Erano gli anni d'oro della caccia in Italia fra le due guerre. C'era di tutto, fra penna e pelo, e non bisognava fare lunghi viaggi per cacciare. La selvaggina era ovunque alle porte di Roma, e c'erano mezzi pubblici per raggiungere zone di caccia, oggi naturalmente scomparse sotto uno tsunami di edilizia, autostrade, supermercati, parcheggi, aereoporti. A Campo Salino, oggi chiamato "Fiumicino" anche se non propriamente Fiumicino, a quell'epoca un villaggio di pescatori, i nembrotti romani insidiavano anatre e beccaccini. Vicino Ciampino le allodole "te cecaveno l'occhi," e c'erano pavoncelle, pivieri e storni. Nicola aveva acquistato un fucile monocolpo. Quello che glielo aveva venduto gli disse che era stato un fucile "da caccia grossa" la cui rigatura era stata fresata per trasformarlo in liscio. Forse. Fatto sta che era robustissimo e pesante, con la prima parte della canna, dalla camera di scoppio a un terzo della canna stessa ottagonale, mentre il resto era rotondo. La canna era molto lunga, senza strozzatura. Nicola lo caricava con cartucce calibro 12. Da principio usava ancora la vecchia polvere nera, che costava poco ma faceva una fumata tale, fitta e puzzolente, che non gli permetteva di vedere se il colpo era andato a segno o no. Poi le polveri "senza fumo" scesero di prezzo e Nicola comincio' a caricare le carttucce con queste polveri. Ma sebbene il fumo delle schioppettate adesso si fosse diradato, nuvole scure si stavano addensando sull'Italia. E continuarono ad addensarsi fino al temporale della guerra. Nicola fu chiamato a praticare un tipo diverso di caccia, sulla spiaggia di Nettuno, dove invece di quaglie arrivavano dal mare bombardieri e caccia angloamericani diretti verso bersagli italiani. Nicola era uno dei serventi ad un cannone contraereo. Lo schioppo rimase a dormire in un armadio per parecchio tempo. Poi la situazione si ingarbuglio' :i nemici di una volta diventarono amici, e gli amici di prima si trasformarono in nemici. E questi nemici proibirono agli italiani di possedere qualsiasi tipo di arma, pena la fucilazione. Con la complicita' di un casellante ferroviario della linea Roma-Nettuno, col quale Nicola era andato a caccia parecchie volte, il fucile fu lubrificato bene, avvolto come una mummia in pezze oliate, e seppellito col favore delle tenebre in un orto vicino al casello ferroviario, dove la terra era stata gia' lavorata per coltivare pomidoro e melanzane e non ci sarebbe stata una cicatrice di terra smossa a rivelare il luogo della sepoltura. Finalmente, dopo essere sfuggito a tanti pericoli e a tanta fame, Nicola accolse i Liberatori insieme a sua moglie e suo figlio Claudio. Adesso c'era da leccarsi le ferite: per dare da mangiare alla sua famiglia e a quella di sua moglie, Nicola aveva venduto tutte le sue proprieta' vicino Caivano, e la gia' esigua somma che dovette accettare (vendevano tutti e gli speculatori pagavano poco o niente) se ne era andata per comprare cibo dai borsari neri. Adesso non aveva ne' impiego ne' denaro. Ma la passione per la caccia non gli era passata. Appena gli fu possibile, dopo aver ottenuto un impieguccio statale, prese il treno per Nettuno e ando' a trovare il casellante. Insieme dissotterrarono il vecchio schioppo, timorosi di trovarlo tutto arrugginito. Macche', una volta tolto dal suo sudario e ripulito dal grasso, emerse bello e luccicante come prima. Ma adesso c'era un altro problema. Trovare munizioni, o anche soltanto i componenti delle cartucce era quasi impossibile, soprattutto trovare la polvere da sparo. Il casellante, che ricaricava per risparmiare aveva nascosto in una stalla abbandonata una cassa di bossoli e diversi contenitori di inneschi e qualche sacchetto di pallini, ma niente polvere, che gia' aveva incominciato a scarseggiare al principio della guerra, per poi sparire del tutto.. Pero' quasi ovunque in quella zona potevi trovare munizioni belliche abbandonate sia dai tedeschi in ritirata che dagli Alleati che avanzavano. Nicola e Guglielmo, il casellante, trovarono diverse casse di munizioni inglesi per i moschetti cal. .303. Le portarono al casello e con le tenaglie ne estrassero le pallottole. Ma invece della polvere da sparo che conoscevano trovarono degli "spaghetti." Innescarono una decina di cartucce di cartone del 12 e ci infilarono dentro una piccola matassa di quegli spaghetti, spingendola giu' col calcone. Come borre pressarono entro il bossolo della carta di giornale, come si faceva ai tempi dell'avancarica. I cartoncini li avevano tagliati da scatole di cartone usando un tubo d'acciaio del diametro giusto che avevano affilato ad un'estremita' con una lima. Mettevano la parte affilata del tubo sulla scatola di cartone poggiata su una tavola di legno soffice, e con un paio di martellate sull'altra estremita' del tubo, il cartoncino era fatto, e col manico di una cucchiaia di legno veniva poi spinto fuori dal tubo. Le prime cartucce vennero cosi' caricate. Nicola e Guglielmo uscirono dal casello, sistemarono un'asse di legno per osservare la penetrazione dei pallini spinti dalla matassina di spaghetti usata. Con un po' di trepidazione, ma avendo fede nella robustezza dello schioppo, Nicola sparo' il primo colpo. Le parole "sparo' " e "colpo" non si addicono al risultato. Il suono fu una specie di soffio, come quello di un gatto arrabbiato, niente rinculo, ed un filino di fumo alla volata. Nicola apri' il fucile, e a pochi centimetri dalla camera c'era carta di giornale bruciacchiata. Con una bacchetta spinsero il tutto verso la volata, in un secchio, per recuperare i preziosi pallini. La seconda cartuccia diede risultati piu' incoraggianti. La carica usci' dalla volata, ma il botto era simile a quello di una busta di carta chiusa arrotolandone stretta l'apertura e sbattuta contro il palmo della mano. E stavolta anche i pallini furono perduti--da qualche parte fra volata e l'asse di legno, che non mostrava alcun segno di essere stata investita dal piombo. I due smontarono le rimanenti cartucce, togliendone cartoncini, pallini e "borra" e raddoppiarono la quantita' di spaghetti. Ma una matassina doppia li costrinse a diminuire lo spessore della borra per poter poi caricare una quantita' adeguata di pallini. Stavolta caricarono soltanto tre cartucce. I risultati furono "migliori," nel senso che il rumore era piu' forte e che si vedevano delle macchioline nere sull'asse di legno, ma assolutamente nessuna penetrazione. Ormai stava facendo sera, e Nicola dovette tornare a Roma. Fece promettere a Guglielmo di non continuare gli esperimenti fino alla Domenica prossima, quando lui, Nicola, sarebbe tornato.
La settimana fu insolitamente lunga. Era autunno, ed ogni sera, tornando dall'ufficio, Nicola vedeva branchi di storni che avevano cominciato ad invadere la Capitale. Quanto gli sarebbe piaciuto mettere una schioppettata in una di quelle nuvole di uccellacci neri volteggianti nel cielo e fra gli alberi. Finalmente arrivo' la Domenica. Sbarcato dal trenino, si fece la lunga camminata dalla stazione al casello, e busso' alla porta di Guglielmo. Guglielmo aveva la mano sinistra fasciata ed uno sguardo da cane bastonato. "Nico'," gli disse prima che Nicola avesse tempo di chiedergli l'accaduto, "sono finalmente riuscito a trovare il modo di mettere piu' polvere nelle cartucce. Ho tagliato gli spaghetti a pezzettini e ci ho caricato cinque cartucce. Erano perfette. Guarda." Mostro' a Nicola l'asse di legno, che presentava fori profondi. Sparata anche a un'anatra o a una lepre la cartuccia sarebbe stata micidiale. E la rosata, sparata da trenta metri, era anche bella stretta e ben guarnita, senza vuoti. "Poi invece di sprecare le altre quattro cartucce sono andato alla stalla abbadonata, che e' piena di piccioni inselvatichiti e guarda." E tiro' fuori dalla dispensa tre piccioni stecchiti e senza una macchia di sangue. "E l'ultima cartuccia?" gli chiese Nicola, che gia' pregustava una cacciata col vecchio schioppo. "Nico', mi dispiace. L'ultima cartuccia, l'ultima cartuccia..." Smise di parlare, apri' un armadio e tiro' fuori lo schioppo. L'astina era scomparsa del tutto, e la canna s'era aperta a striscioline a raggera fino quasi dal castello...
Nicola dovette aspettare parecchio prima di poter tornare a caccia. Finalmente, dopo aver risparmiato abbastanza, compro', nel 1948, una Bernardelli Roma nuova fiammante. Ma il ricordo di quel monocolpo col quale aveva incarnierato centinaia di capi non svani' mai, tant'e' vero che quando suo figlio, nato lo stesso anno di quando Nicola compro' la Roma, fu grande abbastanza da capire, Nicola gli racconto' spesso, a casa e poi anche anni dopo, quando cominciarono a cacciare insieme, di quello splendido monocolpo "da caccia grossa" trasformato in schioppo da caccia, finito cosi' tragicamente a causa della Perfida Albione e della sua stramaledetta Cordite.