Divina Commedia Venatoria

Depresso e mesto, tenendo gli occhi bassi,
Dal giron di color che mangian cacca,
Il cammin nostro fra gli antichi sassi
Mi porto' ad un rumore di risacca...

Seduti sulla terra in folte schiere,
C'eran dannati intenti a vomitare.
"Sono gli sforatori di Carniere,"
Mi disse il Divo, "e tu non scivolare

Sull'immondo liquam che scaturisce
Dalle bocche di chi non obbediva
Al limite al carniere che impartisce
La giusta autorita' legislativa.

Avidi e ghiotti della selvaggina,
Ne ammazzavano piu' del consentito
E portate le prede alla cucina
Le divoravan con grande appetito.

Ed ora degli eccessi loro fanno ammenda
Rigurgitando tutto cio' che in bocca
Si ficcavan: pranzo, cena e la merenda.
Questo e' cio' che agli ingordi poi qui tocca."

Ed io pensai a tutte quelle volte
Che su un sedil dell'auto mia io ascosi
Le prede in piu', nei panni miei avvolte
Per celare i miei atti vergognosi

Da qualche guardiacaccia assai zelante.
Quale dilemma! Una bocca pien di cacca,
O eterno vomitare tutte quante
Le prede ascose sotto la mia giacca?
 
Dal giron di chi sfora lo carniere,
Passammo poi ad un montano passo.
Bocconi in terra, con nudo il sedere
Scontavano i dannati il contrappasso.

Accanto ad ogni vile peccatore
Giaceva un fonofil da mille ampere
E la voce del falco, dell'astore ,
Del picchio, di poiana, e di sparviere,

Invece dei sasselli e dei bottacci,
Prorompeva violenta fino al piano.
Cosi' chiamati, stormi di uccellacci,
Laceravan dei dannati il deretano.

Con becchi e artigli forti e acuminati.
Il coro dei lamenti era assordante,
Ma quel ch'adopra mezzi si' vietati
Merita tale pena torturante.

"Magistro mio," io dissi a Hemingway,
"Almeno queste cose non le ho fatte.
Percio' fra questi tali io mai sarei,
Non sono reo di queste malefatte."

"Ah, si'?" rispose a questo il Divo Ernesto
"Forse che non ricordi usar gli archetti,
Il vischio, la tua fionda e tutto il resto?
Che Dio l'abbia scordato tu t'aspetti?

Usar mezzi vietati e' tutto uguale,
Non importa con che rubi ai colleghi
Cio' che a loro anche spetta, e' naturale,
Ma tu dei lor diritti te ne freghi!"

(Mo' pe' 'n po' m'ariposo! A domani! A meno che nun me capita che 'n'antro paro de strofe m' 'o faccio addosso!)
 
Da li' noi discendemmo alla pianura
Ma per far prima, lo Magistro mio,
Che di finire il tour avea premura
Giunti sull'orlo d'un ripido pendio

Batte' le mani ed ecco, da una grotta
Con ali nere e con pelliccia roscia
Sbuco' chimera con faccia da mig..tta
Venne da noi e ci mostro' la coscia.

"Questa," mi disse lo mio Cicerone,
"Odia la caccia e dice peste e corna
Dei cacciator. Ed in televisione
Regolarmente a blaterar ritorna.

Ma non aver timore, lei non morde.
Succhia soltanto, e se le dai il tuo perno
Del core suo tu tirerai le corde
Volar lei ti fara' sopra l'Inferno

Per trasportarti a destinazione."
Noi la... montammo e con veloce volo
Lei ci porto' ad un altro girone
Ma il prezzo che pagai fu poi lo scolo.

"Questo e' il girone dei millantatori,"
Disse 'l Magistro mio, al qual son servo,
"Se vanno a caccia e uno storno fan fuori,
Divien lo storno sei magassi e un cervo.

Di questi rei e di ogni loro storia
Ne trovi sempre tanti all'osteria,
E pure al forum della Migratoria
Le loro foto son niente ma bugia.

Per cinque mesi, ad ogni occasione
Un bottaccio od un merlo e' surgelato
E poi alla fine di ogni stagione
L'intero mucchio vien fotografato.

Poi ogni foto su Migra e' pubblicata
E chi le vede dice 'Che Nembrotte!'
Ma quei che ci propinan tal cazzata
Non son altro che figli di mi....tte!

E qui li vedi," prosegui' l'Ernesto
"Ai quali li demoni ognor prometton
Dicendo, 'Non fa male, faccio presto!'
E poscia un membro enorme in cu1 lor metton.

La menzogna proviene dalla bocca
E pare giusto che dal lato opposto
La punizion provenga a chi gli tocca
Ficcandola ben bene in quel tal posto."

Gemono gli bugiardi a pecorone
E poiche' di bugie siam tutti rei
Lasciai in gran fretta tal tristo girone
Non volendomi fare... i ca22i miei!

Anche a me spetteranno, son sicuro
Per avere mentito tante volte
Anche in me ficcheran turpe siluro
Pur come a quelle anime sconvolte.

Guardo' il suo orologio il Divo Ernesto
E mando' un gran sospiro di sollievo.
"Il mio dover di guida scade presto.
Mai in vita o in morte io ebbi tale allievo."

Io mi sentii orgoglioso. "Ma, Ragazzo,"
Ei aggiunse, con tono assai severo.
"Volevo dir che tu non vali un ca220
Come poeta o come passeggero

Fra le pene d'Inferno Venatorio.
Torna a tua casa, torna a scribacchiare
Va a giocare a calcetto all'oratorio,
Ma a me le palle piu' non le scassare!"

Ed ei spari' nella bruma invernale
Lasciandomi cosi', solo e intristito
Ma dalla stessa bruma, qual fanale,
Da una luce benigna fui investito...

(continua, ma non ne sono sicuro)


(Qui finisce il viaggio attraverso l'Inferno Venatorio. Illustrare un "Purgatorio Venatorio" mi sembra ridicolo, in virtu' del nome dalla buffa risonanza, risonanza che impedi' a quasiasi pontefice di terminare l'uso del nome Sisto dopo che i previi cinque Sisti sparirono nella notte dei tempi. Percio' semmai, se mi pungesse vaghezza di continuare questa inane e triviale parodia della eccelsa opera dantesca, passero' direttamente al Paradiso. )
 
Poi ogni foto su Migra e' pubblicata..
...dice 'Che Nembrotte!'
Ma quei che ci propinan tal cazzata
Non son altro che figli di mi....tte!

Tremate...... o voi ca@@ri !?!Ahahahahahaha

"Volevo dir che tu non vali un ca220
Come poeta

Beh....qua' il divo Ernesto poteva esser piu' benevolo : almeno l'impegno...poteva premiarlo.

passero' direttamente al Paradiso.

Ecco....il terzo cantico a 'sto punto e' obbbbligatorio !

Ciao....buona scrittura
 
Chiappe', come ar solito e' corpa tua! Volevi er Paradiso? E mo' te lo becchi. Nun ciavevo un ca220 da fa', oggi, e me so' arimesso ar compiutere e me so' scritto addosso.

Segue IL PARADISO VENATORIO
 
LA DIVINA COMMEDIAVENATORIA. Paradiso e conclusione


Una figura esile, muliebre
Dalla soffusa luce emerse piano.
Era Melissa, cacciatrice celebre!
Melissa Bachman mi prese per mano,

E in dolci toni cosi' fece favella:
"Giovanni, non pensare ai tuoi peccati,
Con me pensa soltanto a quant'e' bella,
La caccia, a tutti i capi incarnierati

In pien rispetto di etica e leggi,
All'albe ed ai tramonti che hai goduto.
Finche' lo schioppo in mano tua tu reggi.
Credimi, l'alma tua noi hai perduto.


Tu vivo sei, ed ancora tu potrai
Mostrare a Iddio il tuo pentimento
Se a caccia bene ti comporterai:
Se limitar carnier ti fa contento,

Se da mezzi illegali ti asterrai,
Se rispetterai tu specie protette,
E mai piu' a caccia chiusa caccerai...
Certo, codeste regole son strette,

Ma il tuo rimorso per il tuo peccare
Rimorso vero, nel core ben sentito,
Portera' certo Iddio a perdonare
Mosso com'e' dal suo amore infinito

Pe' i colpevoli come pe' innocenti."
Cosi' parlo' Melissa, ed ai suoi piedi
Bocconi mi gettai, occhi piangenti,
Mani tremanti... E se, lettor, mi chiedi

Cosa provai 'n quel sommo momento
Quando Dolce Melissa mi sostenne,
Ho una parola sola: Pentimento,
Un pentimento ver, forte e solenne.

Con lei entrai in ascensor divino
Che ci deposito' alle Sacre Porte
Del posto che de' probi e' lo destino.
Ancor pria che incontrassi la mia Morte.

"Guarda quei cacciatori in quel capanno,"
Disse Melissa, puntando con la mano,
"Nessuno in terra alcuno faria danno
A quegli augelli che volano lontano

Cosi' lontan dal loro nascondiglio.
Eppure, guarda, guarda quei bottacci."
Sebbene mi parevan quasi un miglio
Ad ogni colpo cadevan come stracci.

Ma appena poi toccavano il terreno
Risuscitati, riprendeano 'l volare.
"Cosi' volse per loro il Dio sereno
Che per amore tutto puote fare,"

Disse Melissa, e mi porto' piu' avanti,
Dove grandi canizze risuonavan..
Cani alati, volanti ed ululanti
Un verro enorme accaniti incalzavan.

Il verro ad una posta passo' accanto,
Ed un de' postaioli, con un arco
Scocco' un dardo, che a cotenna giunto
Rimbalzo' senza far nel corpo un varco.

Ed il verro, fermatosi di botto
Si giro' verso l'uomo e si inchino'.
"Waidmannsheil!" disse, e riparti' a gran trotto
E verso un'altra posta se ne ando'.

"Anche i cignali," commento' Melissa,
"In Paradiso non e' bene ammazzare.
Qui certo non esiste l'idea fissa
Che uccidere e' lo stesso di cacciare,

E come vedi, collega cacciatore,
Pur se morte non segue la sua azione,
Sorride quel nembrotte con amore
Per la sua preda e la soddisfazione

Di aver messo a bersaglio lo suo strale.
Questa di caccia vera e' pura essenza:
L'uomo non caccia come un animale
Soltanto per riempire la dispensa."

"Melissa mia," diss'io, "saggia tu sei.
Capire in pieno cosa sia la caccia
Ora e' ben fisso nei pensieri miei,
Quel che facevo pria era robaccia,

Indegna di un moderno cacciatore.
Un ver nembrotte ama l'animale,
Non e' soltanto un vile annoccatore.
Chi uccide con piacer non e' normale!"

Era ormai quasi giorno sulla Terra.
Entrammmo noi nel divino ascensore.
Al mondo dei viventi questo atterra
E ci rilascia nel vago chiarore

Di un'alba bella, in gran foresta verde.
"Addio, Giovanni," mi dice Melissa
E fra gli alberi fitti poi si perde...
"IBAL! le grido. "Addio, dolce Melissa.


Ora so senza dubbio che in futuro
Io mai piu' compiro' nefandi atti.
No non voglio finir nel luogo oscuro,
Ove li bracconieri son coatti!


E qui finisce la Divina Commedia Venatoria. Spero che vi sia piaciuta.

E domani vado a caccia. E se si presentasse una bella cerva, bella, ma seguita da uno yearling, sebbene sia perfettamente legale per me abbatterla perche' gli Yearlings sono svezzati da tanto tempo, mi asterro' dal creare un orfano privo dell'insegnamento materno, prima difesa contro coyotes e bobcats. "Fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza." (Dante--Quello verace!)
 
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