A un mese e mezzo dal suo rilascio, grazie al collare GPS-GSM che permetteva di monitorarla nei suoi spostamenti, è stata trovata morta a Sassoleone, nel comune di Casalfiumanese, per una ferita inferta da un cinghiale. Grazie a questa esperienza importanti operazioni di monitoraggio sulla presenza dei lupi nel nostro territorio.
Tutto è cominciato il 9 giugno scorso, quando una lupa si era rifugiata allo stremo delle forze nel recinto delle pecore dell’Agriturismo Sasso Rosso, a Monte Venere, nel comune di Monzuno (BO).
Grazie alla sensibilità dei proprietari, che hanno contattato tempestivamente il Centro Recupero Monte Adone per aiutarla, la lupa Lilith, un giovane esemplare di circa 2 anni, in collaborazione con la Polizia Provinciale di Bologna era stata soccorsa e trasferita presso la sede del Centro stesso dove, nei successivi 3 mesi e mezzo, è stata curata e riabilitata.
Dopo un complesso iter riabilitativo, il 23 settembre Lilith era tornata libera e grazie all’accordo di collaborazione formalizzato tra il Centro Recupero Monte Adone, la Provincia di Bologna e il Wolf Apennine Center del Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, era stata regolarmente monitorata nei suoi spostamenti grazie un radiocollare satellitare GPS – GSM, dotato di meccanismo drop off (sganciamento automatico), fornito a titolo gratuito dal Wolf Apennine Center.
A seguito del parere favorevole dell’I.S.P.R.A. (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Lilith era stata liberata in prossimità del luogo di ritrovamento, per consentirle di riassociarsi al branco di origine qualora si trattasse di un lupo territoriale e non in dispersione. Grazie alla fondamentale collaborazione tra il W.A.C., gli operatori del Centro Recupero Monte Adone e la Polizia Provinciale di Bologna, sono state portate avanti importanti operazioni di monitoraggio sul territorio (fototrappolaggio, telemetria da terra, sopralluoghi, wolf-howling) che avevano permesso già all’inizio di ottobre di “catturare” Lilith in alcune immagini video che hanno consentito di constatare le sue ottimali condizioni di salute, il suo comportamento del tutto schivo nonché la presenza stabile di altri lupi nel territorio da lei occupato, un elemento che poteva essere favorevole al suo reinserimento oppure ad un suo graduale allontanamento in cerca di un territorio libero.
In una prima fase la lupa ha compiuto spostamenti piuttosto limitati, occupando un’area di pochi kmq intorno al sito di rilascio. Nella seconda fase, coincidente con le ultime settimane, ha iniziato a compiere movimenti a lungo raggio, dai 5 ai 20 km circa (stima minima basata sul collegamento diretto tra successive localizzazioni GPS).
Il 6 novembre il collare GPS-GSM di cui era dotata Lilith, come da programmazione, ha inviato via e-mail le localizzazioni dell’animale relative ai primi giorni di novembre, purtroppo però non portando buone notizie.
Le ultime localizzazioni mostravano uno spostamento consistente di alcune decine di chilometri della lupa, dalle zone di Monzuno attraverso il territorio di Monghidoro, fino alla zona di confine con la Toscana per arrivare nel comune di Casalfiumanese dove, in prossimità della S.P. 21 che va da Sassoleone e Giugnola, la lupa Lilith era deceduta.
I collari GPS-GSM sono strumenti molto precisi e, oltre alla localizzazione dell’animale sono in grado di rilevarne anche il decesso, qualora questo rimanga immobile per oltre 6 ore; in questo caso forniscono la possibilità di ritrovare con precisione l’esemplare morto senza lasciare dubbi interpretativi sui dati registrati. La mortalità viene infatti comunicata ai gestori del radiocollare tramite una e-mail di allerta che riporta come oggetto: “Rilevato evento di mortalità”.
Ricevuto il messaggio e trasformati i dati inviati dal collare della lupa, il WAC ha avvisato tempestivamente il Centro Monte Adone che, dopo aver allertato la Polizia Provinciale di Bologna, si è subito attivato per il recupero della carcassa.
La lupa si trovava a poche decine di metri dalla strada provinciale e, grazie alle precise localizzazioni e all’ausilio dell’attrezzatura per il radiotracking, intorno alle 18 è stata trovata accucciata sotto ad un fitto cespuglio. La folta pelliccia di Lilith, ormai invernale, non mostrava più alcun segno degli interventi chirurgici dei mesi precedenti e lo stato di nutrizione era ottimale. Controllando con attenzione il corpo, gli operatori del Centro hanno notato subito una profonda lacerazione tra il collo e il petto. Le radiografie, unitamente all’esame necroscopico effettuato l'8 novembre presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Bologna, hanno escluso lesioni riconducibili a colpi d’arma da fuoco, avvelenamento o ad un incidente stradale, ed hanno evidenziato come la lacerazione presente fosse compatibile con una ferita inferta da un cinghiale. La morte della lupa Lilith non è quindi riconducibile ad un incidente stradale, né ad un episodio di bracconaggio. Dopo alcuni giorni di digiuno dovuto al lungo spostamento effettuato, nella lotta per la sopravvivenza Lilith ha avuto semplicemente la peggio.
Il dispiacere è sicuramente stato grande e per chi conosceva la sua storia. Tuttavia queste sono le leggi della Natura, a cui Lilith è tornata a rispondere dopo il suo rilascio.
Quello ottenuto è stato un risultato molto importante, anche in considerazione delle scarse informazioni che si hanno sul destino degli animali recuperati e rilasciati in natura, soprattutto dopo una riabilitazione così lunga e complessa.
A seguito della ricomparsa e soprattutto dell’aumento dell’areale di distribuzione della specie, verificatosi lentamente nel corso degli ultimi venti anni, il rinvenimento di lupi in cattivo stato di salute, feriti o avvelenati è diventato un evento sempre più comune in Appennino settentrionale. Tali eventi consentono la raccolta di informazioni relative a fattori di maggiore vulnerabilità per la specie, fondamentali per poter sviluppare efficaci programmi di conservazione. In questi casi l’efficacia e la tempestività degli interventi sono necessari per poter intervenire adeguatamente. In particolare, nel caso di un lupo ferito, la rapidità e l’adeguatezza dell’intervento sono fattori fondamentali per il potenziale recupero dell’esemplare allo stato naturale. D’altra parte, il recupero e l’eventuale liberazione di un esemplare di lupo ferito richiede l’integrazione di competenze e professionalità diverse: all’indispensabile professionalità del medico veterinario esperto nella cura di animali selvatici, devono essere associate le competenze di biologi che monitorano la popolazione sul territorio e che sono in grado quindi di utilizzare informazioni aggiuntive, quali ad esempio la presenza di nuclei familiari stabilmente presenti e a cui il lupo possa appartenere, che consentano di massimizzare il successo di una reintroduzione in natura, stabilendo tra le altre cose anche quale sia il momento ed il luogo migliore per la liberazione.
Su questo fronte, il caso della lupa Lilith ha indiscutibilmente dato avvio a una preziosa collaborazione tra soggetti diversi (pubblici e privati) che, superando con determinazione la frammentazione e i confini delle competenze istituzionali, consentirà senza alcuna ombra di dubbio anche in futuro altri interventi di soccorso a lupi in difficoltà nell’area dell’Appennino tosco-romagnolo.