"Ennio, vengo giù, porto il fucile!! Devi vederlo, un Montefeltro nuovo di zecca!!" Così esordì al telefono Silvano, cugino del mio babbo. Da qualche anno i due cugini non si vedevano, Ennio, mio padre, fu entusiasta all'idea: "Vieni che c'è qualche tordo!! Non granchè ma due tiri si fanno, io non posso liberarmi dal lavoro ma ti mando insieme al bimbo, ti dice lui i posti, che li sa meglio di me!!"

Naturalmente il "bimbo" era il sottoscritto. Babbo Ennio è ligure, di Savona. Ruzzolato in Toscana nel 1952 per il trasferimento del nonno dallo stabilimento siderurgico savonese a quello di Piombino (LI), aveva vissuto la giovinezza col cugino Silvano e Osvaldo suo padre, grande cacciatore. Mi racconta ancora adesso quelle fantastiche giornate al passo sui monti sopra Savona: tutte le specie della piccola avifauna oggi assurdamente proibite come fringuelli, verdoni, zigoli, strillozzi. Poi i tordi, le cesene, i colombacci e le beccacce, e poi le allodole, i "ciattaruin", nelle pianure del basso Piemonte.

Anche io da ragazzo ho partecipato con Babbo e Silvano, che ho sempre chiamato Zio, alla caccia da quelle parti. Ricordo uno "sblocco" micidiale al "Campo dei Francesi", una specie di piccolo altipiano degradante verso nord, dove l'esercito di Napoleone si accampò il giorno prima della battaglia di Cairo Montenotte, il primo scontro armato della Campagna d'Italia, in cui il grande condottiero nativo della Corsica si impadronì della nostra penisola. A buio, nella nostra brace prima della caccia, la mia immaginazione correva: vedevo i grandi fuochi di bivacco, i soldati Francesi nella nebbia dell'alba, il traino dei cannoni, ordini chiusi di plotoni irti di baionette, carriaggi e quadrupedi…e il Generale sul suo cavallo bianco….e intanto passò "à beccassa", come dice Silvano…che andò via tranquilla. "Perchè non mi hai avverito che fai dormi???" Ma io pensavo a Napoleone….

Insomma ecco che Zio Silvano, in quel gennaio 1981 viene sulla nostra costa toscana. I consueti saluti poi la cena e le strategie per la mattina successiva. "Ci sono i tordi e anche qualche sassello ma sono fermi nel bosco. Fate l'uscita nella radura vicino alla vecchia capanna del pastore poi andate in giro. Camminare poco e osservare molto come un vecchio detto indiano, occhio a calpestare rametti secchi o qualsiasi cosa che faccia rumore. I tordi si involano dai lecci. Fate attenzione e vi divertirete". Ennio si era informato bene e con l'osso in gola di non poter venire, ci dette la buona notte.

La mattina, preso dalla bramosìa, prendo il fucile del babbo, un Breda automatico a lungo rinculo che sapevo già utilizzare benino, che custodisco ancora gelosamente. Immatricolato il 14 ottobre 1963, dopo 3 giorni nasceva il sottoscritto. Quello schioppo ha accompagnato tutta la mia giovinezza e anche se mi rintronava con quel mollone, è come fosse un fratello. Ma a quei giorni io, la licenza di caccia non ce l'avevo mica…

Dico "Zio porto il Breda..faccio due tiri con te allo spollo, poi quando si cammina lo metto in fodera". Silvano non tanto contento, acconsentì. D'altronde a quel tempo le Guardie Venatorie non erano mica come adesso, che c'è più guardie nella macchia che uccelli in aria..
Sul presto due tre tordi, ma nel bosco c'erano davvero e partivano da tutte le parti, fermandosi dopo qualche decina di metri su grandi "lelleroni", la coccola dell'edera era bella matura e prelibata. Non potevo star lì a guardare, in un attimo sfodero e carico. Il posto lo conoscevo, ma non ero mai stato oltre un certo limite…sapevo soltanto che da qualche parte doveva esserci una grande tenuta padronale, una "riserva" insomma.

Arrivati ad una ferrovia, di là dalla massicciata una grande pineta e campi di granoturco lasciati lì a marcire da settembre, chissà perchè…e branchi di storni, delle nuvole nere che nei campi arati di fresco si spostavano come una onda del mare. Attraversiamo quasi carponi la ferrovia senza guardare se c'era qualche cartello, magari anche col palo di sostegno dipinto in bianco, e giù botte a questi storni, poi ci spostiamo verso la pineta ed abbattiamo in poco tempo tre belle tortortine. Di gennaio le tortore??? Uno strano collare nero, una colorazione grigio-chiaro..mah!! Comunque bravo mi fa Silvano, bel colpo!! Avevo sparato a fermo…

Le tortore dal collare (streptotelia decaocto), quelle che adesso brulicano anche nelle nostre città, specie alloctona, nei primi anni 80 chi le conosceva?? Chi ha oggi fra 40 e 50 anni lo sa benissimo. Erano le primissime coppie di questa specie oggi abbondantissima, che incominciavano a colonizzare il sud della Toscana. Poi, lontano parte una coppia di fagiani. Giro lo sguardo e vedo due orecchie di una lepre che schizza velocissima. Realizzo che le poche fucilate che sentiamo sono tutte al di là della ferrovia. Sento, paurosamente vicino, delle automobili che sfrecciano dietro a uno striscione di macchia. Corro, assalito da un atroce dubbio, mi trovo sulla strada e riconosco tutto. Siamo nel pieno della bandita e questa è la provinciale che la taglia in due. Mentre esco fuori e urlo allo Zio che siamo in riserva vedo arrivare le guardie.

E pensare che mi ero tolto appena due giorni prima l'apparecchio gessato, portato per 45 giorni, per una brutta frattura al malleolo del piede destro…ma sembravo Flash Gordon…attraverso letteralmente volando un campo arato, con quei grossi zolloni franosi mentre Silvano a testa bassa va incontro agli agenti. Sento urlare dietro di me ma non mi giro, il Breda stretto nella destra, poi le urla sempre più lontane. Trabalco la ferrovia come se fossi alle olimpiadi di salto in alto e mi butto nel fitto del bosco. Che strizza, ogni albero, ogni ombra, ogni piccolo rumore trasalivo…vedevo Guardie Venatorie e Forestali da tutte le parti. Arrivo alla macchina grondante di sudore..e di paura. Silvano mi aspettava lì. Il Montefeltro nuovo sequestrato e l'obbligo di portare alla Casa di caccia quel ragazzetto che scappava.

Così, per la prima volta in vita mia, e per fortuna non c'è stata una seconda, andai dal Capo Guardia per…costituirmi. Un omaccione panciuto e bonario che aveva già capito tutto, il dialetto ligure di Silvano faceva chiaramente intendere la buona fede di chi aveva sconfinato inconsapevolmente. Restituito il fucile, si accontentò di fare una bella romanzina a questo bel giovane, campione di corsa sulle zolle: "Bravo perdìo, hai seminato tre agenti!!". Anche lui, d'altronde, era stato un grande bracconiere prima che il proprietario della riserva, sconfitto, era stato costretto ad assumerlo come guardia, prima che gli estinguesse tutta la selvaggina. Fra banditi giovani e vecchi insomma, ci intendemmo perfettamente.

Silvano poi, oltre a salvarmi dalla "giustizia", dovette salvarmi anche dalla furia del babbo…che si calmò solo quando vide la borsa piena di storni e le tortore…..però..dopo tutto il bimbo tira bene……

ALESSANDRO FULCHERIS