Oggi è il 1 marzo 2015 ed è l'onomastico di:

Sant' Albino di Angers - Vescovo

Auguri a tutti quelli che si chiamano così!

Capiamo chi era..

Albino di Angers in francese: Saint-Aubin (470 circa – Angers, 1 marzo 550) è stato un abate e vescovo francese. Considerato santo dalla Chiesa cattolica, è ricordato il 1º marzo.

Nato da una nobile famiglia gallo-romana a Vannes, in Bretagna, Albino fu monaco e poi abate per venticinque anni a Tincillac (o Cincillac), da identificarsi con Théhillac, presso Guérande (o a Nantilly, nei pressi di Saumur) dal 504. Nel 529, Albino fu eletto, contro la sua volontà, vescovo di Angers.

Come vescovo, condusse una campagna contro i matrimoni incestuosi, come quelli che si verificavano tra i membri della nobiltà. Partecipò ai Concili di Orléans del 538 e del 541 dopo aver ottenuto l'autorizzazione dal re Childeberto. Albino cercò e trovò il sostegno di Cesario di Arles, dopo aver visto il lassismo degli altri vescovi.

La tradizione vuole che abbia aiutato tutti coloro che erano in difficoltà, anche utilizzando i fondi diocesani per riscattare gli ostaggi dai pirati. Secondo un'altra tradizione, egli si scontrò con il re Childeberto, che aveva imprigionato una donna di nome Etherie, di una località vicino Angers; impossibilitato a garantire la sua liberazione, Albino andò a trovarla in prigione, e il soldato che cercò di opporglisi cadde morto ai suoi piedi. Questo fatto impressionò il re che permise ad Albino di liberarla.

Un'altra leggenda racconta che una volta Albino pregò fino a notte per alcuni uomini imprigionati nella Torre di Angers. Improvvisamente una grande pietra crollò dal muro, permettendo loro la fuga.

Albino morì nel 550 e fu sepolto nella chiesa di Saint-Pierre a Angers. Nel 556 gli venne dedicata una chiesa e il suo corpo fu sepolto nella cripta. Vicino a questa chiesa sorse un'abbazia, chiamata Saint-Aubin.

San Gregorio di Tours parla del culto di sant'Albino, che si diffuse in tutta Europa, rendendolo un santo molto popolare durante il medioevo. Venanzio Fortunato, quasi contemporaneo a lui, ha scritto una vita di questo santo. Diverse chiese furono dedicate a lui in tutto il continente: in particolare in Polonia, dove è il santo protettore dagli attacchi dei pirati. Questo potrebbe essere basato sulla tradizione che ricorda che Albino liberò dei parrocchiani che erano stati presi prigionieri dai pirati navigando sul fiume Loira. In seguito la tradizione è stata rafforzata da un miracolo registrato nel X secolo, quando la città murata di Guérande, vicino alla foce della Loira, pregò sant'Albino di aiuto ed essi trovarono i loro aggressori miracolosamente sconfitti.

Nel Medioevo, Nicholas Belfort, un canonico regolare nel monastero di San Giovanni Battista dalla città di Soissons, ha descritto dettagliatamente i miracoli compiuti presso la tomba di St. Aubin dopo l'anno 1000.

È ricordato come difensore dei poveri e dei prigionieri.

La ricorrenza di San Albino si celebra il 1º marzo. Nel Martirologio Romano: "Ad Angers nella Gallia lugdunense, ora in Francia, sant’Albino, vescovo, che biasimò con forza i costumi superbi dei potenti e con impegno promosse il III Concilio di Orléans per il rinnovamento della Chiesa".
 
Oggi è il 2 marzo 2015 ed è l'onomastico di:

San Quinto Il Taumaturgo

Auguri a tutti quelli che si chiamano così!

Capiamo chi era..

Il nome deriva dal latino Quintus e significa "il quinto nato". Fa parte della stessa gamma di nomi di Primo, Secondo, Terzo, Quarto, Sesto, Settimo, Ottavio, Nono e Decimo

E’ considerato martire per i supplizi ricevuti anche se come s. Giovanni Evangelista, dopo averli sopportati morì in pace di vecchiaia.
Nativo della Frigia da un famiglia cristiana, si portò in Eolide e qui si dedicò all’assistenza dei poveri. Il governatore Rufo, al tempo dell’imperatore Aureliano (270-275), cercò di costringere Quinto a sacrificare agli idoli secondo i decreti imperiali, ma poi lo lasciò libero perché era stato liberato dall’ossessione demoniaca in merito alle preghiere dello stesso Quinto.
I sinassari greci raccontano che questo avvenne nella città di Cime, dove un terremoto abbatté le statue e il tempio degli idoli, mettendo in fuga quanti erano lì presenti. Quaranta giorni dopo il suo rilascio, Quinto fu di nuovo arrestato da un altro magistrato Clearco, più intransigente di Rufo e sottoposto a torture, ma Dio lo guarì immediatamente dalle ferite, visto ciò fu di nuovo rilasciato e non ci si occupò più di lui.
Poté continuare così il suo ministero risanando i malati e venendo in aiuto dei poveri per altri dieci anni, morì nel 280-85 circa.
Nome piuttosto diffuso fra i Romani e indicava il “quinto figlio”: quintus.


Autore: Antonio Borrelli
 
Oggi è il 3 marzo 2015 ed è l'onomastico di:

Santa Cunegonda - Imperatrice

Auguri a tutti quelli che si chiamano così!

Capiamo chi era..


Cunegonda (Lussemburgo o castello di Gleiberg presso Gießen, 978 circa – Kaufungen, 3 marzo 1039) chiamata anche Cunegonda di Lussemburgo, fu imperatrice di Germania e fu proclamata beata e santa.

Figlia di Sigfrido, primo conte di Lussemburgo e di Edvige di Nordgau, discendente in linea diretta da Carlo Magno, sposò nel 998 Enrico IV, duca di Baviera, che divenne imperatore (Enrico II) e fu anch'egli canonizzato. Alla morte di Ottone III, che non aveva eredi, Enrico, il 6 giugno 1002, fu incoronato re di Germania da Willigis, arcivescovo di Magonza. Cunegonda venne incoronata regina due mesi più tardi a Paderborn. Secondo una certa tradizione, ella, d'accordo col marito, fece voto di virginale continenza.

Secondo il cronista loro contemporaneo, Rodolfo il Glabro, Enrico, dopo aver constatato la sterilità della moglie, non volle ripudiarla, come gli consentiva il diritto matrimoniale germanico, e per il grande amore che aveva per essa e per la comunanza di ideali di vita religiosa che li univa, preferì rinunciare ad avere degli eredi al trono pur di continuare a vivere insieme a lei. Questo, probabilmente, fece nascere intorno a loro la leggenda del cosiddetto “matrimonio virginale di San Giuseppe”.

Alla morte del papa Sergio IV, Enrico e Cunegonda scesero a Roma e diedero il loro sostegno all'elezione di Benedetto VIII contro la fazione di Crescenzio, furono poi incoronati imperatori dal nuovo papa il 14 febbraio 1014. Nel 1007 avevano fatto costruire la cattedrale di Bamberga, che dedicarono a san Pietro e a san Giorgio e un'abbazia benedettina dedicata a san Michele, che poi furono consacrate da Benedetto VIII in persona. Cunegonda con la sua dote costruì poi un secondo monastero dedicato a santo Stefano ed un terzo nel 1021 a Kaufungen, vicino Kassel, per religiose, dedicato alla Santa Croce, per adempiere ad un voto fatto durante una grave malattia da cui era guarita

Come era tradizione dell'epoca, partecipò al governo dell'impero, sostituendo anche l'imperatore quando questi andò in guerra contro vari signori ribelli, come il cognato Federico conte di Lussemburgo, Enrico duca di Baviera o l'arcivescovo di Metz. Dopo la morte del marito, avvenuta il 13 luglio 1024, per quasi due mesi, governò come imperatrice il Sacro Romano Impero, finché il 4 settembre non si insediò il nuovo imperatore Corrado II il Salico.

Nel primo anniversario della morte di Enrico II, avvenuta nel luglio del 1024, Cunegonda, con una solenne cerimonia nel monastero di Kaufungen, si spogliò degli abiti imperiali per vestire quelli monacali. Da quel momento, per quindici anni, si dedicò ad una vita di ascesi, di digiuni e di penitenze, dedicandosi anche a umili lavori manuali e assistendo le consorelle ammalate. Avvicinandosi il momento della sua morte, venne a sapere che le sue consorelle stavano preparando per lei dei sontuosi abiti funebri, ella vietò assolutamente che fossero utilizzati e volle essere seppellita con il suo saio di lana grezza.

Il Martirologio romano fissa la memoria liturgica il 3 marzo.

Cunegonda fu canonizzata il 29 marzo del 1200 da Innocenzo III. La festa si celebra il 3 marzo. A Bamberga si celebravano anche il 29 marzo (anniversario della canonizzazione), il 9 settembre (traslazione delle reliquie) ed il 1º agosto (commemorazione del primo miracolo).

Nella bolla pontificia di canonizzazione è scritto che Cunegonda fu accusata ingiustamente di infedeltà coniugale e che il marito, per provarne l’innocenza, le chiese di sottoporsi pubblicamente all'ordalia del fuoco. La santa accettò e passò a piedi nudi sopra dei vomeri infuocati, senza ustionarsi. L’imperatore, commosso, chiese allora perdono a Cunegonda per aver ascoltato i calunniatori. L'episodio rafforzò la stima e l'amore che univa i due santi coniugi. Nella bolla è riportato anche un episodio miracoloso, di una notte quando, addormentatasi mentre leggeva la Bibbia alla luce di una candela, fu avvolta completamente dalle fiamme, le consorelle accorsero e videro che spense solo tracciando un segno di croce.

Durante la Seconda guerra mondiale avrebbe salvato la città di Bamberga da un bombardamento alleato, suscitando un'improvvisa nebbia che avvolse rapidamente tutta la città.

Nelle raffigurazioni religiose Enrico e Cunegonda sono rappresentati con gli abiti imperiali, la corona sul capo e un giglio in mano, o con il modellino della cattedrale di Bamberga in mezzo a loro. Cunegonda viene anche rappresentata da sola, mentre cammina sui vomeri ardenti. Oppure mentre appende il suo mantello a un raggio di sole, oppure incoronata, con uno scettro nella destra e il modellino della chiesa di Kaufungen nella sinistra.

Fra il 1499 e il 1513, nella cattedrale di Bamberga, lo scultore Thielmann Riemenschneider eseguì i bassorilievi del sarcofago che contiene le reliquie di santa Cunegonda e del marito Enrico II, essi la rappresentano mentre paga i costruttori della cattedrale, mentre distribuisce elemosine ai poveri e mentre si sottopone all'ordalia. Enrico II viene rappresentato mentre viene portato in cielo da san Lorenzo.
 
Oggi è il 4 marzo 2015 ed è l'onomastico di:

San Casimiro (Cracovia, 3 ottobre 1458 – Grodno, 4 marzo 1484) venerato come santo patrono della Polonia e della Lituania dalla Chiesa cattolica, che lo ricorda il 4 marzo.

Auguri a tutti quelli che si chiamano così!

Capiamo chi era..


Casimiro della nobile famiglia dinastica dei Jagelloni, nacque a Cracovia nel Wawel, il famoso palazzo reale della città. Terzogenito di Casimiro IV re di Polonia, e della regina Elisabetta d'Austria, nipote di Ladislao II di Polonia. Suo nonno materno era Alberto II d'Asburgo, Re di Boemia, d'Ungheria, e "Re dei Romani" nel Sacro Romano Impero.

Dall'età di nove anni ricevette la propria educazione da Giovanni Dlugosz, storiografo e canonico di Cracovia, e da Filippo Buonaccorsi (anche conosciuto come Callimachus). A tredici anni gli fu offerto il trono d'Ungheria dalle fazioni avverse al Re Mattia Corvino al momento in carica. Casimiro, inizialmente entusiasta di difendere i territori cristiani dai Turchi, esternò la propria disponibilità in tal senso e si recò in Ungheria per essere incoronato. La sua nomina aveva legittimazione per il fatto che suo zio Ladislao III, Re di Polonia e di Ungheria, era stato ucciso nella battaglia di Varna nel 1444. Appena seppe però della contrarietà del Papa Sisto IV alla sua incoronazione, contrarietà legata all'obiettivo di non accrescere le tensioni già elevate con l'Impero Ottomano, Casimiro fece ritorno nella propria terra polacca.

Suo padre, Re Casimiro IV, iniziò allora ad indirizzarlo verso la politica interna della Confederazione polacco-lituana e sugli affari pubblici del regno e quando suo fratello Ladislao ascese al trono boemo, Casimiro diventò l'erede designato per il trono polacco. Nel 1479 il Re si recò per 5 anni in Lituania, lasciando di fatto il figlio al potere in Polonia. Dal 1481 al 1483 amministrò lo Stato con grande saggezza ed equilibrio. Suo padre nel frattempo cercò di combinare il suo matrimonio con la figlia dell'Imperatore Federico III, ma Casimiro preferì rimanere celibe. Per la sua grande devozione religiosa, si esponeva a frequenti e prolungati digiuni che forse minarono il suo stato di salute. Indebolito nel fisico, fu colpito dalla tubercolosi, dalla quale non riuscì più a guarire. Nel 1484, durante un suo viaggio in terra lituana, morì a Hrodna. I suoi resti mortali furono sepolti a Vilnius, dove sono ancora conservati in una cappella della Cattedrale della città.

L'iter di canonizzazione prese il via nel 1517 quando il vescovo Alberto da Vilnius e Re Sigismondo III inoltrarono la richiesta a Roma, dove Papa Leone X incaricò Monsignor Zaccaria Ferreri di recarsi in Polonia per indagare su tale presunta santità. La documentazione inerente a Casimiro fu inviata da quest'ultimo al Pontefice nel 1520 il quale, secondo una leggenda non supportata da fonti storiche, nel 1521 lo canonizzò. In realtà sia la documentazione sia gli atti della glorificazione di Casimiro (se mai sono esistiti) sono andati successivamente persi. Di Monsignor Zaccaria Ferreri rimane solo una Vita beati Casimiri confessoris dove il Granduca di Lituania ci viene presentato come un giovane integerrimo, sempre pronto ad aiutare il prossimo il cui corpo tuttavia, provato da continue veglie e digiuni, non era riuscito a sorreggere un'anima di tal fatta. Tali riferimenti, di spiccato accento agiografico e come tali storicamente poco attendibili, dimostrano tuttavia l'estremo tentativo da parte della Chiesa cattolica di fornire un modello agli abitanti della Lituania, in cui solo da poco si era affermato il cristianesimo (il nonno di Casimiro, prima della conversione, era infatti di religione pagana).

Chiesa di San Casimiro di Cracovia.
Il culto del santo subì tuttavia un arresto per buona parte del XVI secolo, a causa della penetrazione della fede protestante in Polonia e nel Granducato, per poi tornare a manifestarsi nel secolo successivo, dopo che le tendenze luterane, calviniste e ariane, che inizialmente avevano attecchito nella Confederazione, erano state nuovamente soppiantate dal Cattolicesimo della Controriforma.

Nel 1602 Papa Clemente VIII approvò la festa del santo, sancendone la definitiva canonizzazione, nel 1604 iniziò ufficialmente il culto con l'invio da Roma a Vilnus di uno stendardo con l'effigie di Casimiro. Nel 1621 Papa Paolo V inserì la festa del santo nel messale e nel breviario mentre nel 1636 Papa Urbano VIII proclamò Casimiro patrono ufficiale della Lituania. Nel 1948 Papa Pio XII lo proclamò patrono speciale dei Giovani.

Nel 1907 a Scranton venne fondata a venne fondata la congregazione delle Suore di San Casimiro, per l'assistenza agli emigrati lituani.

Il culto di Casimiro, lungi da restare relegato nei territori facenti un tempo parte della Confederazione polacco-lituana, si è diffuso in tutta la Cristianità, tanto che la Basilica di San Lorenzo a Firenze ne conserva alcuni resti inviati a Cosimo III nel 1667 da un vescovo di Vilnus.
 
Oggi è il 5 marzo 2015 ed è l'onomastico di:

Sant' Adriano di Cesarea - Martire

Auguri a tutti quelli che si chiamano così!

Capiamo chi era..

Adriano di Cesarea (... – Cesarea in Palestina, 5 marzo 309) è stato un giovane cristiano, che subì il martirio sotto Diocleziano e che la Chiesa cattolica considera santo.

Insieme ad Eubulo, nel 309 Adriano rimane vittima di una tra le più feroci persecuzioni cristiane del IV secolo, ad opera dell'imperatore Diocleziano.

Adriano, contravvenendo alle rigide imposizioni imperiali, professò la propria fede cristiana, ricevendo in cambio il martirio "damnatio ad bestias", una definizione latina che stava ad indicare l'essere esposto all'attacco di diverse belve feroci, per poi venire sgozzato da una spada. Condivide il proprio destino proprio con Eubulo, subendo il martirio e divenendo il Santo protettore dei corrieri, festeggiato e ricordato il 5 marzo.

Dal Martirologio Romano: "A Cesarea in Palestina, sant’Adriano, martire, che, durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, nel giorno in cui gli abitanti erano soliti celebrare la festa della Fortuna, per ordine del governatore Firmiliano, fu per la sua fede in Cristo dapprima fu gettato in pasto a un leone e poi sgozzato con la spada."
 
Oggi è il 6 marzo 2015 ed è l'onomastico di:

Sant' Ezio di Amorio - Martire

Auguri a tutti quelli che si chiamano così!

Capiamo chi era..

Ezio è un nome proprio di persona italiano maschile.

Deriva dal gentilizio e poi nome personale latino Aetius; potrebbe essere basato sul greco antico ἀετός (aetòs), "aquila", oppure su αἰτία (aitìa), "causa". Nel primo caso è affine per significato ad Ari, Aquila e Arne.


È diffuso al Nord ed al Centro Italia. È noto per essere stato portato da Flavio Ezio, il generale romano che respinse Attila.

La storia di s. Ezio è inserita nel martirio dei 42 martiri di Amorio nella Frigia. Al tempo dell’imperatore d’Oriente Teofilo l’Iconoclasta (829-842) le scorrerie degli arabi e le battaglie che si effettuavano per arginarne l’invasione in Asia Minore, erano i fatti predominanti della vita dell’Impero.
Ma il 24 settembre dell’838 il mondo cristiano subì l’umiliazione di vedere espugnata dai Saraceni la città di Amorio, che in quell’epoca godeva di particolare splendore, essendo la patria di Michele II imperatore, padre di Teofilo. La caduta fu imputata al tradimento del cristiano apostata Baditze, i saraceni manifestarono tutta la loro ferocia, una moltitudine di soldati e civili fu uccisa senza risparmiare donne e bambini, gran parte della popolazione fu deportata.Furono risparmiati e tradotti in Mesopotamia 42 fra capi militari e alti funzionari della città, sono conosciuti alcuni nomi: Teodoro Cratere, Costantino, Callisto funzionari, Teofilo e Bassoe patrizi, Ezio e Melisseno patrizi e generali.
Essi portati prigionieri in Siria, furono custoditi in prigioni oscure e luride a solo pane ed acqua. Venivano sollecitati continuamente ad apostatare a favore della religione di Maometto e messi a confronto con sapienti musulmani, ma questi tentativi furono vani. La penosa prigionia durò sette anni , finché nel marzo 845 dopo l’ultimo invito risultato negativo furono portati sulle rive dell’Eufrate e lì decapitati da carnefici etiopi.
Nel racconto dello storico bizantino Simora il Logoteta si racconta che fu ucciso anche il traditore Baditze, i loro corpi furono gettati nel fiume, ma i coccodrilli divorarono solo il corpo dell’apostata, mentre gli altri corpi con la testa riunita emersero dalle acque senza essere divorati, i cristiani del luogo li raccolsero e con amore e venerazione gli diedero sepoltura.
Nella vita dell’imperatore d’Oriente Basilio IV il Macedone (867-886) si afferma che nel palazzo reale fu costruito un oratorio in loro onore. Nei menei greci, la memoria dei 42 martiri di Amorio è posta al 6 marzo, giorno della loro morte, nello stesso giorno sono ricordati anche nel Martirologio Romano e in quello siriaco di Rabban Sliba.


Autore: Antonio Borrelli
 
Oggi è il 7 marzo 2015 ed è l'onomastico di:

Santa Felicita - Martire
Santa Perpetua - Martire

Auguri a tutti quelli che si chiamano così!

Capiamo chi era..
​Perpetua (... – Cartagine, 7 marzo 203) e Felicita (... – Cartagine, 7 marzo 203) erano due giovani cristiane che subirono il martirio sotto l'imperatore Settimio Severo (193 - 211) insieme a Saturo, Revocato, Saturnino e Secondino. Sono venerate come sante.

Il resoconto del loro martirio scritto in latino, gli Atti di Perpetua e Felicita, fu scoperto da Luca Olstenio e pubblicato da Pierre Poussines.

I capitoli III–X contengono i racconti e le visioni di Perpetua, i capitoli XI-XIII quelle di Saturo. I capitoli I-II XIV-XXI sono attribuiti ad un testimone oculare poco dopo la morte dei martiri.

Nel 1890 Rendel Harris scoprì un altro resoconto scritto in greco, che ha pubblicato in collaborazione con Seth K. Gifford (Londra, 1890). Molti storici ritengono che questo testo in greco sia l'originale, altri postulano la contemporaneità di entrambi i testi, tuttavia l'ipotesi più accreditata è che il testo in latino sia l'originale e quello in greco una mera traduzione.

Il fatto che Tertulliano sia l'autore di questi Atti non è dimostrato, così come non lo è il fatto che tutti questi martiri o alcuni di essi fossero montanisti. Negli atti non ci sono indicazioni al riguardo.

Secondo alcuni studiosi - come ad esempio Emilio Bossi, - Perpetua e Felicita non sarebbero mai esistite, ma farebbero parte di un numeroso gruppo di personaggi "costruiti" su pre-esistenti festività o usanze pagane allo scopo di trasferirne il culto o l'osservanza verso la nuova religione cristiana. In particolare il nome delle due sante deriverebbe dall'augurio latino "perpetua felicitas".

Secondo la tradizione, la loro passio fu redatta da Perpetua e Felicita stesse e la sua compilazione definitiva fu opera dell'apologista Tertulliano.

In base a questo racconto, Vibia Perpetua, una nobile e colta matrona di Cartagine di ventidue anni, madre di un bambino che ancora allattava, fu arrestata insieme ai suoi servi Revocato, Saturnino, Secondino e Felicita, incinta e in procinto di partorire: erano tutti catecumeni ed erano stati convertiti al Cristianesimo da Saturo.

Nel 202, un decreto dell'imperatore Settimio Severo (193-211) aveva proibito a tutti i cittadini dell'impero di diventare cristiani, chiunque avesse disobbedito sarebbe stato soggetto a pene severe.

Il padre di Perpetua era pagano, mentre sua madre e due suoi fratelli erano cristiani, uno di loro era anche catecumeno. Il terzo fratello, il giovane Dinocrate, morì ancora bambino.

Dopo il loro arresto, e prima di essere condotti in prigione, i cinque catecumeni furono battezzati. Perpetua e Saturo lasciarono dei fedeli e puntuali resoconti delle sofferenze e dei patimenti durante la prigionia, il tentativo del padre di Perpetua di indurla all'apostasia, le loro visioni e tutte le vicissitudini prima della loro esecuzione.

Poco dopo la morte dei cinque martiri, un cristiano zelante ha aggiunto a questi documenti preziosi anche il racconto dell'esecuzione.

Il buio e l'atmosfera oppressiva della prigione spaventarono molto Perpetua, che era anche molto in ansia per la vita del suo bambino. Due diaconi, corrompendo il carceriere, riuscirono a far visita ai prigionieri, alleviandone un po' le sofferenze. Anche la madre ed il fratello catecumeno fecero visita a Perpetua, che poté riabbracciare e nutrire il suo bambino, tenendolo in cella con sé.

Perpetua ebbe anche una visione, in cui saliva su una scala fino a raggiungere un prato verde, in cui pascolava un gregge di pecore. Dopo questa visione, capì di essere prossima al martirio.

Pochi giorni dopo il padre di Perpetua, avendo saputo che il processo stava per avere luogo, si recò in visita alla prigione, supplicando la figlia di non infangare il suo nome, ma Perpetua restò salda nella sua fede. Il giorno seguente i sei catecumeni furono processati dinanzi al procuratore Ilariano. Tutti e sei professarono con forza la loro fede cristiana, il padre di Perpetua, portandole il figlio, tentò nuovamente di indurla all'apostasia, perfino il procuratore fece delle rimostranze verso di lei, ma invano. Perpetua rifiutò di fare sacrifici agli dei per la salute dell'imperatore. Suo padre fu allontanato con la forza dal procuratore e fustigato.

I sei catecumeni furono condannati ad essere sbranati da belve feroci.

Sempre secondo le leggende agiografiche, in una visione Perpetua vide il suo fratellino Dinocrate, morto alla tenera età di 7 anni, dapprima triste e sofferente e subito dopo sano e felice; in un'altra visione vide se stessa impegnata in una lotta vittoriosa contro un etiope selvaggio, le fu subito chiaro che non avrebbe lottato contro belve feroci, bensì contro il diavolo.

Anche Saturo tramandò per iscritto le sue visioni: in una di esse era trasportato insieme con Perpetua da quattro angeli in uno splendido giardino, dove incontrarono altri martiri cristiani, vittime della persecuzione e delle loro stesse sofferenze: Giocondo, Saturnino, Artaio, e Quinto. Nella visione vide anche il vescovo Ottato di Cartagine ed il sacerdote Aspasio che implorarono i martiri per la riconciliazione. Frattanto si stava avvicinando la festa del natale del cesare Geta, in occasione della quale i cristiani condannati dovevano lottare contro bestie feroci, durante i giochi militari, a tal fine vennero trasferiti dalla prigione nell'arena. Il carceriere Pudete che aveva imparato a rispettare i catecumeni, permise ad altri cristiani di far loro visita. Il padre di Perpetua andò a trovarla tentando invano di dissuaderla.

Secundo, uno dei catecumeni, morì in prigione. Felicita, che quando fu arrestata era all'ottavo mese di gravidanza, era persuasa che non l'avrebbero sottoposta al martirio insieme agli altri, dal momento che la legge vietava l'esecuzione di donne incinte. Invece due giorni prima dell'inizio dei giochi diede alla luce una bambina, che venne adottata da una donna cristiana.

Il 7 marzo, durante uno spettacolo castrense per celebrare il compleanno del cesare Geta, figlio di Settimio Severo, i cinque catecumeni furono condotti nell'anfiteatro. In seguito alla richiesta della folla, furono dapprima fustigati, poi un cinghiale, un orso e un leopardo furono aizzati contro gli uomini, ed una mucca selvaggia contro le donne. Feriti dalle bestie feroci si baciarono per l'ultima volta prima di essere uccisi. I loro corpi furono sepolti a Cartagine.

Il culto delle due sante e dei loro compagni martiri ebbe straordinaria e immediata diffusione: sono pervenute anche alcune omelie di Agostino pronunciate proprio in occasione della loro festa. Il loro attributo iconografico è la palma del martirio.

Perpetua e Felicita sono invocate nella litanie dei santi durante la Veglia Pasquale della Chiesa cattolica.

La loro festa venne celebrata, anche al di fuori dei confini dell'Africa, il 7 di marzo: questa data entrò a far parte del calendario filocaliano, cioè quello dei martiri venerati pubblicamente a Roma nel IV secolo. Una meravigliosa Basilica chiamata Basilica Maggiore, fu eretta nel luogo in cui furono sepolti. Pere Delattre proprio in questa Basilica scoprì un'antica iscrizione recante i nomi dei martiri.

Il Rito ambrosiano celebra la il martirio di Perpetua e Felicita il 7 febbraio.

Le reliquie di santa Perpetua, nel 439 all'approssimarsi dell'invasione dei Vandali furono trasferite a Roma, poi da lì, nell'843, dall'arcivescovo di Bourges san Raoul all'abbazia di Dèvres (o Deuvre), a Saint-Georges-sur-la-Prée. Dopo che quest'abbazia fu saccheggiata dai Normanni nel 903, furono trasferite a Vierzon, sul sito dell'attuale municipio. Da lì furono traslate nella chiesa di Notre Dame di Vierzon nel 1807, dove sono state conservate finora. Perpetua è la patrona di Vierzon. Nel 1632 quella città fu gravemente colpita da un'epidemia di peste, gli abitanti allora fecero ricorso a questa santa, portarono in processione le reliquie, e fecero il voto che se la peste fosse cessata, avrebbero incastonato la sua testa in un reliquiario d'argento. La peste effettivamente cessò.
 
Oggi è il 8 marzo 2015 ed è l'onomastico di:

San Giovanni di Dio - Religioso

Auguri a tutti quelli che si chiamano così!

Capiamo chi era..

Giovanni di Dio, al secolo Juan Ciudad (Montemor-o-Novo, 8 marzo 1495 – Granada, 8 marzo 1550), è stato un religioso spagnolo di origine portoghese, fondatore dell'Ordine Ospedaliero detto dei "Fatebenefratelli". Nel 1690 è stato proclamato santo da papa Alessandro VIII.

All'età di 8 anni, assieme a un chierico si allontanò dalla casa paterna e giunse in Spagna, dove ad Oropesa (Toledo) fu accolto dalla famiglia di Francisco Cid, detto “el Mayoral”.

Ad Oropesa trascorse gran parte della sua vita. Fino a 27 anni Juan si dedicò alla pastorizia, poi si arruolò, partecipando come soldato a due battaglie, una prima a Pavia dalla parte di Carlo V contro Francesco I e successivamente contro i Turchi, a Vienna.

Finita la vita militare, finché ebbe soldi vagò per mezza Europa, giungendo fino in Africa a fare il bracciante e poi fece il venditore ambulante a Gibilterra. Infine, nel 1537 si stabilì a Granada e aprì una piccola libreria. Avvertiva già da tempo una grande vocazione per Gesù nell'assistenza dei poveri e dei malati, ma fu allora che Giovanni mutò radicalmente indirizzo alla propria vita, in seguito a una predica di san Giovanni d'Avila.

Attraversò una grande crisi di fede, distrusse la sua libreria, andò in giro per la città agitandosi e rotolandosi per terra e rivolgendo ai passanti la frase che sarebbe divenuta l'emblema della sua vita:
« Fate (del) bene, fratelli, a voi stessi. »
Considerato pazzo, fu rinchiuso nell'Ospedale Reale di Granada, da dove uscì qualche mese dopo rasserenato e intenzionato ad assecondare la sua vocazione religiosa.

Dopo essersi posto sotto la guida di Giovanni d'Avila, si recò in pellegrinaggio al Monastero reale di Santa Maria de Guadalupe e, tornato a Granada, diede inizio alla sua opera di assistenza ai poveri, malati e bisognosi.

Nonostante le diffidenze iniziali, si unirono a lui altre persone, che si dedicarono completamente all'assistenza ai malati. Il suo modo di chiedere la carità era molto originale, infatti era solito dire: “Fate del bene a voi stessi! Fate bene, fratelli!”.

Fondò il suo primo ospedale, organizzò l'assistenza secondo le esigenze di quelli che considerava i ‘suoi' poveri. L'Arcivescovo di Granada gli cambiò il nome in Giovanni di Dio. Si impegnò anche nei confronti delle prostitute, aiutandole a reinserirsi nella società. Morì l'8 marzo 1550.


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