro che se questi arrecano danni i contadini ti chiedono di eliminarli, ma allora la gestione assume un altro aspetto. Tutto dipende da cosa si intende.
Fare battute su battute per ridurre ai minimi i cinghiali ad esempio non è gestione, o meglio è un aforma di gestione con finalità molto particolari.
Diciamo che la specie cinghiale lo "consente" perchè per quanto tu li cacci non riuscirai mai ad eliminarli completamente. Anche così però le popolazionoi che restano sono destrutturate e dal punto di vista gestionale di una popolazione "sana" sbagliate.
La stessa tecnica non si può applicare ad altri ungulati, come caprioli, daini o cervi, più sensibili al prelievo e al disturbo venatorio in genere.
Cioè, tralasciando l'aspetto etico, si può fare tutto ma bisogna avere ben chiaro cosa si vuole ottenere come risultato:
- popolazioni selvatiche "sane"? Il prelievo deve esser mirato e preciso, consentendo pochi margini di errore
- salvaguardare le coltivazioni? Si preleva come e quando capita fino ad arrivare volendo all'eradicazione del selvatico interessato
Personalmente ritengo la seconda una ipotesi insostenibile. La collaborazione con gli agricoltori si deve applicare studiando magari soluzioni che consentano di alleggerire comunque la pressione dei selvatici sulle coltivazoni senza ricorrere all'abbattimento. Ce ne sono diverse, dai recinti elettrificati alla creazione di campi a perdere lontani dalle coltivazioni principali. Il discorso è ovviamente complesso. Io non sono un tecnico faunistico. Dico solo, da cacciatore, che la soluzione non può e non deve essere solamente abbattiamone di più.