MUGIL CEPHALUS

MUGIL SALIENS

MUGIL AURATUS

Classificazione

La famiglia dei mugilidi assieme a quella degli sparidi è probabilmente, fra le appartenenti all’ordine dei perciformi, quella che annovera tra le sue fila il più alto numero di specie classificate. Tre di queste rivestono un certo interesse venatorio, mentre la cattura delle altre è da considerarsi casuale o eccezionale. Le specie in questione sono: Mugil cephalus, Mugil auratus, Mugil saliens.

Il primo (cefalo comune) è decisamente il più diffuso sulle coste mediterranee ed è quello che raggiunge dimensioni veramente considerevoli: riesce a pesare anche quattro Kg di peso sebbene più frequentemente si catturino esemplari che variano dal mezzo Kg al chilo e mezzo, due di peso. Le altre due specie (cefalo dorato e cefalo saltatore) sono indubbiamente meno corpulente ma occorre specificare che sono le più ambite dai buongustai per la bontà delle loro carni. Per ciò che concerne le differenze più evidenti direi che è sufficiente specificare che il dorato è caratterizzato dalla famosa chiazza aurea attigua all’opercolo branchiale, mentre il saltatore ha il corpo decisamente più sfilato e longilineo rispetto ai consimili.

Diffusione

Questa sezione dell’articolo è stata indubbiamente la più semplice da realizzare e la cui stesura ha richiesto realmente pochi secondi. Questo per un semplice motivo: il cefalo è ONNIPRESENTE sulle nostre coste! Lungo le pareti naturali come intorno ai tetrapodi delle dighe frangiflutti; nei meandri del grotto come nelle foci dei fiumi (o addirittura nel letto dei fiumi); intorno agli scogli affioranti delle punte rocciose come vicino agli scarichi delle navi. Il muggine ha saputo sfoggiare una capacità di adattamento davvero impressionante. Questo fenomeno, se da un lato aumenta il rischio di catturare esemplari dal sapore non certo allettante, dall’altro contribuisce ad assicurare la presenza quasi costante di questa specie lungo tutto il sottocosta. Diciamo che l’unica puntualizzazione riguarda le batimetriche battute dal cefalo: sempre presente entro i quindici metri, i suoi avvistamenti si riducono proporzionalmente all’ aumentare della profondità.

Tecniche di caccia

La grande versatilità del muggine e la sua presenza costante determina una situazione abbastanza inusuale e comune soltanto a poche altre specie, sarago in primis (vedi art. corrispondente sul sito): la sua cattura è effettuabile praticamente con tutte le tecniche conosciute che elencheremo in ordine d’efficacia:

Agguato: Applicheremo questa stimolante e redditizia tecnica in particolare lungo le pareti rocciose o le barriere frangiflutti, dimore predilette della specie in esame. Innanzitutto una considerazione preliminare: in questa tecnica, come già sanno i più smaliziati, è consigliabile tenere il sole alle spalle per disturbare l’immagine della nostra sagoma che il pesce percepisce per la presenza dei raggi luminosi che tagliano la colonna d’acqua. L’esperienza mi ha insegnato che nella pesca al cefalo in particolare questo aspetto è di fondamentale importanza per due semplici motivi: in primo luogo perché il cefalo, contrariamente ad altre specie, nuota pressappoco a tutte le quote (sul fondo, a mezz’acqua o addirittura in superficie) e quindi oltre a essere occultati dai massi della scogliera, dovremo essere “mimetizzati” dalla luce del sole; inoltre adottando questo stratagemma avremo il vantaggio visivo sul pesce, nel senso che, se opereremo con accortezza e se disporremo di buona acquaticità, potremo, aguzzando la vista e scrutando il fondo al limite della visibilità, notare la presenza del branco di cefali (ma vale anche per le salpe), percependo il classico bagliore provocato dalla frenetica attività alimentare dei pinnuti. Se riusciremo a fare le cose per bene saremo in grado di sorprendere il cefalo spesso anche dalla superficie. Per il resto valgono le solite regole dell’agguato già ampiamente trattate dal “vate” di questa tecnica: il grande Giorgio Dapiran.

Aspetto: Si tratta di un’altra tecnica di caccia molto proficua per la cattura del muggine, applicabile praticamente su tutte le tipologie di fondale, con l’unica eccezione delle dighe foranee formate dai classici, immensi tetrapodi accatastati, dove preferiremo l’agguato per via dei pochi appigli utili all’appostamento all’aspetto, in particolar modo su batimetriche piuttosto basse. Personalmente adotto questa strategia di caccia in due modalità differenti a seconda dell’atteggiamento dei pesci. In particolare se mi accorgo che i cefali si spostano in maniera nervosa, rapida, se, in sostanza, appaiono spaventati dalla mia presenza o da altri disturbi esterni quali reti da posta, imbarcazioni, altri sub, bagnanti, predatori etc.,tento di appostarmi dietro un masso o un avvallamento del fondo, solo dopo aver percorso almeno cinque – sei metri strisciando sulle rocce, in modo da farmi vedere il meno possibile. Va da sé che la capovolta, la discesa e i vari spostamenti devono essere, come al solito, lenti e controllati. Laddove invece i muggini manifestino tranquillità, calma e, anzi, a volte curiosità (questo succede per lo più nei periodi in cui il disturbo umano è limitato come durante la stagione invernale, oppure nei periodi della riproduzione), io adotto un sistema che farà sicuramente storcere il naso ai “puristi” dell’aspetto ma che personalmente ritengo di estrema efficacia nelle  suddette situazioni: se la visibilità me lo consente scelgo l’appostamento dalla superficie e scendo perpendicolarmente rispetto al fondale senza curarmi di quello cha accade intorno, mi acquatto e aspetto. E questo anche quando il branco sosta sul fondo proprio sotto di me e magari, l’acqua torbida mi consentirebbe di azzardare un tiro in caduta. In altre parole non faccio altro che “piombare”, ovviamente sempre a foglia morta, sul branco che si allontanerà per qualche secondo per poi ritornare sul suo cammino e “mostrare il fianco”. Ovviamente questa tecnica sarà eventualmente favorita dall’acqua torbida.

Un’altra considerazione da farsi per ciò che concerne la pesca del cefalo riguarda gli eventuali richiami acustici che si possono emettere onde attirare più rapidamente la potenziale preda verso il cacciatore all’aspetto. La grande diatriba tra gli aspettisti incentrata sull’utilità di questi stratagemmi è ancora aperta e fortemente compromessa dalle varie ed inevitabili differenze comportamentali del pesce a seconda delle varie situazioni geografiche o ambientali. Anche in questo caso mi atterrò alla mia esperienza personale affermando che, al contrario per esempio del sarago, irresistibilmente attratto dalle classiche contrazioni della glottide, il muggine si spaventa ad ogni minimo rumore che è quindi da evitare, con l’unica eccezione, forse, dello sfregare uno scoglio con un dito. Non sono molto convinto dell’efficacia di questo richiamo nei confronti del cefalo, mentre ne ho potuto verificare l’effetto positivo sulle salpe.

Tana: La cattura del cefalo in tana è certamente meno usuale rispetto a quanto avviene con le due tattiche precedenti e sicuramente meno difficoltosa: esso infatti sceglie come dimore, sempre temporanee, anfratti ampi e luminosi e vi si comporta in maniera molto prevedibile, concedendo molte chance di cattura al pescatore in apnea. In effetti la morfologia tipica del rifugio configura una situazione di caccia piuttosto propizia: l’ individuazione del “sasso buono” dalla superficie è quasi immediata per via del fatto che  esso sarà generalmente piuttosto appariscente, il tiro sarà agevolato dalla buona quantità di luce presente all’interno dell’antro roccioso e non richiederà quasi mai l’utilizzo della torcia che potrebbe provocare la reazione spaventata del pinnuto. Inoltre, a differenza del sarago che si divincola con estrema astuzia tra i vari cunicoli del suo rifugio, il comportamento del cefalo si limiterà a due opzioni: la fuga scomposta da una seconda entrata dell’apertura o l’immobilità all’interno della stessa. Sintetizzerei il discorso sulla tana concludendo che non stiamo certo parlando di saraghi o cernie!

Caduta : Esistono delle stagioni dell’anno, dei momenti particolari,  che regalano al pescatore in apnea emozioni difficilmente descrivibili a parole, con la penna, o , in questo caso, con una tastiera: la “calata delle orate” di maggio, “l’entrata” dei saraghi di giugno, l’avvicinamento dei pelagici di fine settembre. A queste straordinarie fasi della ciclicità degli spostamenti e dei comportamenti dei pinnuti aggiungerei uno spettacolo di cui si può godere in autunno in tutto il basso adriatico e lo ionio e che, seppure non avvincente dal punto di vista strettamente venatorio, riesce a colpire l’ apneista in maniera indelebile: la “migrazione” dei cefali dovuta al periodo della riproduzione. Presumo che una situazione analoga sia capitata a molti di voi, ma per chi non avesse avuto questo privilegio, posso garantire che vedersi circondati da un numero impressionante di enormi muggini tanto da non poter più scorgere una porzione di mare libera dalla presenza di pesci, è una scena che toglie il fiato. Ricordo ancora il primo incontro con un branco di questo tipo come una delle emozioni più forti della mia vita!

Se proprio si vuole “rovinare” la magia di questa situazione, una tecnica efficace consiste nell’effettuare una caduta diagonale verso il branco lasciandosi sfilare davanti i capobranco( che a volte superano i tre Kg di peso) e avvicinandosi progressivamente al resto del gruppo; tutti i muggini seguiranno la direzione dei primi e non devieranno neanche quando li avremo a tiro, concedendoci una cattura piuttosto semplice. Credo sia superfluo ricordare di limitare il prelievo dei cefali in questa situazione a pochi esemplari data la poca difficoltà della stessa.