ENPA. INOPPORTUNO REFERENDUM SULLA CACCIA

Le maggiori associazioni animaliste ritengano una proposta referendaria contro la legge 157 un pericolo con effetto boomerang indesiderato.

Ecco quanto scrive la Presidente Carla Rocchi.

Care, cari,
in molti ci stanno chiedendo delucidazioni in merito alla contrarietà di ENPA, così come di tutte le maggiori associazioni ambientaliste ed animaliste italiane, all’indire in tempi odierni i referendum contro la caccia, a cui siamo assolutamente contrari e che per questo ci vede impegnati nel suo contrasto, con razionalità, con interventi legali, istituzionali e con capacità di analisi, e con tanta passione.
Siamo consapevoli che si tratta di un messaggio lungo, prometto che ne farò una sintesi, ma vorremmo che tutti foste in grado di comprendere la nostra grande preoccupazione. Grazie.
Modalità.
L’ ENPA, al pari delle maggiori associazioni nazionali con cui quotidianamente lavora proprio sul contrasto all’attività venatoria, NON è stata contattata se non a giochi fatti, ovvero a seguito del deposito dei quesiti. Nessuna discussione preventiva, nessuna valutazione dei rischi, nessun confronto e quindi nessuna strategia condivisa, nessuna analisi sociopolitica né relativa alla sostenibilità, in tempi odierni, per un referendum così importante. Solo dopo molto tempo e a giochi già fatti e decisi, i promotori hanno preteso che ci accodassimo, visto l’enorme impegno che tale iniziativa richiede, sotto ogni punto di vista, e che evidentemente piccole associazioni non riescono a sostenere.
Un referendum non si improvvisa.
Questa vicenda danneggia lo strumento  prezioso di democrazia diretta, che è difficile e complesso: richiede un grande schieramento di forze, organizzazione centrale e periferica, molto denaro, competenze sicure. Un referendum va ben valutato, soprattutto sulle conseguenze   che può  avere il suo fallimento o anche la sua vittoria.
Sostenibilità dell’iniziativa referendaria
I capitali umani ed economici per finanziare questa avventura sono veramente ingenti. Nel referendum del 1990 i Verdi  investirono più di un miliardo di lire, gran parte del finanziamento pubblico dei partiti. Dove sono oggi i  soldi per stampare i moduli, pagare i  cancellieri, pagare spazi pubblicitari, dove sono le migliaia di volontari necessari   per raccogliere  le firme; almeno settecentomila per averne sicure cinquecentomila? Tutto questo in Agosto, in tempi di pandemia? E le altre fasi, come l’acquisizione dei certificati elettorali? Il referendum non è  un gioco.

Qui la lettera aperta di Carla Rocchi con tutte le motivazioni contro il referendum