Una fucilata…anche quest’anno,  sempre più veloce, è passata anche questa stagione come una fucilata.
Il tempo vola come l’effimero volo della beccaccia nello scuro dell’aurora, le licenze cominciano a diventare tante, il fisico me lo sento sempre quello, un po’ di pancetta in più e molti capelli meno ma l’occhio c’è, e il braccio anche… rivedo come ora quella tortora spenta di terza botta quando già pensavo andasse via indenne la prima mattina che sembra ieri, quei pochi colombacci di sul capanno in ottobre, le allodole alla borrita con il caldo incombente di quei giorni. Annata grama…tante belle camminate con la Breton saettante nell’erba, la ferma su quel volpone in padule, qualche tordetto nel dicembre e gennaio, fino a quelle povere gallinelle nei fossi, ottimo allen…amento per la giovane ausiliaria.
I giorni prima dell’arrivo del grande freddo, questi ultimi, davvero esaltanti; come a ripagare il poco di tutto l’anno, con i tonfi di quei colombi  nel prato morbido, il cerro dove stavo appoggiato ieri mattina, i bossoli sparsi a raggera tra le foglie umide, il pennato che spunta col manico dallo zaino di pelle marrone ormai liso dal tempo, il vento freddo nella schiena sempre più sostenuto, i guanti impregnati di fumo  e i lacci degli scarponi che mi si sciolgono ogni poco, con questi rovi di poche foglie e tante spine. La memoria è composta di tante fotografie bellissime.
Eccomi qua dunque, all’ultimo rientro: quello delle poche speranze, quello del baccano di tanti colleghi vocianti. Automobili a tutte le piazzole, gipponi e panda color verde militare in fila sulla strada. La posta non è certo quella che volevo ma l’amico si, mi ha aspettato e piazzato nelle vicinanze, che non si poteva pretendere di più. Il pomeriggio riempie la valle di colpi, e di qui non passa nulla. Guardo con insistenza il pino di fronte, quell’ornello spoglio dove si posano decine di fringillidi, poi un colombo, di traverso fra gli alberi, una Ferrari andava più piano….fioccano dietro tre schianti secchi, qualche penna e niente altro, sento l’odore della polvere da sparo e aspiro con voluttà, che buon odore… Viene il buio e penso ai colombacci di ieri, ai sasselli degli ultimi giorni, alla canina che me li riporta e sono lì alla posta, questo arnese in mano, freddo, lo guardo per bene e mi accorgo di alcune macchie di ruggine. Maledetta la mia proverbiale sgangheratezza…le 17,30. Stop, fine dei lavori. Resto ancora un po’, accendo l’ultima sigaretta, non riesco a pensare che devo aspettare quasi 8 mesi e rimango lì, come un bischero trasognato dai riflessi stanchi di un sole ormai per oggi scomparso dietro la linea dell’orizzonte. Com’è malinconico l’ultimo rientro……

 

ALESSANDRO FULCHERIS

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