Don Carlo era un parroco di montagna,di alta montagna;

I suoi passatempi erano la caccia,la pesca,la raccolta dei funghi ed una cantata all’osteria con gli amici davanti a un buon bicchiere di vino. Era sacerdote ligio al suo dovere,era amato dai suoi fedeli perché caritatevole e premuroso verso i più poveri. La parrocchia era piccola, la cura delle anime comunque lo occupava molto, ma sapeva conciliare le sue passioni con brevi assenze dalla canonica.

Durante il periodo di caccia aveva spostato alquanto in anticipo l’orario della prima messa in modo da poter sgattaiolare per i boschi di buon mattino, appena finito il sacro rito che alcuni maligni dicevano : “ celebrato in tutta fretta se il cielo era sereno e con più calma se piovigginoso”. Quel giorno Don Carlo celebrò con evidente premura e Gianni (l’amico di sempre) che lo accompagnava era sul primo banco inginocchiato e devoto. Appena il parroco pronunciò la tradizionale frase “ite missa est” Gianni sgusciò fuori dalla chiesa, corse in canonica prelevò il fucile, il cane, la cartucciera e mentre il parroco depositava i paramenti sacri in sagrestia, Gianni era già alla svolta del viottolo che uscendo dal paese si inerpicava verso il monte.

Don Carlo prima di lasciare la chiesa raccomandò al sacrestano: “Piero,vado su a S.Anna metti il lenzuolo sul campanile dalla parte di S.Anna ti raccomando!!! Preparalo già avvolto lassù, lo spiegherai solo dovesse succedere qualcosa in paese o qualche autorità giungesse all’improvviso, io dalla montagna osservo sempre il campanile, se lo dovessi vedere svolto in quattro salti sono in canonica, tu di pure a chiunque mi cerchi che il parroco torna subito…attento eh!!” Piero avrebbe predisposto di per sè quel segnale, ma il Parroco doveva comunque dirgli la direzione dove esporlo!!! E poi voleva essere sicuro che lo facesse nella maniera giusta, il campanile terminava con quattro bifore, una per lato. Don Carlo entrò in canonica per gustarsi la tazza di caffè che la fedele Carolina, la perpetua, gli aveva già preparato. Non pronunciò parola, per non intavolare il se pur breve discorso e subire le mille raccomandazioni e le brontolate della perpetua, infilò gli scarponi e via. Svelto come una volpe in fuga attraversò il cortile, inforcò la mulattiera e incontrato Gianni al gomito del viottolo tirò un gran respiro. Come era solito fare si arrotolò la tonaca attorno alla vita sollevandone il più possibile i lembi. “Eccomi pronto, qua l’arma, la cartucciera, hai la borraccia con il vino?? Una fetta di pane??? Il Lardo??”

“si” rispose Gianni

“sei proprio in gamba “ ribadì Don Carlo

e di nuovo….

“la giornata è bella, vedrai che tirerò quattro colpi a quei forcelli indemoniati, stanno lassù tra gli ultimi mughi, ma giuro che vado a pestar loro la coda”. Dopo circa un quarto d’ora di cammino Don Carlo si fermò, si tolse la veste, l’appese ad un ramo di larice, vi posò sopra il tricorno, e criniera al vento, con i pantaloni di velluto a costure, che terminavano a mezzo polpaccio, riprese l’ascesa. Intanto il setter aveva cominciato il suo lavoro e Don Carlo e Gianni lo osservavano pieni di speranza. Gianni era un buon cacciatore ma quando accompagnava il parroco lasciava il fucile a casa, perché non voleva interferire nelle fucilate del compagno, sapeva poi di far piacere all’amico reverendo, tanto più che Don Carlo era un ottimo tiratore ed in tal senso non aveva bisogno di nessun aiuto. In una radura fra i mughi il vecchio setter segnò la pastura dei galli. Il parroco in quattro salti raggiunse il cane il quale, con il suo comportamento, gli segnalava con insistenza la presenza dei forcelli finche fermò.

Il rumore forte di ali fra le piante ed il colpo di fucile furono quasi contemporanei. Don Carlo aveva fatto la sua prima vittima della giornata. Il setter riportò la preda ma Gianni fece un grido di rammarico.

“Signor Parroco,ha ucciso una femmina,e sa bene che di questa specie di uccelli si può uccidere solo il maschio la legge è chiara….non si può….non si può…!!!!”

Gianni fece il viso molto corrucciato.

Sembrava fosse veramente addolorato lui….proprio lui che nella sua vita aveva certamente ucciso più femmine di maschi di gallo forcello……nonostante l’esatta conoscenza della legge sulla caccia!!! Il parroco all’inbronciatura del suo compagno si mise una mano sulla fronte, osservo bene la femmina di fagiano di monte che il setter diligentemente glia aveva riportatoe poi brontolò:

“Sono stato tratto in inganno da quelle quattro piumette bianche che la femmina porta sulle ali come il maschio…e poi sono stati i rami a nascondermela…pazienza chiederò scusa a Dio ….ed al maresciallo dei carabinieri….Gianni,mormorò sorridendo sotto i baffi..

Percorso poco più di cento metri il cane si inoltrò nel folto dei mughi non vi era dubbio che avvertiva la presenza di altri galli

Il Parroco fu lesto come uno scoiattolo a trovarsi una posizione adatta quando frullarono contemporaneamente due, tre, quattro galli, don Carlo scaricò la doppietta con rara velocità.

“Ho colpito in pieno il gallo….si,si….è caduto la”

Intanto il bravo setter uscì dall’intrico delle piante con una femmina di gallo forcello in bocca!!!!!! Il parroco non proferì parola… Gianni si limitò a dire “e due!!!!”e la mise nello zaino

Don Carlo fece solo cenno di proseguire….è andata così..mormorò!! Dato uno sguardo al campanile, giù verso il paese, prese di petto una salita fra sassi e mirtilli, ma subito si fermò, si sedette su un sasso e chiese a Gianni un pezzo di pane e una fetta di lardo, accompagnati da un sorso di vino. I due cacciatori parlarono della bella giornata,del panorama,del campanile senza segnale d’allarme e poi dopo aver di nuovo sorseggiato un po’ di vino ripresero il cammino. Arrancando di buona lena raggiunsero la sommità del monte, una sommità piana stretta fra due selle erbose costellate di stelle alpine. Erano giunti nel regno dei vecchi forcelli, la dove i galli cantano al mattino e vivono in solitaria beatitudine. Al Parroco non sfuggi una certa azione del suo setter, azione vivace, prese di vento imperiose, filate di naso, il terreno era ideale sassi e mirtilli senza quei maledetti mughi che facevano scambiare le femmine per maschi!!! Il setter si schiacciò in una bellissima ferma. Il gallo era di certo poco distante, non vi era dubbio…il cuore batteva forte.. Un frullo rumoroso e una schioppettata secca e precisa compirono l’opera. Don Carlo aveva in mano l’ambitissima preda l’alzò in alto e gridando “questo è un gallo di antico pelo è nero più nero della mia sottana” Gianni non si emozionò molto si permise soltanto di dire: “lo vedo,è un bel capo” Don Carlo avvicinandosi ,gli chiese di appenderlo sopra lo zaino “guarda che coda arcata che ha ,è splendido!! È un vecchio gallo che chissà per quanti anni ha sentito suonare le mie campane” Il Parroco alzò gli occhi al cielo e rivolgendosi a Gianni con un pizzico di commozione disse:

“Gianni vedi ,quando mi trovo in questo immenso anfiteatro,della natura che ha per pavimento la terra e per soffitto il cielo per pareti vicine e lontane lo scenario di tante maestose montagna io mi sento più vicino a Dio di quando celebro la messa sull’altare della parrocchia”

Gianni fissò il parroco e scosse la testa e poi disse

“Ma cosa dice??il suo altare in parrocchia è sacro!!” “andiamo a casa…non puoi capire” lo interruppe il parroco.

Scesero in tutta fretta e con tanta premura che sbagliarono il sentiero che avevano percorso salendo. Quando si accorsero dell’errore erano quasi in paese. Il Parroco si arrestò di colpo, proferì non si sa bene quale frase, poi fece un dietro fron di scatto, riprese a salire con lena il sentiero brontolando fra i denti “la mia tonaca,Gianni,la mia tonaca!!”

“Ora dobbiamo tornare un bel po’ indietrotagliare dal bosco è impossibile vi son quei due costoni impossibili!” Come Dio volle la tonaca fu recuperata e Don Carlo se la infilò di gusto, scese trafelato, ma soddisfatto. Dato un occhio al campanile e non notando nulla di strano volle fermarsi a bere un bicchiere di vino osservò bene il vecchio gallo e ordinò a Gianni “appena in paese fammi il piacere di portare questo bel gallo al Sig.Sindacoè un dono meraviglioso degno del primo cittadino del paese, il sindaco mi vuol bene se lo merita”.

Gianni con un grosso filo di malignità ribadì… “e le due femmine che sono nello zaino devo lasciarle il caserma al Sig.Maresciallo???”

“Va al dia….a” fu la risposta del parroco “le mangeremo in canonica…le femmine son molto più buone dei maschi”

“….ciao Gianni” Con il viso in santa angelica tranquillità Don Carlo si avviò verso la sua canonica.

 

Autore Stefano Camplani