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Coronavirus, il caldo può uccidere il virus?
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Giovedì 12 Marzo 2020 di
Mauro Evangelisti2
Coronavirus. Il caldo può uccidere il virus?
Premessa, perché non vi siano fraintendimenti: bisogna restare tutti in casa, rispettare tutte le regole necessarie per rallentare la diffusione del coronavirus che rischia di travolgere il nostro sistema sanitario. Se tutto questo è ben chiaro, si può cominciare con un esame interessante della mappa del contagio.
CORRELAZIONI
In Asia tutti si aspettavano una vasta diffusione del coronavirus in Thailandia, paese in cui la presenza di turisti e uomini d'affari cinesi è massiccia. Invece, a ieri, i positivi segnalati erano appena 59 (70 milioni di abitanti). Temperatura di Bangkok: 34 gradi. Singapore, città-stato con una foltissima comunità cinese ed hub della grande finanza e del business, i positivi sono 178 (5,5 milioni di abitanti). Temperatura di Singapore: 32 gradi. Indonesia, colosso con 270 milioni di abitanti, con mete turistiche frequentate da viaggiatori di tutto il mondo come Bali, numero di positivi: 34. Temperatura di Bali: 31 gradi. Si potrebbe andare avanti ancora a lungo, citando ad esempio il Vietnam, paese confinante con la Cina, dove l'epidemia, almeno per ora, non c'è stata, visto che ci sono appena 38 casi. In sintesi: in Asia, nelle nazioni con le temperature più alte, nonostante le forti connessioni con la Cina, il numero di persone contagiate è ancora sotto controllo. Al contrario, in altri paesi come Corea del Sud e Giappone la situazione è molto tesa, rispettivamente con 7.755 e 567 casi. Temperatura di Seul: 12 gradi. Temperatura di Tokyo: 11 gradi. In sintesi, guardando la mappa del contagio in Asia viene da pensare che il freddo - temperatura di Wuhan massima a gennaio 8 gradi - favorisce il coronavirus, il caldo non lo aiuta. Ecco, ad esempio che in Africa ancora non c'è stato un moltiplicarsi di casi, ecco ad esempio l'Australia ferma a 107 contagiati. Premessa: ci possono essere molte altre spiegazioni.
C'è chi mette in dubbio la trasparenza o anche l'efficacia dei controlli in alcuni dei paesi citati sopra. C'è chi parla di semplice casualità. Ieri durante una diretta Facebook il professor Guido Silvestri, ordinario di Patologia Generale alla Emory University di Atlanta, co-promotore del Patto trasversale per la scienza insieme a Roberto Burioni, rifletteva: «Il fattore climatico è una cosa su cui speriamo molto. Non per ragioni scaramantiche, non perché vogliamo fare degli scongiuri, la mia professoressa del liceo ci richiamava ai gesti apotropaici. In realtà è seriamente possibile più alta freni la diffusione più alta del virus. Ci sono una serie di cose che stanno andando in quella direzione. Ad esempio, la difficoltà che sembra avere il virus ad andare sotto una certa latitudine o raggiungere zone con temperature più alta. Con l'arrivo della bella stagione vedremo, anche se al momento è solo speculazione». Silvestri l'altro giorno aveva anche spiegato: «Speriamo in un andamento stagionale del nuovo agente patogeno, che potrebbe vedere l'epidemia finire o comunque rallentare notevolmente con l'arrivo della bella stagione.
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Che te devo di.......