di Salvatore Fabbricatore
Antonio si gira a fatica nel letto. Il forte dolore alle gambe e la paura di svegliare la sua amata Francesca che, dormendo, gli tiene stretta la mano, lo spinge a non muoversi.
Da settimane il suo corpo è fonte continua di sofferenze. Il sonno che potrebbe lenire i suoi mali arriva sempre meno frequentemente e lui cerca sollievo nei ricordi.
Immagini di una vita: pensieri belli e brutti. Spesso, molto spesso, ricordi di caccia.
È un sabato notte. Quanti ne sono passati nell’attesa dell’alba; prima con suo padre, poi con suo fratello e infine con suo figlio, il suo amato Marco, prima allievo e poi inseparabile ed accanito accompagnatore.
È dicembre, fuori piove e tira vento. È il vento giusto, quello che fa scendere le anatre dal Nord, quello che Antonio ha aspettato per tanti anni in riva al fiume.
Quante avventure insieme al suo Marco. Sin da piccolino. Il primo fuciletto per tirare alle anatre di pezza, i racconti, e, intanto, la passione che cresceva. Una passione grande, peggio di suo padre. Un amore viscerale per la caccia, i suoi paesaggi, le sue emozioni.
Povero Marco, non si è rassegnato all’idea che il suo vecchio padre debba lasciarlo. Ha fatto di tutto per fargli rinnovare la licenza anche quest’anno. Addirittura due uscite di caccia in un’intera stagione. Appena qualche passo, giusto per cercare ancora quelle emozioni e nella vana speranza di un aiuto, nel tentativo di sottrarre il padre a chi voleva portarglielo via.
Antonio adesso pensa proprio a lui, al dolore del figlio che dovrà continuare da solo. Una lacrima amara viene giù, fin quando un forte colpo di vento non lo riporta con il pensiero ad altre avventure.
All’improvviso è lì! Nel letto del fiume, nascosto dietro quel tronco d’albero arrivato da chissà dove. È freddo, molto freddo, ma l’alba profuma di buono.
All’orizzonte, l’oscurità della notte inizia a virare sul blu e le prime anatre ne solcano i colori.
Antonio sente il cuore battere forte, è probabile che tra poco tirerà qualche fucilata pure lui. Due germani in lontananza e Antonio capisce che sono suoi. Si prepara al tiro, che, puntuale, interrompe il volo di un maschio maestoso, che viene giù poco dietro le sue spalle.
Antonio è felice, corre a raccoglierlo. Non sente più alcun dolore, corre come quando, da giovane, sulle colline del monte Poro, tirava alle pavoncelle insieme ai suoi fratelli. Tutte le sofferenze sono passate, sente di poter correre ancora più veloce ed è felice.
La mattina arriva ancora più piovosa e buia della notte. Francesca si sveglia con la mano di Antonio stretta nella sua. Si gira, lo guarda e capisce.
Lo sguardo è sereno, sembra stia dormendo; non c’è più il respiro affannoso della sofferenza. Accarezza con amore la sua fronte, mentre una lacrima gli riga il viso.
Finisce lì!!