L’importanza del recupero nella gestione degli ungulati

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Il recupero di un capo ferito fa parte di quella cultura venatoria che al momento e' l'unica ad essere tollerata dalla maggioranza delle persone. Ed e' bene anche sia l'unica.
 

Alberto 69

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Nel nuovo scenario venatorio, determinato dal forte incremento della caccia agli ungulati selvatici, che sono una risorsa rinnovabile patrimonio della collettività, il cane da traccia appare come l’ausiliare più importante. Risulta infatti, indispensabile, per motivazioni sia di carattere etico, che economico, recuperare il maggior numero possibile di animali eventualmente feriti nelle azioni di prelievo.
Il cacciatore ha il dovere etico e morale di porre fine alla vita del capo cacciato nel modo più rapido possibile, non cagionando immotivata sofferenza nel selvatico, in quest’ottica, il recuperatore ha la medesima missione, raggiungere l’animale ferito e finirlo nel più breve tempo possibile per porre fine alle sue sofferenze, la necessità di una sinergia, tra cacciatore e recuperatore, non può che apparire palese ed incontestabile.
Il cacciatore che ferisce un animale non è un cacciatore scadente, ma lo è quel cacciatore che non verifica con attenzione l’esito dei propri colpi o che non chiede l’intervento di un binomio cane-recuperatore abilitato, una volta stabilito di aver ferito il selvatico.

PERCHE’ E’ NECESSARIO INTERVENIRE CON UN BINOMIO ABILITATO SECONDO LE NORMATIVE VIGENTI?
Per svolgere l’attività venatoria generica, che comporta l’utilizzo di un’arma da fuoco, serve un’abilitazione, analogamente per il prelievo selettivo degli ungulati serve un’ulteriore, ed ancor più specifica, preparazione valutata da un apposito esame. Seguendo questo ragionamento, l’utilizzo del cane da traccia per la ricerca della selvaggina ferita, in quanto attività specialistica, e per la sua particolarità, riguardando animali menomati e sofferenti, richiede binomi abilitati e sufficientemente testati.
L’atto del recupero non è la semplice tracciatura, di una emanazione odorosa, che può essere improvvisata da un qualsiasi cane a patto che sia della razza “giusta”. La componente genetica predispone il cane al lavoro, ma l’addestramento ne affina le doti e permette il suo impiego in quasi tutte le condizioni.
Il conduttore deve essere, lui stesso, addestrato in modo preciso per poter addestrare al meglio il proprio cane e per compiere tutte quelle operazioni che permetteranno al suo ausiliare di risolvere la traccia fino al capo ferito. L’abilitazione è vitalizia, i corsi permettono di acquisire le conoscenze di base per affrontare l’addestramento del cane e, successivamente l’attività di recupero. Questi corsi sono organizzati da quasi tutte le province e scuole faunistico-venatorie.
L’abilitazione del cane è nè più e nè meno la verifica delle attitudini e del livello di addestramento del cane, simula il ferimento e la successiva fuga di un selvatico ferito e valuta, attraverso esercizi di ubbidienza, il grado di affinità del binomio, dunque appare chiaro che un cane che non supera un tale test non può e non deve nè “tentare”, nè riuscire a recuperare alcunchè!
Non esistono motivazioni valide per giustificare l’intervento sul territorio di un conduttore e/o di un cane non abilitati, ed è compito dello stesso cacciatore (se vuole avere un minimo di sicurezza di entrare in possesso del suo capo), sincerarsi di avere di fronte un binomio abilitato.
 
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