marconet ha scritto:
Che coraggio che ha avuto Panorama.... apprezzabilissimo.... chissa' adesso come saranno bombardati da costui compreso le querele.... immagino gia' finanza etc.... in sede....
Eppure Panorama dice una grande verita'.... quest'uomo non solo non puo' essere ministro dell'ambiente (de che?????) ma nemmeno puo' stare a governare..... le strade vanno fatte .... la gente muore!!!!!!!
La soluzione io l'avrei.... a zappare....!!!!!! e a raccogliere i rifiuti che lasciano i suoi amici quando vanno a zonzo per i boschi a far girare i marroni ai cacciatori...... Fuori dalle balle Pecora......

Infatti il caro pecorone non ha perso tempo, ha già replicato sul suo sito all'articolo di Panorama.

:arrow: http://www.pecoraroscanio.it/
 
klint65 ha scritto:
marconet ha scritto:
Che coraggio che ha avuto Panorama.... apprezzabilissimo.... chissa' adesso come saranno bombardati da costui compreso le querele.... immagino gia' finanza etc.... in sede....
Eppure Panorama dice una grande verita'.... quest'uomo non solo non puo' essere ministro dell'ambiente (de che?????) ma nemmeno puo' stare a governare..... le strade vanno fatte .... la gente muore!!!!!!!
La soluzione io l'avrei.... a zappare....!!!!!! e a raccogliere i rifiuti che lasciano i suoi amici quando vanno a zonzo per i boschi a far girare i marroni ai cacciatori...... Fuori dalle balle Pecora......

Infatti il caro pecorone non ha perso tempo, ha già replicato sul suo sito all'articolo di Panorama.

:arrow: http://www.pecoraroscanio.it/

Oddio, ho aperto il link del sito del Pecorozzo e quasi quasi svengo...c'è la sua foto in primo piano! Bah... :twisted:
 
C

ciromenotti

il «sòla» che ride I veti di quest’uomo ci costano 40 miliardi. Storia di un ministro che sarebbe da rottamare


L’INCHIESTA

il «sòla» che ride I veti di quest’uomo ci costano 40 miliardi. Storia di un ministro che sarebbe da rottamare

DENISE PARDO

Alfonso Pecoraro scanio Energia, rifiuti, lavori pubblici: su ogni proposta per modernizzare l’Italia, il «vu’ parlà della politica» ripete il suo no e coltiva elettori. Ma adesso non ne possono più, nemmeno i suoi amici.




In ballo, 40 miliardi di euro. Il 3 per cento del prodotto interno lordo, la somma di tre o quattro Finanziarie. Una cifra iperbolica. Un megatesoro per dare uno scatto di modernità all’Italia imbrigliata? No, una cifra in negativo. È il calcolo salatissimo, elaborato in uno studio dell’Enel, sull’analisi dei dati della Agici finanza d’impresa, di quello che può costare al Paese la politica del non fare. E questo solo per il settore energia. Ma se a questa valutazione si aggiungono quelle dello smaltimento rifiuti e delle autostrade, il gruppo presieduto da Fulvio Conti prevede che nel 2020 i costi del non fare, del non fare ora, toccheranno la vetta di 200 miliardi di euro. Secondo l’Anas, l’Italia rinuncia a circa 36 miliardi in termini di occupazione e di reddito a causa delle opere stradali bloccate.

Conti spaventosi da recapitare a vari indirizzi. Ma soprattutto a uno: quello dell’inquilino del ministero dell’Ambiente, il verde ridens Alfonso Pecoraro Scanio. Il più formidabile vu’ parlà della politica italiana. Il leader che da anni guida, arringa ed esalta il popolo del Sole che ride, affiancando e cavalcando politiche locali antitutto. L’uomo che entra in un’ipnosi del terzo tipo più che per l’orso bruno per una telecamera di un qualunque tg.

Le ricadute della sua dialettica a base di superlativi e catastrofismo (due gli intercalare prediletti nei confronti di grandi opere, energia, emergenza rifiuti: il no o, nella versione più ispirata, «la soluzione è un’altra») stanno facendo pagare al Paese un prezzo esorbitante. Per esempio, la questione Tav: l’esclusione dalla legge obiettivo della tormentata linea ferroviaria Torino-Lione a cui stanno lavorando il presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, e il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, ambedue a favore, può mandare in fumo il miliardo e passa che arriva dall’Unione Europea. Ancora una cifra da capogiro. E sebbene Pecoraro, almeno mediaticamente, sembri pronto ad avallare le possibili varianti, a livello locale il fronte del no capeggiato dai suoi Verdi non sembra mollare la presa.

Costi del non fare, tempi del non fare. Solo per la Via, la valutazione di impatto ambientale delle grandi opere, e la Vas, valutazione ambientale strategica, il ministero di Pecoraro prevede quasi tre anni fra studi, verifiche, controlli. Un lasso di tempo che ha mandato su tutte le furie il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, impegnato in una battaglia contro la politica conservatrice del suo collega all’Ambiente. Gli 860 giorni di Vas e Via crucis previsti da Pecoraro gli sono sembrati un tempo da Medioevo.

L’intenzione è di ridurli a meno di 300: «Se per il Paese è essenziale la tutela dell’ambiente, allo stesso modo lo è lo sviluppo: l’uno non può andare a danno dell’altro. Ma ritardi pretestuosi e strumentalizzazioni politiche spesso fanno lievitare i costi delle opere alle stelle» commenta il leader dell’Italia dei valori.

E dire che una settimana prima delle elezioni Pecoraro si era messo in testa ben altro cappello. Tanto da lanciare in un’intervista il progetto di un piano da 110 miliardi di euro per infrastrutture, arrivando persino a dire sì ai «satanici» rigassificatori, «purché assolutamente sicuri». «Noi non siamo quelli del no» aveva dichiarato. «Ne diciamo uno ogni dieci». Cosa gli era successo? Aveva ecceduto nel sidro? Un’insolazione in un collaudo di pannelli solari? Macché. Allora era nell’aria la possibile candidatura al dicastero dei Lavori pubblici. Incassato, invece, l’Ambiente, Pecoraro Scanio era ridiventato Pecoraro Scanio. E il balletto dei rigassificatori è ricominciato. Almeno in pubblico.

Esempio: arrivato alla conferenza sull’ambiente a San Rossore, il ministro aveva rassicurato, in privato, il presidente della Toscana Claudio Martini sul suo ok a inceneritori e rigassificatori di Livorno e Pisa. Nel giro di due minuti un esterrefatto Martini assisteva alla totale bocciatura della linea energetica della Regione da parte del ministro salito sul palco e in clamoroso dietrofront davanti al pubblico di comitati del no e a Beppe Grillo.

Risultato: Martini finisce per rivolgersi al governo chiedendo uno stop ai veti, aprendo la lunga lista degli aspiranti di un Pecoraro Scanio chansonnier, guardiano del faro, viticoltore nella Napa Valley... tutto fuorché ministro dell’Ambiente. Tanto che a un certo punto il Consiglio dei ministri arriva a prendere in esame l’ipotesi di avocare a sé la competenza per l’autorizzazione ai rigassificatori. Visto anche il cincischiare del ministero, non intenzionato a dare una risposta sul problema entro i 90 giorni previsti dalla legge.

Ma, annusata la mala parata, l’abile Pecoraro presenta le valutazioni sui rigassificatori. Senza sforare nei tempi, ma senza le integrazioni richieste. Come da copione verde, l’ok viene negato. E si ricomincia daccapo. Così, nonostante la volontà e l’impulso del ministro Pierluigi Bersani, che si era impegnato a sbloccare la situazione, ora sono fermi almeno nove progetti di impianti, da Porto Empedocle a Rovigo. Costo del non fare? Quasi 6 miliardi di euro. Quasi una Finanziaria.

No ai rigassificatori che alleggerirebbero la dipendenza italiana dai gasdotti russi e algerini, favorendo l’approvvigionamento da altri paesi, con la possibilità di contrattare sul prezzo. No al nucleare. Altolà a tutto tondo dall’ambientalista un po’ confusionario che confonde le mucche con i tori, dice la leggenda, e si impiccia a decifrare i dati sul cambiamento climatico in Italia, dice la cronaca, facendo sobbalzare fisici di chiara fama come Franco Prodi. Invece su questioni come il nucleare ambientalisti di razza come Ermete Realacci, fondatore di Legambiente, deputato della Margherita e presidente della commissione Ambiente della Camera, hanno ormai ben altre posizioni.

Il 18 settembre, infatti, Realacci ha ottenuto dal Parlamento il via libera a una mozione che impegna il governo sulle proposte della relazione approvata dalla commissione a proposito di cambiamenti climatici. Dove si chiede, senza giri di parole, che le politiche di settore non siano confinate solo all’Ambiente ma si allarghino alla platea dei ministri. Come dire: non può decidere soltanto Pecoraro. Sottolinea Realacci: «Non si può pensare di vivere nel paese dei campanelli, i problemi ci sono e vanno affrontati».

Anche continuando la ricerca sul nucleare e sul carbone pulito, come è scritto nella relazione e come ha proposto anche Bersani, facendo venire i sudori freddi a Pecoraro. È ovvio che l’uso del carbone e le sue polveri sottili vadano studiate con grande cautela, ammettono i vari soggetti impegnati nella tenzone. Ma perché molte case nel centro di città come Roma hanno ancora il riscaldamento a carbone e nessun verde si è stracciato finora le vesti per questo? Intanto il non fare le centrali al carbone ci costa tra i 4 e i 7 miliardi di euro. Quasi una Finanziaria. Ancora una volta.

Entusiasta dell’idrogeno e del fotovoltaico, perfino sull’eolico, Pecoraro nicchia. Non sarà perché Carlo Ripa di Meana e l’associazione Italia nostra sono contrari? E l’integerrimo padre padrone dei Verdi, che all’ultimo congresso, per stoppare l’ex senatore Fiorello Cortiana alla presidenza del partito ha innalzato, ad assise aperta, il numero di firme necessarie per la candidatura, è bene attento a non scontentare i suoi referenti in termini di voti.

Secondo gli albergatori di Napoli, rispetto al 2006 quest’anno c’è stato un calo del turismo del 25 per cento. Non solo a causa dei problemi legati alla sicurezza ma anche per l’emergenza rifiuti che ha fatto il giro del mondo. Quattro, 5 tonnellate da smaltire, da addebitare alle varie amministrazioni che si sono alternate nella regione campana, terra natale e brodo di coltura del leader dei verdi. E dove su discariche e termovalorizzatori, piccoli paesi in rivolta, si è consumato lo strappo tra Pecoraro e Guido Bertolaso.

Il 15 ottobre il prefetto di Napoli Alessandro Pansa, commissario per i rifiuti, presenterà il nuovo piano. Ma il disastro che riguarda buona parte del territorio del Sud è stato ulteriormente complicato dai gruppi ambientalisti, aperti a soluzioni placebo, sordi a quelle definitive.

Nel fantastico mondo al negativo di don Alfonso, non c’è solo l’altolà alla Tav, al traforo del Brennero (sul tunnel ferroviario, c’è stato il replay della scena di San Rossore, questa volta con il presidente della Provincia autonoma di Bolzano), al Mose di Venezia. La lista delle opere che non riescono a vedere la luce è lunga quanto la coda di un coccodrillo marino.

All’Anas, snocciolano l’elenco delle infrastrutture soggette a critiche e a opposizioni di gruppi ambientalisti che rallentano o bloccano le procedure della Via (in alcuni casi c’è anche il problema del ritrovamento di reperti archeologici). E, certo, la linea di Pecoraro di dare sempre ascolto alle posizioni della sinistra radicale e dei gruppi locali, sollecitando la pancia della protesta anche a fini elettorali, non aiuta. In lista d’attesa, nodi e snodi stradali fondamentali, dall’autostrada Brescia-Bergamo-Milano e tangenziale est esterna di Milano alla Pedemontana Lombarda, dalla Tirreno-Brennero alla Mantova-Cremona, alla Orte-Ravenna-Venezia, alla Palermo-Agrigento, al Passante nord di Bologna...

L’Italia dei paradossi: i soldi ci sono e sono stati stanziati. Ma senza la Via i progetti non partono, non si aprono i cantieri, non si crea occupazione. In questo caso a quanto rinunciamo in termini di lavoro e di reddito? A circa 36 miliardi di euro, segnala l’Anas.

Secondo i dati dell’Ance, l’associazione costruttori, il governo ha aumentato gli stanziamenti per le infrastrutture (solo per la Tav più 19 per cento), ma le opere pubbliche continuano a calare. Perché?

Ferma restando la nota serie di lentezze burocratiche su cui bisognerebbe intervenire in fretta, il dito viene puntato ancora una volta sulla Via. Spiega Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance: «Un pezzo del mondo politico rappresentativo di una minoranza del Paese ritiene che lo sviluppo sia non fare sviluppo. Anche per le opere considerate prioritarie basta un movimento di opposizione locale a cristallizzare tutto, in nome dell’ambiente. Con un danno infrastrutturale ed economico. Non solo perché le imprese non lavorano e gli edili stanno a casa. Anche per l’effetto sulla vita delle persone. A volte basterebbe una strada in più per evitare a un lavoratore di Bergamo che lavora a Milano di alzarsi alle 4 del mattino a causa delblocco sulla tangenziale».

Antonio Di Pietro non si dà pace. Per la sua resistenza alla linea oltranzista dei Verdi è accusato di fiancheggiare posizioni del centrodestra, anche per non aver bloccato i progetti avviati dal precedente governo. «La modernizzazione del Paese non deve conoscere colori politici, non succede in nessun paese civile» dice. Rivendica di aver fatto un enorme lavoro facendo partire gli appalti del 2005 e del 2006 e avendo utilizzato anche i fondi del 2007. «Il danno sull’indotto provocato dai veti continui è terribile. Ogni appalto ha contenziosi, ricorsi al tar, pareri legali contro pareri legali. Sprechi di denaro inauditi. Dio non voglia che, lungo il percorso di un’opera, si trovi un laghetto con due cigni e due papere. Per aggirarlo si deve studiare una variante e prevedere un nuovo percorso che viene a costare altre centinaia di milioni di euro. E poi magari loro, i Verdi, festeggiano con un buon pranzo a base di papere. Anzi canard, come li chiamano con snobismo ambientale».

Intanto l’orologio corre. E se i Verdi non decideranno di interpretare in modo moderno la sostenibilità, in cui oltre all’ambiente si prendono in considerazione economia e società, il loro servizio al Paese non sarà stato utile a nessuno. Alla fine la politica ambientalista ne uscirà sconfitta. E se la tendenza non verrà
 
L' avevo letta anch'io....ma come farà la gente a votare queste persone?????aiuto!!!!il mondo va a rotoli...comunque per fortuna che ci sono giornali come panorama che hanno il coraggio di dire le cose come stanno...o almeno..circa..perchè secondo me stanno ancora peggio...
 
Che coraggio che ha avuto Panorama.... apprezzabilissimo.... chissa' adesso come saranno bombardati da costui compreso le querele.... immagino gia' finanza etc.... in sede....
Eppure Panorama dice una grande verita'.... quest'uomo non solo non puo' essere ministro dell'ambiente (de che?????) ma nemmeno puo' stare a governare..... le strade vanno fatte .... la gente muore!!!!!!!
La soluzione io l'avrei.... a zappare....!!!!!! e a raccogliere i rifiuti che lasciano i suoi amici quando vanno a zonzo per i boschi a far girare i marroni ai cacciatori...... Fuori dalle balle Pecora......
 
Io mi domando come ha fatto un partito come i verdi con un 1% possa avere un suo rappresentante ministro, e soprattutto di tale importanza. :? :? :? e un ministro che è palesemente di parte, Un ambientalista non può e non dovrebbe assolutamente essere ministro dell' ambiente. :( :( :( :( :(

Povera Italia :cry: :cry: :cry:
 
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