Avete citato, nei giorni scorsi, diversi libri meravigliosi. Ho letto quasi tutti i testi di cui avete parlato e, a suo tempo, divisi gli autori di caccia in due gruppi che per narrazione e qualità lessicali, oltre ad un meraviglioso bagaglio di esperienze apportato anche alla tecnica venatoria di allora, distinsi tra i toscani e i laziali.
Da una parte un trittico che ha fatto sognare la Maremma toscana, descritto le genti che allora popolavano campagne e paludi, raccontato di sofferenze e società contadine di quel tempo. Parlo del marchese Eugenio Niccolini ("Giornate di caccia" e "Altre giornate di caccia"), Vincenzo Chianini ("Fra una caccia e l'altra", "I cacciatori romantici", "Beccacce sul foresto", "In montagna e in Maremma"), Luigi Ugolini ("Storie di caccia in padule e in collina", "La lupa", "Musoduro, memorie di un bracconiere"). Cacciatori e scrittori a tutto tondo, cimentatisi anche in altre forme artistiche del tempo.
I Romani: Tito Pagliari ("Vecchi cacciatori"); Nino Cantalamessa ("Cacciatori si diventa"); l'introvabile Pierino Della Porta ("Caccia sparita") .
Ma anche i cacciatori "prestati" al mondo romano della caccia; Alberto Noghera: "Dal mio diario di caccia" e "Sole di novembre"; Pietro Chilanti, "Un fucile e una capanna". Tutto in un tripudio di cacce legate in particolare alle paludi che si estendevano nell'agro romano e a nord o sud di Roma.
La cosa simpaticissima è che tutti questi autori conoscevano le "gesta" dei loro colleghi e quindi si citavano reciprocamente nei loro testi.
Colacicco, Pediconi e Sacchetti imperversarono tra beccaccini, quaglie ed articoli e libri di caccia.
Giudicherei più "scrittori" i toscani e più pionieri della penna venatica i laziali ma il risultato è che questi signori, nobili o medio borghesi siano stati, ci hanno consegnato una quantità di storie, bozzetti, testimonianze sulla vita rurale del tempo ma anche leggende (Tiburzi) e citazioni da demiurgo che senza alcun dubbio consegnano la materia "Caccia",nelle più ampie sfaccettature, ai posteri e alla storia letteraria.
Per necessità di preservare spazio non ho potuto inserire tanti nomi di tante "Penne" esterne ai due "gruppi" descritti. Autori come Barisoni, Bucciantini, e Broglio appartengono alla caccia vissuta alla stessa epoca degli altri scrittori citati e dai natali delle città del nord.
Con questi, scusandomi per probabili sviste e dimenticanze, si concluse l'epoca dell'epopea della caccia italiana collocata tra la fine dell'ottocento ed esauritasi prima della seconda guerra.
Subito dopo avremo altri entusiasmanti penne, iniziando da Ponce de Leon e Pieroni fino ai più recenti Mazzotti e Celano (quelli a me più graditi).
Achille ? Appena leggerò le sue trame vi saprò dire.