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12/08/2013
Legambiente è coinvolta sino al collo nella green economy più speculativa e spregiudicata attraverso un insieme di soggetti imprenditoriali e lobbystici. Così, in palese conflitto di interessi deve dichiarare che è tutto "ambientalmente corretto".
di Michele Corti
Nel giorno in cui gli sversamenti di una centrale a biogas nelle Marche distruggono l'ecosistema del fiume Chienti (e arrivano all'Adriatico determinando il divieto di balneazione sulla spiaggia di Porto Sant'Elpidio bandiera blu di Legambiente), esce online un articolo del responsabile agricoltura di Legambiente che bacchetta le amministrazioni locali e regionali (in particolare, ironia della sorte, la Regione Marche) perché "da pavidi ed ignoranti" si lasciano condizionare dal movimento antibiomasse. Una triste parabola per degli "ambientalisti"
Beppe Croce, responsabile agricoltura di Legambiente, ha pubblicato su QualEnergia (giugno/luglio) con il titolo "Non nel mio tubo", poi online con il titolo "Biogas, opposizione dei comitati e opportunità per il territorio" (data 8 agosto) un interessante articolo che in piccola parte corregge ma sostanzialmente ribadisce l'opzione biogassista di Legambiene. La versione online contiene qualche cosina di più, un interessante "riconoscimento" all'attivismo del movimento antibiomasse (prima ignorato). Ora
"Lo sviluppo del biogas in Italia ha suscitato, soprattutto nell’ultimo anno,polemiche molto accese. In ogni Regione sono sorti comitati e recentemente si è creato in Umbria anche un coordinamento nazionale contro il biogas, Terre Nostre, molto attivo tramite vari blog, si veda per esempio sgonfiailbiogas.blogspot.com. (...) È un fenomeno che sta condizionando le scelte di molti amministratori regionali e locali che, un po’ per ignoranza un po’ per pavidità, adottano politiche dello struzzo nei confronti delle rinnovabili."
Che le regioni siano condizionate dai Comitati pare un riconoscimento eccessivo. La realtà è che sono tutt'ora condizionate dalla potente lobby. Ma perchè Legambiente deve giocare la carta del "più realista del re", perché deve addirittura tirare le orecchie alle regioni e alle amministrazioni che "si fanno condizionare dai Comitati"?
Croce si dimostra particolarmente indignato per le Linee guida sulle aree inidonee alla realizzazione delle centrali a biogas della Regione Marche. Va detto che Croce è stato sfigato perché quando è apparso online il suo articolo dell' 8 agosto i titoli delle pagine web relative al biogas su google parlavano a raffica del più grave incidente sinora occorso in Italia ad una centrale a biogas con uno sversamento che è arrivato al mare facendo dichiarare il divieto di balneazione sulle spiagge di Civitanova Marche e Porto Sant'Elpidio bandiera blu di Legambiente ma, cosa che è più grave, distruggendo l'ecosistema fluviale del Chienti per un lungo tratto con morie di pesce ed effetti che saranno duraturi. Se la satira politica non fosse di regime ce ne sarebbe di materia....
Nella sola provincia di Macerata sono già tre le centrali a biogas protagoniste di episodi di inquinamento di corpi d'acqua superficiali. Un dato certamente legato alle caratteristiche idrografiche della regione: numerose brevi valli che scendono al mare. Si aggiunga che in estate la portata dei fiumi è molto scarsa e il danno è servito. Chi volesse sostenere che le centrali a biogas non sono un pericolo per l'ambiente dovrebbe anche riflettere sul forte aumento di episodi di inquinamento delle acque superficiali che si è avuto in Germania in seguito alla proliferazione degli impianti a biogas.
Croce sa bene anche che mentre gli inquinamenti dei corpi idrici superficiali difficilmente passano inosservati (per le morie dell'ittiofauna), quelli più subdoli ma certamente più diffusi a carico degli acquiferi sotterranei nessuno li vede sino a quando le concentrazioni di nitrati nelle acque potabili sfondano la soglia di legge. I tanti comitati che si oppongono alle centrali hanno constatato e in molti casi documentato e denunciato innumerevoli casi di spandimento ripetuto di notevoli volumi di digestati in condizioni stagionali, colturali del tutto inidonee a consentire l'utilizzo dei nitrati da parte delle piante e tali invece da favorire la lisciviazione. Troppo scomodo e costoso riportare il tanto decantato "digestato",(che anche per l' "ambientalista" Croce è "meglio del letame tradizionale") a restituire un po' di fertilità ai lontani campi da cui provengono le biomasse. E così si spargono dove è più comodo. Il fatto è che, come Croce sa benissimo gli incentivi italiani per il biogas sono i più alti d'Europa (anche dopo la modulazione) e che la logica di chi investe nel biogas è quella del massimo guadagno possibile, della speculazione. Una volta che si entra in questa logica si punta ad ogni ulteriore taglio dei costi necessari per una gestione che garantisca sicurezza e tutela dell'ambiente.
Legambiente lo fa per "salvare il pianeta"? Meglio credere a Babbo Natale
Qualcuno, di fronte ai disastri del biogas, crede veramente che i legambientini insistano nel difendere le fiabe delle "energie pulite", "delle emissioni zero"per pura, limpida, profonda, cristallina coscienza etico-ambientale? Che credano alle favole che raccontano sulle "rinnovabili", Kyoto, la CO2 risparmiata (sulla carta con giochi di prestigio "scientifici"). Sappiamo tutti che è più probabile l'ipotesi della reale esistenza di Babbo Natale.
Se non fosse per gli interessi diretti nel settore (con le varie associazioni non a scopo di lucro, Esco, partnership, partecipazioni societarie) la posizione di Legambiente da "ultimi giapponesi" del biogas parrebbe scomoda e strana. Ma essa si spiega perfettamente con il suo essere diventata una galassia di scatole cinesi managerial-imprenditoriali-affaristiche al cui interno l'organizzazione di massa, il brand principale, è diventato in larga misura solo una chiave di accreditamento presso le amministrazioni pubbliche (in particolare quelle "amiche") e altri soggetti. La pseudo organizzazione di massa (gestita in franchising) deve essere tenuta in piedi per perpetuare la finzione di una mission ambientalista, comodo pretesto di tante iniziative e strumento di convenienti "conflitti di interesse" e di operazione di concorrenza sleale verso soggetti di puro business (a suo modo più onesti).
fonte: ruralpini.it
Legambiente è coinvolta sino al collo nella green economy più speculativa e spregiudicata attraverso un insieme di soggetti imprenditoriali e lobbystici. Così, in palese conflitto di interessi deve dichiarare che è tutto "ambientalmente corretto".
di Michele Corti
Nel giorno in cui gli sversamenti di una centrale a biogas nelle Marche distruggono l'ecosistema del fiume Chienti (e arrivano all'Adriatico determinando il divieto di balneazione sulla spiaggia di Porto Sant'Elpidio bandiera blu di Legambiente), esce online un articolo del responsabile agricoltura di Legambiente che bacchetta le amministrazioni locali e regionali (in particolare, ironia della sorte, la Regione Marche) perché "da pavidi ed ignoranti" si lasciano condizionare dal movimento antibiomasse. Una triste parabola per degli "ambientalisti"
Beppe Croce, responsabile agricoltura di Legambiente, ha pubblicato su QualEnergia (giugno/luglio) con il titolo "Non nel mio tubo", poi online con il titolo "Biogas, opposizione dei comitati e opportunità per il territorio" (data 8 agosto) un interessante articolo che in piccola parte corregge ma sostanzialmente ribadisce l'opzione biogassista di Legambiene. La versione online contiene qualche cosina di più, un interessante "riconoscimento" all'attivismo del movimento antibiomasse (prima ignorato). Ora
"Lo sviluppo del biogas in Italia ha suscitato, soprattutto nell’ultimo anno,polemiche molto accese. In ogni Regione sono sorti comitati e recentemente si è creato in Umbria anche un coordinamento nazionale contro il biogas, Terre Nostre, molto attivo tramite vari blog, si veda per esempio sgonfiailbiogas.blogspot.com. (...) È un fenomeno che sta condizionando le scelte di molti amministratori regionali e locali che, un po’ per ignoranza un po’ per pavidità, adottano politiche dello struzzo nei confronti delle rinnovabili."
Che le regioni siano condizionate dai Comitati pare un riconoscimento eccessivo. La realtà è che sono tutt'ora condizionate dalla potente lobby. Ma perchè Legambiente deve giocare la carta del "più realista del re", perché deve addirittura tirare le orecchie alle regioni e alle amministrazioni che "si fanno condizionare dai Comitati"?
Croce si dimostra particolarmente indignato per le Linee guida sulle aree inidonee alla realizzazione delle centrali a biogas della Regione Marche. Va detto che Croce è stato sfigato perché quando è apparso online il suo articolo dell' 8 agosto i titoli delle pagine web relative al biogas su google parlavano a raffica del più grave incidente sinora occorso in Italia ad una centrale a biogas con uno sversamento che è arrivato al mare facendo dichiarare il divieto di balneazione sulle spiagge di Civitanova Marche e Porto Sant'Elpidio bandiera blu di Legambiente ma, cosa che è più grave, distruggendo l'ecosistema fluviale del Chienti per un lungo tratto con morie di pesce ed effetti che saranno duraturi. Se la satira politica non fosse di regime ce ne sarebbe di materia....
Nella sola provincia di Macerata sono già tre le centrali a biogas protagoniste di episodi di inquinamento di corpi d'acqua superficiali. Un dato certamente legato alle caratteristiche idrografiche della regione: numerose brevi valli che scendono al mare. Si aggiunga che in estate la portata dei fiumi è molto scarsa e il danno è servito. Chi volesse sostenere che le centrali a biogas non sono un pericolo per l'ambiente dovrebbe anche riflettere sul forte aumento di episodi di inquinamento delle acque superficiali che si è avuto in Germania in seguito alla proliferazione degli impianti a biogas.
Croce sa bene anche che mentre gli inquinamenti dei corpi idrici superficiali difficilmente passano inosservati (per le morie dell'ittiofauna), quelli più subdoli ma certamente più diffusi a carico degli acquiferi sotterranei nessuno li vede sino a quando le concentrazioni di nitrati nelle acque potabili sfondano la soglia di legge. I tanti comitati che si oppongono alle centrali hanno constatato e in molti casi documentato e denunciato innumerevoli casi di spandimento ripetuto di notevoli volumi di digestati in condizioni stagionali, colturali del tutto inidonee a consentire l'utilizzo dei nitrati da parte delle piante e tali invece da favorire la lisciviazione. Troppo scomodo e costoso riportare il tanto decantato "digestato",(che anche per l' "ambientalista" Croce è "meglio del letame tradizionale") a restituire un po' di fertilità ai lontani campi da cui provengono le biomasse. E così si spargono dove è più comodo. Il fatto è che, come Croce sa benissimo gli incentivi italiani per il biogas sono i più alti d'Europa (anche dopo la modulazione) e che la logica di chi investe nel biogas è quella del massimo guadagno possibile, della speculazione. Una volta che si entra in questa logica si punta ad ogni ulteriore taglio dei costi necessari per una gestione che garantisca sicurezza e tutela dell'ambiente.
Legambiente lo fa per "salvare il pianeta"? Meglio credere a Babbo Natale
Qualcuno, di fronte ai disastri del biogas, crede veramente che i legambientini insistano nel difendere le fiabe delle "energie pulite", "delle emissioni zero"per pura, limpida, profonda, cristallina coscienza etico-ambientale? Che credano alle favole che raccontano sulle "rinnovabili", Kyoto, la CO2 risparmiata (sulla carta con giochi di prestigio "scientifici"). Sappiamo tutti che è più probabile l'ipotesi della reale esistenza di Babbo Natale.
Se non fosse per gli interessi diretti nel settore (con le varie associazioni non a scopo di lucro, Esco, partnership, partecipazioni societarie) la posizione di Legambiente da "ultimi giapponesi" del biogas parrebbe scomoda e strana. Ma essa si spiega perfettamente con il suo essere diventata una galassia di scatole cinesi managerial-imprenditoriali-affaristiche al cui interno l'organizzazione di massa, il brand principale, è diventato in larga misura solo una chiave di accreditamento presso le amministrazioni pubbliche (in particolare quelle "amiche") e altri soggetti. La pseudo organizzazione di massa (gestita in franchising) deve essere tenuta in piedi per perpetuare la finzione di una mission ambientalista, comodo pretesto di tante iniziative e strumento di convenienti "conflitti di interesse" e di operazione di concorrenza sleale verso soggetti di puro business (a suo modo più onesti).
fonte: ruralpini.it