Forse non l’avevo mai ammesso a me stesso, ma con un po’ di onestà me lo sarei dovuto riconoscere: "E’ troppo tempo che non la fai più seriamente, che ti dedichi ad altro, convinciti: sei un ex-cacciatore di anatre!"

Questa verità non poteva essere mascherata nemmeno dai germani che mi capita di uccidere, sempre più spesso, aspettandoli lungo i canali o gironzolando per le risaie; no, quella non è la Caccia alle anatre. Ma non avevo alternative: un terrore mediatico mi ha impedito di praticare la caccia da appostamento con i richiami vivi e da allora, fiaccato dagli insuccessi, mi sono piano piano allontanato dal capanno sul Lago di Varese, che per quasi 15 anni è stato l’unico mio ambiente venatorio.

Ho cacciato altro, è vero, mi sono sempre divertito, ma una sensazione di incompletezza mi ha accompagnato in questi ultimi anni, non sono mai riuscito a superare gli effetti del morso del "vampiro" della valle, come l’ho sentito definire efficacemente da un caro amico.

Nel frattempo è nata l’amicizia con Alessandro, un’amicizia prima virtuale, attraverso Internet, poi, col tempo, sempre più reale: ritrovi, raduni, cacciate e lui che lancia un’idea: "Perché non ti iscrivi a Orbetello?" Allettato più dall’occasione di cacciare in un contesto nuovo che dalla reale possibilità di fare chissà quali carnieri, faccio le dovute richieste ed ottengo il tesserino speciale per la Laguna. Mi tocca in sorte la botte n. 2 al 14 ottobre 2007 e Alessandro mi accompagna di diritto. Il mio trasferimento inizia il sabato pomeriggio, raggiungo la casa dei miei al mare nei pressi di Sarzana e domenica mattina mi sveglio alle 2.00 per essere puntuale all’appuntamento alle 5.30.

Credevo di essere più emozionato, ma il pensiero fisso mentre scendevo l’Aurelia era solo se ne valesse la pena di fare tutta quella strada. La risposta la so, ma equivale a riconoscere la mia follia.

Raggiungo Sandro con 10 minuti di anticipo, saluti e si parte. Il trasferimento a piedi e la preparazione del gioco mi mettono subito di buon umore, sto respirando un’atmosfera che mi mancava. I chiarori dell’alba mi mettono agitazione, ma ci coglie il giorno senza particolari emozioni. In seguito manchiamo due occasioni, una per troppa fretta, una per troppa attesa. Che figura da pivelli! Eppure me lo dovevo aspettare, non sono più reattivo come quando facevo solo appostamento, ho perso l’occhio, le distanze, i tempi: mi sono arrugginito, insomma!

Sono tremendamente deluso e mortificato per avere coinvolto anche Sandro, ma il suo incredibile ottimismo mi tiene a galla. Però il sole si alza e le speranze diminuiscono. Sono passate le nove e mezza e l’unica anatra che decide ancora di avvicinarsi va a morire nella botte a fianco. Mentre il collega è fuori a raccogliere il germano, vediamo entrare da mare una dozzina di anatre, ci puntano, "Poca miseria, c’è quello fuori dalla botte!", invece vengono, "Sandro, vengono!", sono quasi nel gioco, si dividono in due gruppi e poi si riuniscono ondeggiando sugli stampi come solo i codoni sanno fare, "Dai!" Ne cadono due e un terzo perde quota davanti a noi; parto come un treno, non l’avrei lasciato lì nemmeno se avessi dovuto tuffarmi. Lo raggiungo dopo una stivalata di mezzo chilometro e lo trovo già morto, con la testa riversa sulla schiena. E’ un grosso maschio in abito eclissale, che emozione! Mi sto rendendo conto di ciò che è successo, lo prendo per il becco e lo lascio scivolare dolcemente sull’acqua senza sollevarlo. Raggiungo un Sandro raggiante, ma io non sono da meno: "C’hai un soriso da ‘na recchia all’artra!" mi dice.

Rientro nella botte, ricompongo il terzetto di prede e mentre le guardo ripenso all’azione precedente, sempre troppo veloce da lasciare senza fiato. "Sà.. se tiravo meglio potevano essere quattro.." Sandro è fin troppo comprensivo e mi dice che non sono mai contento.

Un po’ per volta l’adrenalina scende e ripenso più volte a ciò che abbiamo appena vissuto e mi rendo conto che era proprio ciò che mi mancava, ciò di cui il mio sangue, irrimediabilmente compromesso dal morso del "vampiro", aveva bisogno. Ho ritrovato le emozioni che avevo perduto. Ho un groppo alla gola e se non fosse stato per l’imbarazzante presenza di Sandro, probabilmente sarebbe scesa qualche lacrima. E anche ora che ve lo racconto, mi assale una forte emozione.

Mi perdoneranno i vecchi lupi di valle che leggeranno queste righe, ma per qualche giorno non penserò più di essere un ex-cacciatore di anatre.

Stefano Landoni