Il breton che aveva mio padre era un cane pigro, mia madre prendeva in giro il marito che si lamentava di questo e ricordo che diceva: Piero il cane è come te.

Io all’epoca avevo circa nove anni, ma devo dire con convinzione che mia madre quasi sicuramente scherzava, perché mio padre non era pigro, anzi, tutt’altro, forse voleva troppo bene al suo cane, in questo mi riconosco, infatti, pure io al mio cane il lascio fare nel suo carattere, non gli impongo quasi niente, deve essere lui come madre natura l’ha fatto, senza costrizioni, a me piace così.

Inoltre mio padre amava la caccia, andava con amore con voglia e con tanta passione, non gli importava dei numeri ma chiocchi di tordi, da bambino in casa mia, io la domenica mattina nella tarda mattinata al suo rientro, ne vedevo tanti, pensate che in ogni anello alle volte ne metteva tre o quattro di teste di quei meravigliosi tordi con quel petto puntellato che io amavo guardare con curiosità.

Infatti, mio padre era un cacciatore, ma in prevalenza cacciava i tordi, lui li amava, era un tordaiolo, ed io sono come lui, li amo forse anche per questo ricordo scolpito nel mio cuore.

non a caso cominciai quasi subito a imporgli la mia presenza a caccia, gli altri due i miei fratelli maschi, infatti, non sanno nulla di caccia ne venne mai con noi, io ero orgoglioso di seguirlo e oggi sono fiero di essere un cacciatore convinto grazie ai suoi insegnamenti.

una mattina di quelle dei miei ormai dieci o undici anni di età, delle quali io ero diventato una presenza fissa nelle sue uscite di caccia, oltre al suo fedele compagno di caccia “ Elio “, che era un nostro cugino, ricordo con amore ancor oggi, che mio padre portò un calibro diverso da quello che usava solitamente, infatti era un 36, ricordo del nonno materno, nonché suo suocero, io al momento non capii il motivo, infatti lui amava usare il sovrapposto franchi alcione bgrillo cal 12, io non capivo, ma presto scoprii con un cuore in gola che ancor oggi mi pare di “sentire”: mi disse, Fabio prova a dare un colpo dai.. coraggio! Incredulo, ed emozionato nel cuore che tremava di gioia, sparai la prima rondine altissima, quasi alle stelle che passò di lì, che naturalmente non colpii, anche perché qualche colpo io lo facevo in precedenza, solo al posato a frabbette del Fico, mio padre ricordo non disse nulla, io gli chiesi dopo un po’ di tempo della stessa mattinata, come mai perché oramai ero diventato bravo al posato non fossi riuscito a colpirla, lui rispose: ma scusa…., non hai visto che era altissima.? Io arrossii dalla vergogna, ma allo stesso tempo scoprii ben presto che i tiri alti sono quasi del tutto inutili, e imparai la lezione, anche è soprattutto grazie a papà che non disse nulla mentre eseguivo il tiro, ma parlò soltanto dopo, appunto quando chiesi spiegazione.

Ebbene è passato da quella mattina, oramai più di trentasette anni, aimè, ma quella scena, ripeto, c è l’ho nel cuore impressa, perché quell’azione è stata una “lezione “ d’amore e d’insegnamento….

Quando ormai ero quasi arrivato alla maggiore età, pronto a prendere finalmente la licenza di caccia, purtroppo, in età prematura, (quasi cinquanta anni), mio padre, per una brutta e improvvisa malattia, morì, lasciandomi un vuoto incolmabile, una ferita indelebile, ragazzi, …. che tristezza che ho nel cuore.

Per il dolore, rifiutai la caccia e tutto quello che si avvicinava a essa per lunghi sette anni, quando improvvisamente una mattina, con forza, con rabbia, con convinzione estrema, ed anche sollecitato da un amico beccacciaio, andai a sostenere esami e poi…….

Da allora, sono trascorse circa ventidue stagioni di caccia, vivo il bosco anche per rivivere quelle mattine, e anche se amo i tordi, e caccio in prevalenza quelli, spesso sento l’esigenza di isolarmi un po’ nel mio amato bosco, e penso e ripenso che …. Papà, io vengo a caccia anche e soprattutto per te, grazie di tutto …. papà.

 

 

Autore. Fabi