- Messaggi
- 397
- Punteggio reazioni
- 698
- Punti
- 238
Cari amici ho avuto il piacere di leggere "A caccia in Aspromonte" l'ultimo libro di Pippo JK6 ovvero Filippo Raco.
Il libro racconta vari episodi di caccia, ma anche di vita - non sempre felici e piacevoli - ma in ogni caso colmi di quella propensione al sacrificio, capacità di adattamento e genialità tipica del nostro popolo.
Si legge tutto di un fiato: i racconti sono così avvincenti che finito uno se ne inizia subito un altro: e non potrebbe essere altrimenti perché alla fine si parla delle nostre emozioni, delle nostre passioni... di ciò che ci piace.
Chi avrà la fortuna di leggerlo vi scoprirà la caccia praticata in un tempo leggendario, di uomini che hanno conosciuto fatiche e sacrifici, ma che hanno vissuto in modo schietto e genuino.
Persone semplici, ma spesso imprevedibili, certamente uniche.
Un tempo senza telefonini, senza internet e senza tecnologia. A caccia non ci si andava con il fuoristrada, i più fortunati avevano la cinquecento, altrimenti la vespa, la bicicletta e, spesso soltanto i piedi.
La gente era più vera, i rapporti umani erano più saldi, le persone erano più povere ma più libere e felici, si respirava ancora un’aria di onestà e di reciproco rispetto - e la chiave di casa veniva sovente lasciata sulla porta.
Il libro, ripercorrendo emozioni tipiche della nostra gioventù, genera in tutti noi più avanti negli anni una certa nostalgia: un tempo d’oro ricco di passione e di selvaggina.
Un tempo in cui il mio caro papà pieno di orgoglio tramandava con gioia le sue esperienze al suo scalpitante figliolo, magari ricordando egli stesso le giovanili emozioni vissute a suo tempo.
Ricordo ancora le mie prime fucilate, le corse a raccogliere le prede.... e il suo sorriso: più felice lui delle mie prime catture di quanto non lo fossi io.
Bei tempi....
In poco più di quaranta anni tutto è cambiato e il mondo sta degenerando velocemente, con sviluppi imprevedibili e ben poco ottimistici.
Mantenere salda la memoria di un tempo in cui il nostro popolo poteva ancora definirsi tale - perché non inquinato come oggi da pensieri e culture che niente hanno a che vedere con la nostra storia, la nostra tradizione e il comune buonsenso - forse un giorno aiuterà qualcuno a ricostruire la nostra patria, a ridarci l'indipendenza che ci appartiene e l'orgoglio di sentirci italiani.
Noi beviamo avidamente dalle appassionanti righe e in poche ore terminiamo la nostra lettura - ma scrivere un libro non è certo impresa facile: il tempo e l'impegno profuso è talmente tanto che solo chi ne ha fatta esperienza se ne può rendere conto.
Per questo caro Pippo non possiamo che ringraziarti per questa tua fatica, che ci ha permesso di fare un tuffo in quello che sicuramente - per molti di noi - è stato un po' del nostro tempo migliore.
Per tutti gli altri un magnifico racconto per conoscere la caccia e la vita in quello che - a mio parere - è stato il periodo più aureo del dopoguerra.
Tutto passa. Siamo ciò che resterà di noi.
Maurizio
Il libro racconta vari episodi di caccia, ma anche di vita - non sempre felici e piacevoli - ma in ogni caso colmi di quella propensione al sacrificio, capacità di adattamento e genialità tipica del nostro popolo.
Si legge tutto di un fiato: i racconti sono così avvincenti che finito uno se ne inizia subito un altro: e non potrebbe essere altrimenti perché alla fine si parla delle nostre emozioni, delle nostre passioni... di ciò che ci piace.
Chi avrà la fortuna di leggerlo vi scoprirà la caccia praticata in un tempo leggendario, di uomini che hanno conosciuto fatiche e sacrifici, ma che hanno vissuto in modo schietto e genuino.
Persone semplici, ma spesso imprevedibili, certamente uniche.
Un tempo senza telefonini, senza internet e senza tecnologia. A caccia non ci si andava con il fuoristrada, i più fortunati avevano la cinquecento, altrimenti la vespa, la bicicletta e, spesso soltanto i piedi.
La gente era più vera, i rapporti umani erano più saldi, le persone erano più povere ma più libere e felici, si respirava ancora un’aria di onestà e di reciproco rispetto - e la chiave di casa veniva sovente lasciata sulla porta.
Il libro, ripercorrendo emozioni tipiche della nostra gioventù, genera in tutti noi più avanti negli anni una certa nostalgia: un tempo d’oro ricco di passione e di selvaggina.
Un tempo in cui il mio caro papà pieno di orgoglio tramandava con gioia le sue esperienze al suo scalpitante figliolo, magari ricordando egli stesso le giovanili emozioni vissute a suo tempo.
Ricordo ancora le mie prime fucilate, le corse a raccogliere le prede.... e il suo sorriso: più felice lui delle mie prime catture di quanto non lo fossi io.
Bei tempi....
In poco più di quaranta anni tutto è cambiato e il mondo sta degenerando velocemente, con sviluppi imprevedibili e ben poco ottimistici.
Mantenere salda la memoria di un tempo in cui il nostro popolo poteva ancora definirsi tale - perché non inquinato come oggi da pensieri e culture che niente hanno a che vedere con la nostra storia, la nostra tradizione e il comune buonsenso - forse un giorno aiuterà qualcuno a ricostruire la nostra patria, a ridarci l'indipendenza che ci appartiene e l'orgoglio di sentirci italiani.
Noi beviamo avidamente dalle appassionanti righe e in poche ore terminiamo la nostra lettura - ma scrivere un libro non è certo impresa facile: il tempo e l'impegno profuso è talmente tanto che solo chi ne ha fatta esperienza se ne può rendere conto.
Per questo caro Pippo non possiamo che ringraziarti per questa tua fatica, che ci ha permesso di fare un tuffo in quello che sicuramente - per molti di noi - è stato un po' del nostro tempo migliore.
Per tutti gli altri un magnifico racconto per conoscere la caccia e la vita in quello che - a mio parere - è stato il periodo più aureo del dopoguerra.
Tutto passa. Siamo ciò che resterà di noi.
Maurizio