Quella notte dormii poco e male; dentro di me si agitava un’eccitazione particolare, nuova, insolita.

Quella notte non si poteva dormire: quelle ore che cercavo di passare al caldo del letto erano le ultime della mia vita di cacciatore ignaro di cosa fosse la Valle.

Esatto, era proprio così.

Solo una manciata di ore mi separavano dalla mia prima volta in Valle.

Alle 3.30 decisi che non aveva più alcun senso stare a covare nel letto, a fare finta di dormire, quindi di scatto mi alzai.

La luce intensa della lampada mi accecò per pochi istanti; il timore di essermi compromesso la vista nel giorno più importante mi percosse e mi svegliò definitivamente.

Guardai fuori dalla finestra: era una notte buia e nebbiosa, una di quelle notti di metà Novembre che sembrano voler negare ai migratori di muoversi, sembrano invogliare il cacciatore a girarsi dall’altra parte del letto e soffermarsi in sogni ricchi di Selvaggina e mirabolanti fucilate a distanze inaudite.

Ma sono solo sogni e tali rimarrano.

Io, invece, ero trepidante come il primo giorno di caccia: è così, oggi scoprirò la Valle!

Entusiasta mi vestii di tutto punto: poche cartucce, forse solo una ventina riempivano la mia cartucciera, come il mio compagno di oggi, esperto cacciatore di Valle, mi aveva raccomandato…

“Ti porteresti del peso inutile, tanto se riusciamo a tirare giù un uccello è già tanto!” – si raccomandò Zanna, esperto valligiano ed anatraio innamorato di questa difficile arte!

A malincuore lo ascoltai e presi una manciata di cartucce.

Alle 5 arrivammo in Valle: la nebbia si abbassava sempre di più e davanti a noi si apriva questa misteriosa ed inquietante distesa d’acqua.

Il rumore delle onde leggere che si infrangevano contro ai canneti, unito all’oscurità della notte, rendevano l’atmosfera lugubre e disincentivavano qualsiasi persona dotata di un minimo raziocinio ad addentrarsi in quell’intrico di rovi e canne.

Mi persi in queste mie terrificanti fantasie quando la voce del mio compagno di avventura mi riportò alla realtà:

“Sali dai, e stai attento a non sbilanciarti” – sussurrò con voce flebile Zanna, quasi impercettibile…

Ecco, quello che temevo: il barchino!

Immaginate una piccola zattera, di quelle che usavano i pescatori forse nel secolo scorso.

Ecco, però immaginatevela stracolma di tutte le attrezzature che sarebbero servite ad approntare la tesa; stampi, fucili, anatre vive da richiamo.

L’idea di affrontare su quell’instabile barchino ed in quelle condizioni la Valle mi fece pentire di non essere rimasto a dormire: ma ormai ero li e non potevo più tirarmi indietro!

Zanna iniziò a remare issato in piedi in fondo al barchino: io stavo immobile in mezzo e vedevo l’acqua scivolare via a non più di due dita dal bordo della barca.

Passarono per me interminabili quei minuti ma ad alleggerire la tensione accorsero gli stuoli di anatre che sentivamo allontanarsi nel buio a breve distanza da noi: branchi di centinaia di unità che disturbate dalla nostra presenza si allontanavano verso luoghi meno trafficati!

Giungemmo finalmente nel luogo dove avremmo passato la mattina di caccia; le botti erano li a pochi metri da noi e di poco si alzavano al di sopra del livello dell’acqua.

Osservai Zanna posizionare con cura tutti gli stampi e le anatre vive da richiamo: tirava un leggero vento da Nord e questo influì in modo decisivo nella disposizione dell’inganno.

Pochi minuti e fummo entrambi dentro le botti; l’orario legale d’inizio della caccia era giunto!

Lo spettacolo della valle mi si offrì in tutta la sua magnificenza: vedevo innanzi a me il pelo dell’acqua incresparsi mentre il “ticchettio” ripetuto delle folaghe in pastura nascoste dentro ad i canneti ci teneva sull’attenti.

“Mi raccomando se dovesse arrivare qualche uccello a buio a tiro non esitare, spara!” – mi sussurrò Zanna – “anche perché se aspetti le perdi dalla vista e dal carniere!” – si lasciò andare con un pizzico di ironia.

“Va bene”- risposi immediatamente io stringendo ancora più stretto il fucile pronto ad ogni eventuale stoccata sulle ombre che sarebbero passate sopra!

Nonostante la mia bramosia per lunghi minuti nulla si manifestò nel nostro inganno; anzi sentivamo il fi-fi-fi delle ali nell’aria ma non vedevamo nulla!

Poi, finalmente, innanzi a noi qualcosa comparve: un’ombra scura si stava avvicinando sempre più al punto esatto nel quale avevamo deciso di mirare in caso di tiro a fermo.

La tenevamo d’occhio pronti ad ogni evenienza: in pochi attimi si allontanò nuotando verso il canneto e sparì

Rammaricato mi voltai verso Zanna che mi fece segno di non demordere ed aspettare.

 

Ed infatti così fu.

Dopo pochissimi minuti un’ombra saettante ci passò sopra e si andò a buttare nel canneto alla mia destra: non riuscivo a scorgerla ma nelle prime luci dell’alba ero riuscito ad inquadrare il becco ampio tipico del mestolone!

Eravamo già pronti ad estrarre il richiamo a bocca quando in lontananza una fucilata ruppe la quiete dell’alba: vedemmo l’anatra passarci davanti, in un attimo imbracciammo e con una fucilata contemporanea la fermammo nel suo volo.

Cadde pochi metri davanti a noi accanto ad un germano da richiamo che stupefatto osservò la scena!

“Grande!” – mi agitai verso Zanna

“Stai fermo!” – disse lui volgendosi a me e stringendosi nella botte.

Da sopra al canneto vidi arrivare come una saetta un’alzavola che ci passò davanti una prima volta, talmente veloce che entrambi non riuscimmo neanche ad imbracciare…

Nemmeno il tempo di capire bene che cosa fosse successo che quella mirabolante alzavola riapparve: due colpi e cadde a poca distanza dal mestolone!

Che spettacolo!

In pochi minuti eravamo già riusciti ad incernierare due uccelli, come noi romagnoli chiamiamo le anatre!

La luce dell’alba aveva già preso il sopravvento ed anche gli ultimi stuoli di anatre che avevano passato la notte in valle se ne erano andate: ora non restava che aspettare qualche solitario uccello oppure, ancora meglio, qualche branco di passo che venisse a curiosare nel nostro gioco.

Aspettammo, ma non sembrava vedersi più nulla nonostante la fitta nebbia fosse più che incentivante per la caccia che stavamo facendo!

Ma alle 9 ecco l’attimo che ogni cacciatore di valle attende: dietro a noi passò a velocità supersonica un branco di alzavole, saranno state una cinquantina!

“Stai fermo e spara quando ti do il via io” – mi sussurrò Zanna eccitato.

Davanti a noi le guardavamo compiere ampi giri, aprirsi fino a quasi perdersi per poi ritrovarsi: le facemmo girare per un paio di volte sugli stampi poi Zanna diede il via!

Sei fucilate risuonarono e molte alzavole caddero esanimi in mezzo agli stampi ed alle anatre da richiamo!

Che bello, anche Zanna, anatraio di lungo corso, era più che soddisfatto!

Aspettammo ancora un paio d’ore ma più nessun uccello venne a trovarci così raccogliemmo tutti gli attrezzi del mestiere e li ricaricammo sul barchino.

Ah, ecco, di nuovo il barchino, il mio terrore!

Il viaggio di ritorno fu un pò meno pauroso dell’andata e poi se sono qui a raccontarvelo vuol dire che alla fine è andato tutto bene!

 

Daniele Francesconi

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