NIBBIO BRUNO
Milvus migrans (Boddaert, 1783)

Categoria IUCN
Least concern

Tassonomia
Già Falco migrans Boddaert, 1783. Si tratta di una specie politipica con corologia paleartico-paleotropicale-australasiana. Sono riconosciute 6 sottospecie, delle quali 3 nella Regione Paleartica. La ssp. migrans (Boddaert, 1783) è presente in Europa e Nord Africa. La ssp. lineatus (J.E. Gray, 1831) si trova nel Paleartico orientale e in Cina. La ssp. aegyptius (Gmelin, 1788) si trova in Egitto e nell’Africa orientale fino all’Arabia e al Kenya. Nella restante parte dell’areale sono diffuse le altre 3 sottospecie (Cramp & Simmons, 1980).

Distribuzione passata e presente
La popolazione europea ha mostrato segni di diminuzione generalizzata, nonostante in varie situazioni siano stati descritti eventi di incremento locale collegati alle disponibilità alimentari. La tendenza recente è quella di un incremento nelle regioni occidentali e nell’Europa del Nord (Cramp & Simmons, 1980). In Francia la popolazione è aumentata all’inizio del secolo e ora appare stabile (Bijleveld, 1974); in Germania si è verificata una ripresa dagli Anni Trenta (Glutz et al., 1971), così come in Polonia (Bijleveld, 1974),Svizzera (Glutz et al., 1971) e in Spagna, dove sono presenti nuclei molto consistenti (Viñuela, 1992). Viceversa, segnali di declino nel corso della seconda metà del secolo arrivano da Russia, Ungheria, Romania, Yugoslavia, Grecia e Portogallo (Tucker & Heat, 1994).
La popolazione paleartica occidentale occupa un’areale compreso tra l’Africa nord-sahariana a Sud e il 65° parallelo a Nord, con l’esclusione di larga parte della Scandinavia e delle Isole Britanniche, ma rappresenta solo una piccola parte della popolazione mondiale (Brown & Amadon, 1968).
In Italia è presente una consistente popolazione che può essere suddivisa in 4 nuclei principali. Un primo gruppo è legato alle regioni padano-prealpine, un secondo alle regioni collinari steppiche della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria ionica; un terzo alla costiera maremmana toscana e laziale; un quarto alle regioni delle grandi valli fluviali, in particolare Lazio, Umbria e Toscana. Le popolazioni sono, specialmente nell’Italia centro-meridionale discontinue. Assente dalla Sardegna.
In Italia la specie è migratrice e nidificante.

Habitat, Ecologia e Biologia di popolazione
In periodo riproduttivo predilige aree di pianura o vallate montane, sovente vicino a corsi o bacini d’acqua che garantiscono la possibilità di includere pesci nella dieta. La specie è molto adattabile e opportunista soprattutto dal punto di vista trofico. Predilige prede medio-piccole, costituite da soggetti debilitati o carcasse. Frequenta sovente depositi di rifiuti, soprattutto in periodo post-riproduttivo (Newton, 1979). E’ una specie molto sociale, nidificando e alimentandosi in modo gregario.
Habitat: In periodo riproduttivo frequenta aree collinari e di pianura, con boschi misti di latifoglie, di conifere costiere, foreste a sempreverdi mediterranei, coltivi, prati pascoli e campagne alberate. Mostra una netta tendenza a frequentare zone umide quali laghi e bacini di fiumi, e ad alimentarsi presso discariche di rifiuti in prossimità di grandi centri urbani. I nidi sono comunque sempre posti in aree forestate di varie estensioni, sia in pianura che lungo pendii, dal livello del mare a circa 1000 m (Brichetti et al., 1986). Recenti colonizzazioni di ambienti aridi e steppici in Sicilia sono state documentate (Massa, 1985). Durante le migrazioni frequenta un’ampia varietà di ambienti, dalle coste marine fino alla montagna medio-alta (Brichetti et al., 1992).

Dimorfismo sessuale: Sessi simili, con assenza di variazioni stagionali. Il giovane è distinguibile a breve distanza.

Dimensioni della popolazione: A livello europeo sono stimate 75000 – 100000 coppie, di cui i due terzi concentrati in Russia (Galushin, 1991). Contingenti importanti sono presenti in Spagna, Francia e Germania e, secondariamente, in Svizzera, Portogallo e Italia. (Tucker & Heat, 1994).
La popolazione italiana è stimata in 500 – 1500 coppie (Brichetti et al., 1986), di cui 150-200 coppie nel Lazio (Sropu, 1985) e 200-300 in Lombardia (Brichetti & Fasola, 1990). Circa 15 coppie nidificano in Sicilia (Iapichino & Massa, 1989).

   

Comportamento riproduttivo: Il nido è costruito su alberi d’alto fusto, sia latifoglie che conifere, ad oltre 10m dal suolo. I pochi dati relativi alla densità indicano una coppia ogni 20.2 Kmq nei Monti della Tolfa (n = 42 coppie; Petretti & Petretti, 1981). La distanza media tra due nidi in un’area prealpina lombarda (n = 17) è risultata di 3.5 Km (Brichetti & Fasola, 1990). Le coppie, monogame, si formano ex novo ogni anno nelle popolazioni migratrici (probabilmente già in inverno) e si possono mantenere per più stagioni. I membri della coppia talvolta si rincontrano dopo la migrazione in dormitori già utilizzati in passato. La femmina viene nutrita dal maschio durante l’incubazione delle uova e nelle prime tre settimane successive alla schiusa. Successivamente entrambi i genitori collaborano all’alimentazione dei giovani, anche se sovente il maschio si impegna più della femmina.

Sviluppo: In Italia le parate nuziali possono iniziare a metà marzo e la costruzione (o il riutilizzo) del nido e l’accoppiamento avvengono dalla metà di aprile all’inizio di maggio (dati relativi all’Italia centrale; marcate variazioni correlabili alla latitudine, all’altitudine e alle disponibilità alimentari sono note; Chiavetta, 1981). In Italia gli involi avvengono tra giugno e luglio (Brichetti et al., 1992). La covata è composta da 2-4 uova. Una sola covata annua con eventuale rideposizione. L’incubazione dura 29 giorni ed è portata avanti solo dalla femmina. La schiusa è asincrona e i giovani si involano dopo 42 giorni circa e sono indipendenti dopo altri 40-50 giorni. Nel Lazio si ha avuto il 64.3% di schiusa delle uova deposte e il 94% di involi (Brichetti et al., 1992).

Alimentazione: Dieta estremamente varia con marcate fluttuazioni locali e stagionali. Dati relativi alla campagna laziale hanno mostrato la seguente composizione della dieta: Invertebrati 3%, Pesci 85%, Anfibi 7%, Rettili 2% e rifiuti organici 3% (n = 48 soggetti, Brichetti et al., 1992). Sui Monti della Tolfa la dieta è risultata (valori numerici e non di biomassa): Insetti 58%, scarti di macelleria 26%, altro 16%. Si nutre di prede vive, quali Roditori di piccola taglia, nidiacei di Uccelli terricoli, Rettili (serpenti e lacertidi), Anfibi (rospi), ma sfrutta ampiamente la necrofagia recuperando carogne nelle discariche e lungo le strade (Brichetti et al., 1992). I pesci rappresentano in molte zone una componente molto importante della dieta e la tendenza all’ittiofagia è nota in tutto l’areale.
Al di fuori del periodo riproduttivo è molto sociale e si alimenta in gruppi. In Africa segue gli stormi di locuste e le linee degli incendi (Voous, 1960).

Rapporti con altre specie: Può costringere altri rapaci ad abbandonare la preda (aquile, sparvieri, gheppi, lodolai e pellegrini). Può altresì visitare nidi di cormorani e ardeidi in cerca di pesci e allontanare altre specie (es. gazze) dalle carcasse.

Cause del declino
La principale potenziale causa di declino deriva dalle abitudini alimentari necrofaghe, che lo rendono vulnerabile ai veleni e alle contaminazioni da accumulo di pesticidi (Spierenburg et al., 1990). Fenomeni di mortalità ittica conseguenti a gravi casi di inquinamento delle acque possono aver favorito la specie a livello locale (Bijleveld, 1974), ma sono ancora poco noti gli effetti negativi derivanti dall’accumulo degli agenti inquinanti. Tra le altre cause di diminuzione vanno ricordate la persecuzione diretta come bracconaggio (Chiavetta, 1977) e la morte per impatto contro i cavi dell’alta tensione (Ferrer et al., 1991). Un impatto negativo sulla specie può derivare dai recenti cambiamenti nella collocazione dei rifiuti organici e soprattutto delle carcasse un tempo disponibili in quantità maggiori. Tuttavia, soprattutto nell’Europa occidentale e mediterranea, la diffusa abitudine di creare vaste discariche a cielo aperto può aver favorito la popolazione nidificante.
Inoltre i moderni cambiamenti nelle pratiche di allevamento, con l’abbandono delle pratiche brade a favore degli allevamenti intensivi può avere avuto una ripercussione in seguito alla diminuzione della pratica di abbandonare le carcasse nell’ambiente, alla riduzione nella densità di scarabeidi stercorari e nella densità di alberi sparsi che venivano lasciati per garantire ombra e protezione alle mandrie. Infine, in Russia è stato verificato un impatto negativo da parte di turisti e pescatori che frequentano piccole aree forestate

 Nibbio Bruno